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Il Maestro della Paura |
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 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 29-08-2003 22:25 |
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Questo è un articolo ripreso dall' "Almanacco della Paura 1996" e che riporto qui (magari in più post, vista la lunghezza) per far conoscere a chi ancora non lo ha fatto il vero maestro dell'horror "made in Italy":
MARIO BAVA.
Visto che in questo forum ci sono molti fan dei film horror, spero che questo articolo incuriosisca i fanatici a conoscere bene un vero e proprio genio.
- MARIO BAVA: OPERAZIONE PAURA! -
DOMANDA.Che cosa desidera per il futuro?
MARIO BAVA.Desidero una bara colma di sangue nel quale io possa riposare in pace, potendo però uscirne la notte per addentare sul collo i film che ho fatto.
DOMANDA.Come spiega che gli americani e i francesi hanno apprezzato i suoi film più degli italiani?
MARIO BAVA.Perchè sono più fessi di noi!
Questa è la storia di uno stregone buono. Un grande stregone capace di grandi prodigi e maestose illusioni. Sarebbe diventato ricco e potente se fosse vissuto in un altro paese, dove i maghi del suo calibro erano (e sono) ricchi, potenti e stimati. Ma ebbe la sfortuna di nascere qui da noi, dove la gente brava come lui non diventa nè ricca nè potente nè tantomeno stimata. E dove si viene ricordati solo dopo morti. Lo stregone era Mario Bava, fu l'inventore del cinema del terrore italiano.
Mario Bava nacque a Sanremo nel 1915. La figura di suo padre, Eugenio, pioniere del cinema muto (operatore, titolista, direttore degli effetti speciali) merita qualche riga. Avete presente il buffo Archimede Pitagorico disneyano? Ecco, Eugenio Bava era il suo equivalente in carne e ossa. Il figlio Mario lo racconta ironicamente così: "Mio padre, cravatta e fiocco rivoluzionario, era un artista, prototipo del Bohèmien. Era pittore, scultore, fotografo, chimico, elettricista, medium, inventore: perse anni a studiare il moto perpetuo. Verso il 1908 conobbe il cinema, si getto a capofitto nella nuova arte, diventando operatore". Logico che il piccolo Mario, con un padre così, avesse il destino segnato. Anche lui fu grande inventore, anche se, a differenza del dispersivo genitore, preferì lasciar perdere tutto, anche la vocazione di pittore (era piuttosto bravo e questa abilità gli tornò comunque utile una volta dietro la macchina da presa) per dedicarsi unicamente al cinema. Il piccolo Mario crebbe avviluppato nella pellicola, i suoi giocattoli erano i granelli di cianuro d'argento dei bagni di sviluppo. Grazie al rapporto col genitore stregone, Bava vide sbocciare il suo amore (amore-odio lo definiva lui) per i trucchi di scena, sempre artigianali, fatti in casa con immenso amore. "Facevamo di tutto, si risolveva tutto all'italiana, pochi mezzi e tanto ingegnaccio: l'entusiasmo che avevamo ci rendeva felici per i risultati ottenuti, aiutandoci a dimenticare i soldi che non saremmo mai riusciti a fare con il nostro lavoro".
Ben presto Bava diventò operatore, e poi direttore della fotografia, lavorando per una gran quantità di registi (tra i quali Mario Soldati, Aldo Fabrizi, Steno e Mario Monicelli). Faceva comodo, Bava, sul set: era unico per risolvere i problemi, ottenendo il massimo risultato con la minima spesa. Era capace di mettere in scena un'armata di centinaia di persone alla carica con 5 sole comparse. Il palazzo del Saladino nel film "Il Leone d'Amalfi" (1950) attirò l'ammirazione dei più grandi scenografi americani che lo scambiarono per un'imponente scenografia hollywoodiana, mentre si trattava soltanto di un modellino in scala; Mussolini lo insignì della medaglia al valore per lo sprezzo del pericolo dimostrato nel filmare il crollo di una chiesa in un paesino del Sud durante un terremoto, mentre in realtà Bava non si era mai mosso da casa sua (l'effetto fu ottenuto con una foto della chiesa, intatta, riflessa su un catino pieno di acqua e olio; un calcio al catino ed ecco l'edificio vibrare spaventosamente). Tutti i registi con cui collaborava si dimostravano però degli ingrati e, al momento degli applausi, lo schivo e troppo timido direttore della fotografia veniva spesso messo da parte (pare che non venisse mai invitato neppure alle prime). A dire la verità, a Bava la situazione non pesava più di tanto. Anzi, fosse dipeso da lui, avrebbe continuato con questo tran tran che gli premeva soltanto per motivi, diciamo così, alimentari.
