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John Ford e l'esaltazione dell'America |
RICHMOND
Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 16-07-2007 12:32 |
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Fidate nel Signore e sparate solo quando siete sicuri di colpire . Sono le parole di un prete, nel film La più grande avventura, mentre tutt’intorno a lui impazza una sparatoria. E’curioso che dalla bocca di un ministro di Dio possano esser proferite simili parole. Lo è meno se si pensa al significato che il regista del film, John Ford, ha voluto attribuire a questa frase, o quanto meno alla filosofia storico-cinematografica di cui essa è figlia. Volendo riassumerla sommariamente e frettolosamente, mi troverei a dover gestire, da solo, il peso schiacciante di un’ammasso di termini e definizioni disomogenee e slegate fra loro: Storia del sogno americano, America pioneristica, leggenda, West, pionieri e cavalleria. Per riuscire a gestire questa babele terminologica, fino a spiegare in che misura essa - scomposta e ricomposta coerentemente – prende forma nel cinema di John Ford, occorre partire da lontano.
Per dire che John Ford è il padre di un genere (Western) di cui si serve per raccontare l’epopea ed il sogno americano, non servono grossi sforzi d’immaginazione né ricerche particolarmente approfondite e dettagliate; come suggerisce F. Carlini, infatti, la sua filmografia si può tranquillamente catalogare in due distinte tipologie di racconto, il “viaggio” ed il “percorso circolare”:
- Film come La più grande avventura, Ombre rosse o Il grande sentiero sono caratterizzati dal tema del viaggio: un punto di partenza ed una meta da conquistare. Si è unanimemente giunti alla conclusione che simili opere sono moderne “Odissee”, ovvero storie orizzontali (come anche le definisce autorevolmente F. Vanoye), con un inizio, una parte centrale ed una fine, il tutto on the road, su un percorso pieno di difficoltà, nella continua e sospirata ricerca della meta finale.
- Altre opere di Ford, quali per esempio L'uomo che uccise Liberty Valance, Rio Bravo e Il massacro di Fort Apache sono strutturati come storie verticali, sempre secondo Vanoye, come delle “Iliadi”: si inizia e si termina in un luogo chiuso e v’è la costante del ritorno al punto di partenza.
Nella sua scelta matematica delle inquadrature e nella realizzazione delle sequenze, Ford (che non risparmia l’arma della gag comica per sciogliere la tensione accumulata nelle scene dei suoi films) si destreggia sapientemente nella narrazione, gestendo la psicologia dei personaggi con stile e sensibilità, e delineando - come per l’enorme disegno di un mosaico geometricamente composto, visibile ed identificabile solo da una certa distanza, - il panorama classico e lo sfondo costante delle sue opere, il quale si rivelerà essere, poi, la vera ragione di fondo di gran parte della sua filmografia: l’esaltazione della leggenda americana, l’epopea del mitico West, le vicende (spesso, appunto, i viaggi) dei pionieri che hanno reso grandi gli Stati Uniti d’America. Ora, quella ragnatela di parole gettate alla rinfusa all’inizio di questo mio scritto, comincia a prendere una forma omogenea e a far luce sulla questione centrale: di che cosa vive il cinema di John Ford? Di questo, appunto. Il West, narrato nella sua leggenda e con l’occhio di un simpatizzante (almeno per buona parte della sua attività di cineasta) dei Pionieri americani, portatori, secondo l’idea fordiana, di valori positivi, sempre e solo finalizzati alla ricerca del “bene comune”: così si caricano di significato positivo anche le parole del prete (che avevo riportato in apertura di questo scritto), che, nel film La più grande avventura, dispensa consigli su come si spara.
J. Ford si autoproclama sostenitore della causa Usa (quindi potremmo definirlo uno dei primi politicamente impegnati, almeno entro certi limiti). E ciò è tangibile, oltre che nei soggetti per cui opta, anche nelle sue scelte tecniche. Primi piani accuratamente studiati e scenografiche panoramiche; in questo senso è emblematico il film La carovana dei Mormoni: ancora una volta il tema dl viaggio, esaltato da panoramiche sul carro che macina chilometri di strada.
Il mito americano che Ford ci racconta non può cadere in eccessi di filantropismo (come accadrà in seguito per alti autori). Gli Stati Uniti sono gli Stati Uniti, e Hollywood gradisce non solo fare bandiera dei fatti storici positivi, ma anche convertire in giusta causa i soprusi e le prevaricazioni commesse.
