Petrus
Reg.: 17 Nov 2003 Messaggi: 11216 Da: roma (RM)
| Inviato: 24-10-2004 14:46 |
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L'azienda in cui lavora Anna, addetta alla contabilità, viene comprata da una multinazionale. Da quel momento per la donna, che vive con la figlia Morgana, inizia un vero e proprio calvario. Tutti le sono contro, le vessazioni iniziano, piccole ma inesorabili: il direttore del personale le affida nuove mansioni, tutte di poco conto o che mirano a metterla in cattiva luce agli occhi dei colleghi, perché il suo posto viene occupato da un'altra persona.
I luoghi e i rapporti di lavoro sono scenografie, relazioni, gesti e declinazioni del potere dai quali il cinema italiano prende le distanze e per i quali, non trova, e spesso non cerca, le focali, le parole, i tempi e i tagli giusti. Il problema formale, stilistico, culturale connesso a questa frequente rimozione produttiva riguarda la questione del realismo e della realtà. Non si tratta di sostenere una vague di neorealismo postmoderno né di sollecitare una revisione tecnico-teorica dell'impressione di realtà al cinema, si tratta di non ignorare il reale come campo d'azione, di dinamiche pragmatiche e psicologiche, di riserva inesauribile di drammaturgie sociali. Francesca Comencini e i suoi collaboratori sono bravissimi nel mettere in scena una storia di mobbing che è un "montaggio" di tante vicende vissute e un ponteggio, avveduto e partecipe, tra documentario e finzione: attori e non attori, regia e pedinamento di azioni, copione ed esperienze personali rielaborate per la macchina da presa. L'editing della trama (Anna, donna sola con una figlia, vittima dell'emarginazione dell'organizzazione delle risorse umane dell'azienda in cui lavora) e la circolarità tra cinema e fuoricampo hanno un unico limpido punto di vista. Il lavoro continua a nobilitare le persone e a renderle meno fragili
martedì 26
ore 21.30
sky autore
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