Bava si avvicinò all'horror grazie all'amico Riccardo Freda. Correva l'anno 1957: grazie a una scommessa fra addetti ai lavori nasceva il cinema dell'orrore all'italiana. Come racconta Freda: "Parlando con 2 produttori, Donati e Carpentieri, affermai che si poteva fare un film in 2 settimane. Risposero che era impossibile: io insistetti". Risultato? "I Vampiri" fu girato in 12 giorni (per un film normale, una banale commedia, il tempo di lavorazione minimo è di 6-8 settimane)e, nonostante la vicenda fosse ambientata a Parigi, grazie alla fantasia creativa e all'abilità di Bava fu realizzato senza muoversi dai cortili del teatro di posa a Roma. "I Vampiri" (trasposizione in chiave moderna delle sanguinose gesta della contessa Bathory), girato in un bianco e nero da favola, non ebbe alcun successo, ma comunque offrì la possibilità a Bava di esordire come regista, visto che i produttori lo incaricarono di girare una parte poliziesca da inserire nella vicenda. Interessante è il procedimento usato da Bava per mostrare il rapidissimo invecchiamento della donna-vampiro, interpretata da Gianna Maria Canale, realizzato senza stacchi di immagine nè dissolvenze. Un trucco semplicissimo, bastava solo pensarci. I segni di decadenza sul volto dell'attrice erano realizzati con una matita rossa: quando l'illuminazione era effettuata con una luce dello stesso colore, il make up non si notava, ma bastava passare alla luce bianca, ed ecco che in un attimo l'attrice, bella e giovane, si tramutava in una vecchia orrenda. Un altro bel risultato del binomio artistico Freda-Bava fu "Caltiki" (1958), film lovecraftiano che vede come protagonista una specie di Blob (a imitazione del successo del film sulla gelatina vivente fagocitapersone, uscito poco prima negli Usa) realizzato utilizzando comunissima trippa comprata dal macellaio sotto casa (per risparmiare fu usata sempre la solita trippa che ben prestò andò a male: il suo fetore finì quasi per intosicare l'intera troupe). Il film fu in gran parte diretto da Bava e nacque per fare un dispetto ai tanti registi che sfruttavano il suo talento senza dargliene atto. La leggenda di Mario Bava prendeva forma. Nel 1960, dopo il successo di "Dracula il Vampiro" di Terence Fisher, anche in Italia si cominciò a pensare a film del terrore, realizzati soprattutto per il mercato internazionale. La casa di produzione Galatea affidò a Bava la sua prima vera regia. Prendendo spunto dalla novella "Il Vij" di Gogol, nacque "La Maschera del Demonio", storia di vampiri e streghe, ancora oggi terrorizzante (vedetelo da soli di notte e poi ci dite!). La maschera del titolo, piena di chiodi ricurvi al suo interno (una specie di vergine di Norimberga solo per viso) veniva imposta ai figli del demonio, in particolare agli accusati di vampirismo. Da notare che nel film, per la prima volta, i vampiri non portano zanne finte. "Secondo l'uso dell'epoca, ne "La Maschera del Demonio" ", dichiarò il regista, "avrebbero dovuto tutti avere dentoni, ma io li feci togliere perchè mi facevano ridere!". Bava accettò controvoglia l'incarico alla regia: non si sentiva all'altezza e non aveva nessuna preparazione per affrontare un genere così difficile come l'horror che, oltretutto, riteneva perdente per mancanza di interesse da parte del pubblico di casa nostra. "La cosa strana è che io, prima, manco sapevo che esistessero i vampiri. Da noi il vampiro non c'è. Da piccolo mi ricordo che la tata mi raccontava le favole dei briganti sardi e siciliani e io avevo paura, ma il vampiro non l'avevo mai sentito. Da noi c'è il sole che scaccia tutto. Ecco perchè gli horror hanno successo in America e nei paesi del nord, ma da noi no. Comunque, a mano a mano, mi sono documentato e poi ho scoperto che certe immagini vengono da sole, se uno le ha dentro".