Desideravo girare "Il grande sentiero" da tempo. Ho ucciso più indiani di Custer, Beecher e Chivington messi insieme, e la gente in Europa ama conoscere la storia degli Indiani d’America. Ci sono due punti di vista nella storia, ma io volevo mostrare il loro punto di vista, una volta tanto. Diciamolo: li abbiamo trattati molto male – è una macchia del nostro passato; abbiamo ingannato e saccheggiato, ucciso, assassinato, massacrato e quant’altro ancora; ma se loro uccidevano un solo uomo bianco, Dio, allora arrivavano i soldati. (cit. da Il Cinema secondo Ford, di P. Bogdanovich)
Con queste parole John Ford strizza, per la prima volta, l’occhio agli indiani, dimostrando però che la sua sensibilità è necessariamente subordinata ad un genere che ormai non può voltare le spalle al mito americano (e queste sua dichiarazione suona infatti un po’ come un peso scaricato dalla propria coscienza, una volta liberatosi del quale ci si può sentire nuovamente in pace con se stessi e con il proprio modo di fare cinema. Non per nulla Ford dice ...Una volta tanto...), in cui i cow boy sono i “buoni” e gli indiani sono i “cattivi”. Si dovrà attendere un secondo, crepuscolare periodo della sua attività, per vedere l’America con occhi disincantati.
In tutto questo, però, non va trascurato un particolare non da poco: l’ideale e la filosofia sui quali poggia il cinema di J.Ford sono esclusivamente validi in quanto tali, e cioè in quanto pensieri di fondo per il suo genere di Cinema. John Ford è pronto a sacrificare indiani nei suoi film, a farli a volte apparire come nemici pur di mitizzare l’epopea pionieristica americana, ma tutto questo solo ed esclusivamente dopo il ciack. Già sul set, Ford si impegna più di una volta per aiutare le comunità indiane ad uscire da periodi di crisi: quando gira Ombre rosse, per esempio, si premura di assegnare una ventina di ruoli a soggetti appartenenti alla comunità Navajo.
Forse limitandosi ad una constatazione puramente epidermica, si potrebbe affermare che John Ford non voglia comunicare allo spettatore più di quello che effettivamente ci mostra: niente giochi di luci, niente cromatismi particolarmente ricercati, niente accorgimenti tecnicamente significativi per quanto riguarda il posizionamento della mdp. Insomma….Una sorta di cinema documentario, fotografia semplice, movimento della camera inesistente, come a non voler calcare troppo la mano sulla gestione delle risorse a disposizione (obiettivi, luci ecc…).
Una simile constatazione non solo è fuorviante, ma assolutamente errata e priva di fondamento.
Di vero c’è solamente che Ford preferisce optare per movimenti di camera abbastanza controllati e poco arzigogolati; tuttavia, come avremo modo di vedere, il sui intenti in tal senso non sono per nulla l’amore per la veridicità e la rinuncia al particolarismo.
John Ford è il regista del mito americano, il suo scopo può ricercarsi ovunque, meno che nel desiderio di presentare una realtà così come essa si presenta. Il suo cinema enfatizza, “gigantizza” e stilizza (anche cosmeticamente) più di quanto si possa immaginare. Le sue esperienze nel campo della fotografia gli permetteranno di lavorare a quattro mani con i migliori direttori della fotografia che Hollywood può offrire, sbizzarrendosi nel ricercare giochi di luce brillantemente azzeccati ed estremamente efficaci sotto il profilo comunicativo.
J. Ford ha una particolarità che lo rende stilisticamente unico, almeno nel panorama dei grandi registi suoi contemporanei: egli detesta le sceneggiature, le considera “chiacchiere” superflue. Afferma: Ho sempre cercato di far capire le cose visivamente. Questo smentisce categoricamente chi erroneamente è convinto che il suo cinema sia minimalista anche in senso tecnico (e da qui, anche comunicativo). Ford è fautore dell’immobilismo della mdp. Per lui l’obiettivo è il quinto personaggio e gli attori (nei quali ripone la massima fiducia e sulle cui spalle carica il peso della responsabilità dell’intero film,ritenendoli meritevoli di reggere la scena da soli, senza bisogno di eccessivi suggerimenti) devono sentirsi a loro agio di fronte ad esso, senza neppure accorgersi della presenza dell’operatore. Tutto questo spettacolarizza maggiormente quei momenti in cui la mdp viene mossa, magari per buttarsi su carrelli in avanti ad ingrandire il volto di John Wayne (sui fedele profeta, in una dozzina di films) o di interpreti significativamente importanti.
