RICHMOND
 Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 03-08-2007 10:27 |
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Harry Potter e il prigioniero di Azkaban - un viaggio attraverso (e contro) il tempo
Un approccio superficiale ed una disamina meramente epidermica potrebbero indurci a credere che il regista Cuaron abbia l'arroganza di un baronetto del Cinema. Una simile trasposizione della saga attualmente più celebre fra i bambini, in effeti, ci rimanda ad un'idea di un cineasta indipendente dai canoni tipici e dalle tematiche che gli si richiedono di affrontare. In questo senso, Columbus non aveva deluso le aspettative di nessuno, mantenendosi su livelli (almeno personalmente) più che accettabili - se non più che gradevoli - ma non scordandosi per chi stesse lavorando.
Cuaron, invece, sembra provocatoriamente fingere di esserselo dimenticato. A lui non interessa mantenere limpida l'icona infantile. Egli vuole lasciare un'impronta indelebile, vuole determinare un cambiamento. Vuole propinarci una visione a trecentosessanta gradi, vuole propinarci uno stile.
Ed in tutto ciò, questo va accuratamente tenuto presente, non occorrono rimandi al libro originale.
A questo punto è chiaro che quando si parla di Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (2004) di A. Cuaron, si parla di un punto di svolta nella saga dell'arcinoto maghetto.
Oltre all'infedeltà che il regista ha dimostrato nei confronti del libro della Rowling, è interessante notare come Cuaron abbia interpretato questo episodio come un vero "viaggio nel tempo".
Harry Potter non è più un ragazzino, ma un adolescente, alle prese con tutti i problemi del caso.
Questo va tenuto presente, dato che Cuaron farà sì, durante l'evolversi della sua opera, che ciò diventi il nodo cruciale di tutta la vicenda.
Infatti, nell'enorme platea che siede davanti allo schermo, sembrerebbe che questa volta Harry si volti verso gli adolescenti, i giovani, lasciando un attimo da parte i bambini. Harry li guarda negli occhi (basta un primo piano con zoomata in avanti verso Radcliffe per renderci bene l'idea), poi....come per magia (caso strano)....il giovane spettatore, diventa Harry.
E così, fin da subito, ci troviamo calati nei problemi del protagonista, nell'affanno di dover diventare grandi, pur volendo rimanere bambini. Il futuro (specialmente da adulto) è incerto, ma il passato fa ancora più male.
Ed è questa la paradossale situazione dei protagonisti di quest'opera: l'incertezza del tempo che si vive e che si è vissuto. Ogni personaggio, nella storia, cercherà di fare il possibile per combattere contro il tempo. Chi si accorgerà di star viaggiando troppo precipitosamente ed incoscentemente verso un futuro fatto di pesanti responsabilità e di nebulose prospettive (e allora, possiamo anche solo minimamente accennare alla fotografia scura e cupa), tenderà a fermarsi bruscamente, salvo poi ripartire senza saper dosare ancora bene l'accleratore (Harry). Chi avrà fretta di crescere, invece, sdoppierà la propria identità per vivere contemporaneamente in due spazi temporali, accelerando il corso del tempo ed alterandone gli eventi che in esso naturalmente si svolgerebbero in cronologico ordine (e forse possante lentezza), combattendo, comunque, ancora una volta contro il tempo (Ermione). Chi, infine, sarà ancora troppo "bambino" per affrontare una simile situazione, preferirà fermare il tempo a modo proprio, chiudendo gli occhi e rimanendo nel limbo adolescenziale (ed inconsapevole) in cui si trova (Ron).
Allora, a questo punto, si carica di forte significato metaforico la delirante (ma ottima) sequenza in cui Harry (ormai molto più sfacciato di fronte ai suoi familiari/aguzzini: altro indice di cambiamento) viaggia sul bus "Nottetempo": Harry (ma anche il giovane spettatore) sale sull'autobus. Il mezzo parte, ma Cuaron ci mostra in soggettiva il percorso che l'autobus compie nelle strade della città notturna. Tutto sembra ormai un videogame: accelerate, brusche frenate. Velocità elevata, ancora frenate, brusche curve a destra, repentini cambi di direzione a sinistra. Poi ci si ferma nuovamente. Ma è come se noi (giovani spettatori) avessimo nelle mni il joypad di una Playstation, e sapessimo alla perfezione il percorso di Harry: perchè nell'insicurezza di un simile viaggio ci stiamo passando (o ci siamo passati, a secondà dell'età) più o meno tutti.
Così Cuaron si giostra questa sequenza. E lo fa destabilizzando visivamente l'iter evolutivo dei personaggi, sballottandoli fra spazio e tempo, e coniugando la prima entità con la seconda, tramite quell'inquetudine e quel clausttrofobico dinamismo che porta ogni personaggio a fuggire dal chiuso, a passare fra gli anfratti, a cercare spazi aperti (Nei sogni viviamo in un mondo tutto nostro. Lasciamo che sprofondi negli oceani più reconditi o che si libri fra le nuvole più alte della sua immaginazione [cit.]). E alla luce di quest'interpretazione, questa scena diventa esemplare per quanto rigurda la metafora nascosta nell'inquadratura di un film.
Ma il viaggio va avanti, ed il tempo diventa sempre più il padrone della scena: nel viaggio (di nuovo questa parola...) dalla città ad Hogwarts (non più nelle ridenti e verdi vallate inglesi, baciate dal sole, ma attraverso cupi paesaggi anneriti dalla pioggia e dalle nuvole basse), ancora una volta c'è il tempo per una fermata non prevista. Un'altra brusca frenata, inaspettata attesa, insicuro ed incerto stop del tempo: ma questa volta saranno i famigerati "disennatori" a forzare lo stato d'animo di Harry, cancellanone i ricordi felici dell'infanzia e a precipitarlo (nel suo arresto temporale) in quel futuro di cui il protagonista ha tanta paura.
Questi rimandi al tempo che passa, si ferma e riparte sono frequenti in tutta l'opera. Cuaron spesso ci mostra le inquadrature del paesaggio dall'interno di una stanza della scuola di magia, dove un enorme pendolo che scandisce (lentamente) i secondi oscilla davanti all'obiettivo, interrompendo bruscamente a tratti la continuità visiva.
Per questo motivo, quest'opera - quasi drammaticamente calata in una dimensione spazio temporale non ben definita e fatta vivere dal regista attraverso un irrequieto dinamismo nella ripresa - è forse la migliore, fra tutte quelle che ho potuto vedere, della saga di Harry Potter .
Ma è normale che molte persone si siano fatte un'idea sbagliata di questo film. Molti pensano che Cuaron abbia voltato arrogantemente le spalle al genere, tanti altri gli imputano una mancanza di spirito e di attenzione verso i destinatari del suo film.
Ma sono costoro che, troppo ancorati all'idea di Cinema relazionato all'interesse, non sanno riconoscere la genialità di questo episodio (senz voler nulla togliere ai due precedenti).
Cuaron ha diretto un'opera antoconvenzionale, pur servendosi di un'icona convenzional(issima).
Per questo Harry Potter e il prigioniero di Azkaban è, a mio avviso, l'opera cinematograficamente migliore di tutta la Saga.
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- Ma almeno ha un lieto fine?
- Di quelli che solo la celluloide sa dare...
[ Questo messaggio è stato modificato da: RICHMOND il 03-08-2007 alle 10:44 ] |
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