FINE PRIMA PARTE |
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 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 29-08-2003 23:52 |
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- SECONDA PARTE -
Accettò di dirigere "La Maschera del Demonio" pensando che sarebbe stato il suo primo e unico lungometraggio. Purtroppo per lui gli incassi americani lo contraddissero in pieno: "La Maschera del Demonio" incassò ben 5 miliardi. "Da allora sono stato costretto a dibattermi tra vampiri, mostri e streghe. E io che sono una persona mite e timorosa, io che non ammazzerei neanche una zanzara, sono stato sommerso da un lago di sangue, brulicante di vampiri e morti galleggianti!". Il film lanciò sul grande schermo la bellissima e semisconosciuta Barbara Steele, che diventò in seguito una vera e propria diva del genere.
I giochi (del diavolo) erano fatti. Per il suo secondo film Bava si orientò al mitologico, forse mirando a ottenere maggiori incassi in patria di quelli ottenuti all'esordio. Il film era "Ercole al Centro della Terra" (il titolo originale era "Ercole Contro i Vampiri", ma in quell'anno uscì il film americano "Viaggio al Centro della Terra" che ebbe un gran successo, e allora...) che scontentò i fans del mitologico, ma esaltò quelli dell'horror. Interpretato da Christopher Lee (l'unico vero Dracula, qui nel ruolo del maligno antagonista del mister muscolo di turno) è ricco di componenti orrorifiche: vampiri, zombi che attaccano volando (come quelli dei film fantasy di Honk Kong, 30 anni in anticipo!), satanismi che non appartenevano certo all'immaginario del genere mitologico. Inoltre Bava iniettò nella vicenda robuste dosi di ironia che rasentano la parodia: come nel finale, quando Ercole lancia macigni a raffica, fino a rendersi conto con disappunto di averli finiti. Il film incassò pochissimo:risultò troppo originale e ironico per il pubblico nostrano di allora, anche se fu venduto in tutto il mondo.
Subito dopo Bava si dedicò all'avventuroso con "Gli Invasori", nato sulla scia del successo de "I Vichinghi", di Richard Fleischer. Il film è trascurabile, a parte l'epica battaglia navale fra "dakkar" che rivaleggia in spettacolarità con quella di "Ben Hur". Con una differenza: gli americani per il loro lavoro costruirono delle vere navi, mentre Bava ne creò sì un intera flotta, ma usando le scatole di una nota marca di spaghetti e mascherando il tutto con fumoni, secchiate d'acqua e macchina da presa in perenne e sincopato movimento. Curiosamente il film è l'unico nella filmografia del regista che fece buoni incassi nei nostri botteghini. Bava girò anche altri film non horror (tra i quali il delirante "Le Spie Vengono dal Semifreddo" con Franco e Ciccio contro Vincent Price), ma i risultati artistici migliori li ottenne proprio con il cinema della paura, genre per il quale non gli mancò mai l'ispirazione.
Con "La Ragazza che Sapeva Troppo" (1962), finto thriller di imitazione hitchcockiana, Bava sperimentò un genere all'italiana che verrà poi portato al successo da Dario Argento. Il film narra le disavventure di una giovane americana, in vacanza in Italia proprio mentre un maniaco insanguina le strade di Roma, uccidendo donne in ordine alfabetico (prima una Anna, poi una Barbara e via così). La ragazza e un giornalista indagano fino a scoprire il colpevole, con un colpo di scena identico a quello del di molto successivo "L'Uccello dalle Piume di Cristallo", di Dario Argento. I debiti di Argento (e di molti altri autori dell'horror moderno) con Bava non finiscono certo qui; basta dare uno sguardo al truculento "Sei Donne per l'Assassino", che Bava girò 5 anni più tardi: è la dimostrazione che il regista di "Profondo Rosso" e tutti gli altri maestri dell'horror moderno hanno inventato ben poco. Il maniaco del film gira indossando impermeabile, cappellaccio e guanti e si accanisce con estremo sadismo sulle sue vittime (alcuni delitti sono ancora oggi insopportabili: una poveretta finisce con il volto su una stufa rovente e l'assassino continua a tenercela fino a che non si sfigura completamente; un'altra viene uccisa con un guanto ad artiglio che ricorda molto quello sfoggiato molti anni dopo da Freddie Krueger!). Nel 1963, Bava diede scandalo con la sua opera successiva, "La Frusta e il Corpo", un horror psicologico alla Corman che ebbe parecchi guai con la censura per