Questa sua particolare tecnica di ripresa, fa sì che Ford non si possa permettere di lasciare al caso la costruzione non solo di ogni sequenza, ma anche di ciascuna inquadratura. E questo è un compito, a mio avviso, quasi impossibile senza un preventivo studio – “ su carta” - del lavoro da svolgere, a dimostrazione dell’abilità e dell’esperienza sul campo di questo regista, che sotto quest’aspetto è superiore anche ad Hitchcock (il quale, al contrario, studiava al dettaglio le sequenze e le inquadrature, anche disegnandole, prima di metterle in atto). Ma a Ford piace la spontaneità e, forse da amante del rischio, anche l’imprevedibilità sul set. Difficile, allora, coniugare lo spazio (geometrie e misure), lo sfondo, il colore ed il posizionamento degli interpreti davanti all’obiettivo, senza neppure servirsi di un progetto preventivamente redatto.
A questo punto, in connessione anche all’aspetto del colore - che nell’opra di J. Ford è importante, rubando spunti anche dalla pittura (pur considerato dal regista un parente un po’ scomodo del cinema, in quanto è più facile rovinare un film con il colore (cit.), subordinato, quindi, alla fotografia in bianco e nero, che continuerà a prediligere per tutta la sua carriera), si potrà riprendere più dettagliatamente il discorso sullo stile di Ford, con riguardo all’analisi di alcune sequenze indiscutibilmente significative e metaforicamente dense di significato (nella sezione apposita del forum).
John Ford non è propriamente un autore di propaganda al sistema americano, sebbene Roosevelt, nel 1942, lo convochi presso di sé, insieme a Frank Capra, per commissionargi il compito di rendere l’immagine dell’America (attraverso la mitizzazione dell’esercito – come dimenticare la maniacale attenzione di Ford per le giubbe azzurre) linda e al contempo invincibile agli occhi del pubblico, sorretta dalla leggenda e poggiata saldamente sulle buone intenzioni di uno Stato che ricercherà nella sicurezza nazionale, dopo il tramonto del western, il vessillo da portare alto nella Hollywood anche contemporanea.
Però è il padre fondatore di un certo tipo di cinema che, nell’enfatizzare le gesta dei pionieri di ieri e narrando epicamente le vicende degli Usa filtrate attraverso la sua mdp sempre fissa (e collocata in basso, nella ricerca di primi piani di Wyatt Earp, mostrandocelo così in tutta la sua eroica superiorità) e le sue panoramiche eccezionali, ha aperto la strada, anche nell’ambito di altri generi, all’esaltazione dell’America contemporanea.
In questo senso Ford fa propaganda. Ma lo fa in maniera disinteressata, forse convinto a tutti gli effetti che il Sogno americano sia qualcosa che è valso il massacro di qualche pellerossa.
Rughe e capelli bianchi gli faranno perdere questo entusiasmo, nel tempo, e così finirà per raccontarci le stesse cose, gli stessi personaggi, ma con occhi molto più distaccati e malinconici (L'uomo che uccise Liberty Valance). Hollywood perderà, in questo senso, un nome che garantirà (dura e) pura l’immagine dell’America, ma ne ritroverà in seguito tanti altri, adepti e figli di una bandiera che, lasciandosi questa volta alle spalle la Monument Valley ed i miti passati di un’America leggendaria, dipingeranno presidenti eroi ed eserciti al martirio per salvare l’umanità.
Far di tutta l’erba un fascio non ha senso, anche in questo caso, quindi, i migliori ed i più meritevoli spiccano per le proprie doti su tutti gli altri, indipendentemente dai secondi fini (politici) dietro ai quali si trincerano. Ma è anche vero che, seppur ribadendo che il riconoscimento per abilità e meriti non si nega a nessuno, laddove meritato, di mitici western di John Ford non ne abbiamo più visti, ed il “cinema di propaganda” di oggi, allora (mi sento di dirlo), non è all’altezza e gode forse meno di giustificazioni morali.
E del resto assistiamo continuamente al fenomeno dell’autoesaltazione, nel cinema, dell’autoproclamazione, dell’arte che, da super partes, si mischia con la critica, ma non per spiegare o contestare, bensì per soppiantarla o confonderne i fini.
Ford invece è lontano da tutto ciò. Egli fa arte, vuole comunicare con la sua arte, e non può fare a meno di interferire anche con la politica e con l’industria di cui fa parte. Ma ciò che conta è che, qualunque cosa egli voglia comunicare, la comunica, e lo fa astraendosi totalmente dal contesto in cui si trova, divenendo inevitabilmente (nel momento in cui gestisce e soppesa la luce e misura spazio e profondità nell’inquadratura) profeta inconsapevole di un’arte che, seppur al servizio di un’avida Hollywood, capace di svenderla ad etti, esprime senza mai chiamare in causa, solo sprizzando il suo amore per essa attraverso le lampade e gli obiettivi delle macchine da presa.
In questo senso Truffault lo aveva “inquadrato” bene: John Ford è stato uno di quegli artisti che non hanno mai usato la parola “arte”, ed uno di quei poeti che non hanno mai usato la parola “poesia”.
Postato anche qui .
_________________
E la Terra sentii nell'Universo.
Sentii, fremendo, ch'è del cielo anch'ella.
E mi vidi quaggiù piccolo e sperso
errare, tra le stelle, in una stella.
[ Questo messaggio è stato modificato da: RICHMOND il 28-01-2008 alle 15:07 ] |
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eltonjohn
Reg.: 15 Dic 2006 Messaggi: 9472 Da: novafeltria (PS)
| Inviato: 16-07-2007 19:18 |
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Dove hai copiato tutto questo?
_________________ Riminesi a tutti gli effetti...a'l'imi fata! |
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sandrix81
Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 16-07-2007 19:23 |
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e soprattutto, perché confondere l'identità nazionale della cinematografia di un paese con la propaganda?
_________________ Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina. |
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AlZayd
Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 17-07-2007 09:56 |
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quote: In data 2007-07-16 19:23, sandrix81 scrive:
e soprattutto, perché confondere l'identità nazionale della cinematografia di un paese con la propaganda?
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Perchè l'identità nazionale di quel paese (la quale è grande e variegata, come grande e variegato il cinema che la racconta), si fondava (e si fonda, quantunque oggi in misura minore, anzi.., in modo diverso e non meno pernicioso) anche sulla propaganda, oltre che sulla censura, sulla persecuzione, sugli ipocriti codici di autoregolamentazione, cose degne delle migliori dittature. Che poi alcuni figli di quella grande nazione "di frontiera" (molti dei quali adottivi, cineasti di origine europea, con in animo un'idea di "minore dei mali"), riuscirono, attaccandolo dall'interno, ad aggirare il "sistema" con finto compromesso (parliamo sempre di cinema, ma la cosa si potrebbe estendere agli altri aspetti socio-politico-culturali, artistici statunitensi), il merito è della genialità di questi autori che di fatto rappresentarono il controsistema, in maniera apparente innocua, invero devastante per i sistema stesso, evidenziandone tutta l'idiozia, nella presa per il culo scambiata per innocua commedia, o dramma, o per tutti i "generi" che hollywood (dio) ha creato...
Che poi il sistema abbia fatto in modo (resosi infine conto dell'enorme portata artistica e conclamata universalità di questi oggetti del suo iniziale scontento) di re-inglobare il tutto nel suo pantagruelico ventre, per convenienza (ma anche e soprattutto per poterne controllare e neutralizzare i riflessi più nocivi e ad esso ostili), è un po' come per gli afroamericani, disprezzati e martoriati in patria, eroi invece nel vari fronti di guerra (c'è un progetto filmico di Spike Lee sulla questione) di ieri e di oggi, nei vari fronti della musica, che insieme a quella del cinema è la più fiorente industria culturale del nuovo mondo, grazie anche, e soprattutto, a tutto ciò che è riuscita a "rubare" ai neri (vabbè.., diciamo fare proprio), spesso edulcorandone le valenze più autenticamente rivoluzionarie ed eversive, una volta passate nelle lavandarie.
Un riassuntino, è una vecchia storia che abbiamo cercato altre di raccontare un po' meglio in questo forum, e mi sembra che il buon post di Richmond contenga spunti interessanti dai quali ripartire. Intanto io vorrei smentire Sandrix (mi è capitato spesso, anche in "tempi non sospetti"), il quale parla sempre per slogan, per battute più o meno insipide, superficiali e animate da uno spirito superstizioso, "destraiuolo", dove la sua presunta critica si fonda sulla propaganda e negazione della storia, del dato di fatto oggettivo.