i suoi sottintesi sessuali (il film è ricco di sequenze forti, all'insegna del sadomasochismo sfrenato: protagonisti una frusta, impugnata da Christopher Lee, e un corpo, quello splendido dell'attrice Dahlia Lavi). Poi venne il film a episodi "I 3 Volti della Paura", interpretato dal mostro sacro Boris Karloff. Il primo racconto, "Il Telefono", è una storia alla Dario Argento con il maniaco telefonico che parla in falsetto, terrorizzando una ragazza sola in casa (non ricorda un certo Scream? - NotaMia); il secondo, "I Wurdalak" (tratto dall'omonimo racconto di Aleksej Tolstoy), racconta di vampiri nella steppa russa; il terzo, "La Goccia d'Acqua", è l'allucinante storia di una morta che torna per riprendersi un prezioso anello rubatole dopo le esequie. Il film fu tradotto in inglese con il titolo di "Black Sabbath": un allucinato macellaio di Birmighan, Ozzy Osbourne, pensò bene di scegliere proprio il nome di quel film maledetto per il gruppo musicale che, da quel momento, divenne la più spettrale delle icone musicali della storia dell'heavy metal. Il surreale finale di quel film fu inventato da Bava l'ultimo giorno di lavorazione e fece versare fiumi d'inchiostro ai critici di mezzo mondo. Boris Karloff, nei panni del vampiro Gorka, galoppa furiosamente in una foresta portandosi in braccio il cadavere del nipotino. La macchina da presa arretra pian piano mostrando allor spettatore che Karloff è in realtà in groppa a un cavallo di legno e regge un fantoccio, mentre gli attrezzisti (tra i quali si riconosce Bava) corrono in circolo attorno a lui, agitando frasche e foglie. Uno sberleffo estremo, come se Bava dicesse "Avete visto? Vi siete fatti terrorizzare da un niente. Bastano un cavallo di legno ed un fantoccio per farvi correre i sudori freddi". Questo intento non fu mai ammesso dal regista, anzi: quando il solito critico straniero gli chiese perchè avesse usato il cavallo di legno per quella scena, la sua risposta fu "Oh bella! Perchè avevo solo un cavallo di legno a disposizione!". Malgrado questo ennesimo capolavoro, l'interesse in patria per Bava rimaneva ancora pari a zero.
FINE SECONDA PARTE
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TINTOBRASS
 Reg.: 25 Giu 2002 Messaggi: 5081 Da: Roma (RM)
| Inviato: 30-08-2003 01:51 |
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Io adoro Mario Bava. In particolare "La maschera del demonio", "I tre volti della paura" e "Sei donne per l'assassino" sono capolavori assoluti di quel cinema artigianale che oggi non si fa più. I francesi lo avevano già capito quarant'anni fa, bontà loro.
_________________ "La giovinezza è una conquista dello spirito che si raggiunge solo ad una certa età" (Proust)
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13Abyss
 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 30-08-2003 12:47 |
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quote: In data 2003-08-30 01:51, TINTOBRASS scrive:
Io adoro Mario Bava. In particolare "La maschera del demonio", "I tre volti della paura" e "Sei donne per l'assassino" sono capolavori assoluti di quel cinema artigianale che oggi non si fa più. I francesi lo avevano già capito quarant'anni fa, bontà loro.
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E noi italiani, come al solito, non ci avevamo capito una emerita mazza! Come si legge (e si leggerà) nell'articolo, è forse uno dei registi italiani più citati di sempre.
Ci sarà un motivo?
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TINTOBRASS
 Reg.: 25 Giu 2002 Messaggi: 5081 Da: Roma (RM)
| Inviato: 30-08-2003 14:22 |
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quote: In data 2003-08-30 12:47, 13Abyss scrive:
E noi italiani, come al solito, non ci avevamo capito una emerita mazza! Come si legge (e si leggerà) nell'articolo, è forse uno dei registi italiani più citati di sempre.
Ci sarà un motivo?
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Il cinema di genere sarà sempre quello più citato, perché più amato, più alla portata di tutti. E' bello, comunque, notare che alcuni registi relativamente "giovani" come Tarantino sappiano fondere armoniosamente gli insegnamenti metalinguistici di Godard con le stravaganze formali tipiche del cinema di genere italiano. Del resto, Tarantino è cresciuto, per sua stessa ammissione, con i film di Mario Bava, Lucio Fulci e Umberto Lenzi.
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 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 30-08-2003 19:56 |
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Ieri sera nel inserto dedicato a Venezia (in tarda tarda nottata) presentato da quello di Blob (non mi ricordo il nome) ho sentito un bellissimo discorso su l'influenza dei "grandi artigiani" italiani nel cinema di Tarantino.
Si capisce quindi perchè lui sia un grande...
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 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 30-08-2003 19:58 |
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- TERZA PARTE -
All'estero invece, soprattutto in Francia, la critica impazziva per Mario Bava. Tutti lo reputavano un grande autore: nel 1976 la rassegna della cineteca nazionale di Londra dedicò una mostra al meglio del cinema italiano e il nome di Bava figurava accanto a quelli di Pasolini, Visconti, De Sica (un sacrilegio per i critici italiani di stretta osservanza!). Su di lui si scrissero, e si scrivono ancora, biografie e saggi: le interpretazioni più diverse delle sue scene migliori si sprecano. Il primo a non credere a tutto questo dissertare era lo stesso Bava. Lui si considerava un semplice artigiano. Faceva cinema come un falegname costruisce sedie. I suoi film non li considerava opere d'arte, li trattava con cinismo e autoironia estremi (forse per via della sua innata modestia). Quando l'amico Bruno Todini, direttore di produzione, gli parlava di queste entusiastiche recensioni dall'estero, la risposta di Bava era: "A'Bruno, questi sò matti!". Bisognava vedere poi come si comportava con i produttori, specialmente quelli americani: sembrava sentirsi in colpa per averli fregati. Racconta ancora Todini: "la cosa meravigliosa di Bava, la cosa che ti faceva restare a bocca aperta, è che faceva trucchi incredibili costruendoli con le sue mani, servendosi della carta stagnola, di pezzetti di cartone e di plastica. Gli si scatenava la fantasia e creava queste cose pazzesche proprio con niente, tanto è vero che, quando girava, mi raccomandava: Bruno, non fare entrare gli americani, se no ci sputtaniamo! Quelli in produzione si immaginano chissà che e poi arrivano qua e si accorgono che sono 2 pezzi di legno e qualche spago!". In seguito Bava rifiutò di girare grandi film negli Stati Uniti (tra i quali il "King Kong" di De Laurentiis) per lo stesso motivo: secondo lui la fama di cui godeva era usurpata, i suoi trucchi erano sciocchezze, roba casalinga, buona solo per un cinema primitivo come quello italiano. L'America, secondo lui, di un mago da fiera non avrebbe saputo che farsene. La sua risposta alle offerte era sempre la stessa: " Ma va! Io sò abituato con gli spaghi, quelli c'hanno l'elettronica; dopo 3 giorni me cacciano via a calci!".
Bava continuò con modestia in quello che gli riusciva meglio: fare paura. Con "Terrore nello Spazio" (1965), realizzò il più celebre film di fantascienza all'italiana, la cui idea di base verrà poi clamorosamente rubata dagli americani per realizzare uno dei più grandi best-sellers della fantascienza cinematografica degli anni Ottanta. Un astronave riceve un misterioso messaggio d'aiuto da un pianeta sconosciuto. L'equipaggio, una volta atterrato, trova resti di una mostruosa astronave aliena e gli scheletri degli esseri sconosciuti che l'avevano costruita. I terrestri scopriranno che il pianeta è popolato da una razza di alieni parassiti in cerca di corpi nuovi in cui abitare. Praticamente, girato nel 1965, il film di Bava propone l'inizio di "Alien" di Ridley Scott! Il colpo di scena finale di questo film è assolutamente indimenticabile (è disponibile in videocassetta, guardatelo e mi darete ragione). Girato come sempre in condizioni di fortuna (tanto per dirne una: le uniformi degli astronauti sono in realtà mute da sub modernizzate dallo stesso regista), il film stupisce come al solito perchè sembra prodotto con molti soldi. Invece... "Vorrei che la gente, la critica, si rendessero conto delle condizioni nelle quali sono costretto a realizzare i miei film. Per "Terrore nello Spazio" non avevo nulla, ma realmente nulla a disposizione. Dico, c'era il teatro di posa, tutto vuoto e squallido, perchè mancavano i soldi: avrebbe dovuto rappresentare un pianeta. Che ho fatto, allora? Nel teatro a fianco c'erano 2 rocce di plastica, residuato di qualche film mitologico: le ho prese e messe in mezzo al mio set, poi, per coprire il pavimento piastrellato, ho seminato degli zampironi fumogeni e ho oscurato lo sfondo. Infine, spostando le 2 rocce da un posto all'altro, ho girato il film!".