E' vero in ogni caso che l'identità nazionale cinematografica - e non solo - di quel paese sia una summa di tutte queste cose, comprese le gravi, grandi contraddizioni, ma il bello della diretta, senza rete, la parte più sfiziosa sta nell'analisi dei percorsi, dei perchè, dei significati, primi ed ultimi, chè le conclusioni precotte e digerite oramai le vendono anche nella bancharelle delle saghe paesane.
[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 17-07-2007 alle 10:00 ] |
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RICHMOND
Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 17-07-2007 10:05 |
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quote: In data 2007-07-16 19:18, eltonjohn scrive:
Dove hai copiato tutto questo?
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Le citazioni da libri su John Ford (c'è anche scritto), tutto il resto è più o meno farina del mio sacco, naturalmente macinata nei mesi dopo la lettura di testi sul'argomento e la visione di alcuni films.
ma copiato, no, niente.
quote: In data 2007-07-16 19:23, sandrix81 scrive:
e soprattutto, perché confondere l'identità nazionale della cinematografia di un paese con la propaganda?
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Ma che dici? Ford è insieme entrambe le cose. Non v'è confusione, ma semplice sovrapposiione. Questo non fa di lui un autore di serie B,come ho già detto, ma semmai lo eleva ad archetipo per un certo tipo di cinema, catapultandolo direttamente in serie A. Egli non trascura la partecipazione politica. Non si tratta di semplice ghettizzazione identitaria del cinema, per cui le sue opere sono servili e pedissequamente ossequiose nei confronti dei governi (cosa che invece non si potrà dire nel moderno cinema di propaganda). Ford si limita ad ascoltare in silenzio le richieste di Roosvelt, poi, tirando fuoi il meglio di sè, non solo non rinuncia all'esaltazione dell'identità collettiva dell'America, ma anche ne ingrandisce i confini e ne dilata la vena leggendaria. Mitizzando epopee, schierando nemici in eterno ed epico confronto, disegnando (ma sempre e solo in pratica e visivamente, mai a tavolino...come ho scritto) con due mani ciò che ci racconta: indiani e cowboys, in fin dei conti. Le due facce dell'America, quelle che per buona parte della sua carriera ci ha raccontato in un certo modo, e che poi ha malinconicamente adagiato su un letto di rinunciatario e (molto) disincantato disamoramento per il sogno americano.
Parlare di Ford come autore di propaganda, allora, è al tempo stesso giusto e sbagliato.
Fa propaganda prchè esalta il passato dell'America, arriva a farne una tasposizione cinematografica del motto "Il fine giustifica i mezzi" (parlando degli Usa come un grande Paese [cit.]), per poi lasciarsi sfuggire, destato dal tempo che paradossalmente gli ruba quel nostalgico senso di appartenenza, quella filosofia che ci ha comunicato visivamente così bene.
Diciamo, se vogliamo azzardarci a buttarla lì così, che il suo modo di "fare propaganda" (e ribadisco la perplessità che l'utilizzo di questa parola riduttiva mi suscita, ma non v'è altra scelta) ha dato la luce a quell' "identitarismo cinematografico" a cui alludevi.
_________________ L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post. |
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RICHMOND
Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 17-07-2007 10:12 |
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Da tutto ciò, comunque, derivano discussioni interessanti sul servilismo del cinema americno nei confronti del Pentagono. C'è un libro di J.M. Valentine che mi sto accingendo a leggere in proposito, e dal quale si potrebbe partire per aprire una discussione più ampia (in altro topic) che invada anche il campo del moderno Cinema di propaganda, più attento al tema della sicurezza nazionale, accantonato quello di giustificazione schietta della storia passata.
_________________ L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post. |
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Schizobis
Reg.: 13 Apr 2006 Messaggi: 1658 Da: Aosta (AO)
| Inviato: 17-07-2007 17:04 |
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Devo dire che ero partito con molti pregiudizi approcciandomi al cinema di John Ford. Eppure il suo punto di vista non è così nettamente propagandistico o simil reazionario.
Faccio un esempio: Sfida Infernale del 1946 con Henry Fonda e il grande Victor Mature.
La scelta di Earp di fare lo sceriffo di Tombstone non è dettata sulla base di motivazioni politiche o ideologico-propagandistiche. A wyatt earp gli ammazzano il fratello e lui, giustamente si incazza. Ma l'occhio per occhio, dente per dente porta una serie infinita di cadaveri eccellenti ( e non).
Un altro personaggio chiave è Doc Holliday, tisico e alcolista, la cui ars medica non riesce a salvare la povera Linda Darell (fidanzata si badi bene indiana) e che si ritrova al fianco del neosceriffo più per disperazione che per pura scelta ideologica.
Cosa voglio dire con questo?
Che le motivazioni personali sembrano scavalcare il bene della collettività e che a John Ford più che la Patria interessi il destino (segnato) del Singolo Individuo.
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Tra la sofferenza e il nulla, scelgo il nulla.
[ Questo messaggio è stato modificato da: Schizobis il 17-07-2007 alle 17:05 ] |
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sandrix81
Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 17-07-2007 21:15 |
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ma scusate, l'Iliade e l'Odissea erano poemi di propaganda? no perché se lo erano allora avete ragione eh.
ma a me invece sembra che Ford non faccia propaganda più di qualsiasi altro cineasta. anzi, in effetti propaganda l'ha fatta, in uno o due cortometraggi girati durante (e riguardo) la seconda guerra mondiale, uno intitolato We sail at midnight, l'altro chi se lo ricorda, commissionati per essere di propaganda e come tali realizzati.
per il resto, in cento e passa film ha fatto solo quello che gli interessava, parlare di grandi e piccoli uomini e di una grande (e piccola) nazione. se questa è propaganda.
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Murphy era un ottimista.
[ Questo messaggio è stato modificato da: sandrix81 il 18-07-2007 alle 15:20 ] |
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AlZayd
Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 17-07-2007 22:38 |
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Mai parlato di propaganda nel cinema di Ford, perchè, ammesso che l'abbia fatta, è del tutto ininfluente ai fini dei risultati estetici.
Letto uno slogan disarticolato ho voluto precisare alcuni aspetti di carattere generale.
[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 17-07-2007 alle 22:38 ] |
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RICHMOND
Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 18-07-2007 10:53 |
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quote: In data 2007-07-17 21:15, sandrix81 scrive:
per il resto, in cento e passa film ha fatto solo quello che gli interessava, parlare di grandi e piccoli uomini e di una grande (e piccola) nazione. se questa è propaganda.
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Ed è quello che ho detto io, in fin dei conti: parlare di propaganda riguardo al suo cinema, è errato e giusto nello stesso tempo. Errato rapportandolo al servilismo attuale di certi autori nei confronti dell'ala politica di Hollywood. Corretto perché in fin dei conti egli enfatizza la leggenda, ingrandisce la Nazione e narra l'epopea ma schierando caow boys da un lato ed indiani dall'altro. Chi porta in alto la bandiera però? Indiani o pionieri? Chi ha gettato le basi per il Grande Paese di cui egli parla?
Poi tutto ciò è ininfluentne come ho già detto (e come ha ribatito Alzayd) se rapportato ai risultati stilistici che raggiungeva Ford.
_________________ L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post. |
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RICHMOND
Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 18-07-2007 14:53 |
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quote: In data 2007-07-17 21:15, sandrix81 scrive:
ma scusate, l'Iliade e l'Odissea erano poemi di propaganda?
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Ti sei guardato bene dal citare l'Eneide, nè?
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E la Terra sentii nell'Universo.
Sentii, fremendo, ch'è del cielo anch'ella.
E mi vidi quaggiù piccolo e sperso
errare, tra le stelle, in una stella.
[ Questo messaggio è stato modificato da: RICHMOND il 18-07-2007 alle 14:53 ] |
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sandrix81
Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 18-07-2007 15:01 |
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ci stava in effetti quanto e più dei due poemi omerici, specie pensando a un film come Ombre rosse, ma per comodità mi sono fermato ai due.
_________________ Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina. |
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RICHMOND
Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 18-07-2007 15:03 |
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quote: In data 2007-07-18 15:01, sandrix81 scrive:
ci stava in effetti quanto e più dei due poemi omerici, specie pensando a un film come Ombre rosse, ma per comodità mi sono fermato ai due.
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Ma allora chiudi il cerchio e risponditi da solo alla domanda: l'Eneide era di propaganda?
_________________ L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post. |
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sandrix81
Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 18-07-2007 15:08 |
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no.
_________________ Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina. |
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RICHMOND
Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 18-07-2007 15:09 |
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quote: In data 2007-07-18 15:08, sandrix81 scrive:
no.
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E le stellette che hai sopra l'avatar di che colore sono?
_________________ L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post. |
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