Il film successivo, "Operazione Paura" (1966) è una raffinatissima storia di fantasmi, basata sulla vendetta che un'anima dannata (una bella bambina bionda vestita come una bambola) vuole compiere ai danni degli abitanti di un villaggio. Il personaggio della bambina fantasma vestita di pizzi e merletti, inquietante presenza di questo film, viene riproposto tale e quale da Federico Fellini nel suo deludente "Toby Dammit", mediometraggio ispirato ad un racconto di Poe. Inoltre l'incubo del protagonista (che vediamo attraversare 8 stanze identiche inseguendo qualcuno che alla fine si rivela essere il suo sosia) anticipa gli orrori onirici della serie "Nightmare". Anche qui i trucchi ottici si sprecano in una vicenda tesissima di grande atmosfera. Fra le curiosità di questo film spicca il fatto che la bambina fosse in realtà maschio e figlio del portiere di casa Bava.
Bava era un grande appassionato di fumetti. Pittore fallito, come si autodefiniva, sfogava la sua abilità di illustratore disegnando personalmente gli storyboard dei suoi film, inquadratura dopo inquadratura, facendo assomigliare le sue note di regia a qualcosa di molto vicino al fumetto. Negli anni Settanta strinse amicicizia con Alfredo Castelli (creatore di "Martin Mystere" - NotaMia) all'epocaautore di punta della rivista "Horror". I 2 giunsero molto vicini alla realizzazione din un film tratto da alcune storie a fumetti di Castelli. Ma poi non se ne fece nulla. L'unico incontro con il fumetto fu "Diabolik" (1967), trasposizione cinematografica del personaggio creato dalle sorelle Giussani. Il film era prodotto da De Laurentiis, quindi per la prima volta Bava pensava di poter contare su mezzi e soldi. Illuso! Forse qualcuno disse a De Laurentiis che il regista era abituato a lavorare con budget ridotti e in mezzo a mille difficoltà.
FINE TERZA PARTE
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TINTOBRASS
 Reg.: 25 Giu 2002 Messaggi: 5081 Da: Roma (RM)
| Inviato: 30-08-2003 20:02 |
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Bava è stato anche un grande direttore della fotografia. Ha lavorato con Roberto Rossellini, Francesco De Robertis, Dino Risi, Aldo Fabrizi, Pietro Francisci, Riccardo Freda... A mio parere, ha curato alcuni fra i migliori b/n del cinema italiano (un esempio? L'ottimo "I vampiri" di Freda).
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13Abyss
 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 30-08-2003 20:36 |
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Ehi!!!!
Ti ho beccato!!!
Non hai letto l'articolo!!!
E io che ho fatto tutta sta fatica a trascriverlo e ancora non l'ho nemmeno finito!!!
Di "Vampiri" e di Bava come direttore della fotografia ne parla lì!!!
Rimedia subito Tinto!
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TINTOBRASS
 Reg.: 25 Giu 2002 Messaggi: 5081 Da: Roma (RM)
| Inviato: 31-08-2003 04:51 |
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quote: In data 2003-08-30 20:36, 13Abyss scrive:
Ehi!!!!
Ti ho beccato!!!
Non hai letto l'articolo!!!
E io che ho fatto tutta sta fatica a trascriverlo e ancora non l'ho nemmeno finito!!!
Di "Vampiri" e di Bava come direttore della fotografia ne parla lì!!!
Rimedia subito Tinto!
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Che c'entra... l'ho letto a stralci. E' un argomento che conosco, in fondo.
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13Abyss
 Reg.: 20 Lug 2003 Messaggi: 7565 Da: Magliano in T. (GR)
| Inviato: 31-08-2003 14:08 |
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quote: In data 2003-08-31 04:51, TINTOBRASS scrive:
quote: In data 2003-08-30 20:36, 13Abyss scrive:
Ehi!!!!
Ti ho beccato!!!
Non hai letto l'articolo!!!
E io che ho fatto tutta sta fatica a trascriverlo e ancora non l'ho nemmeno finito!!!
Di "Vampiri" e di Bava come direttore della fotografia ne parla lì!!!
Rimedia subito Tinto!
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Che c'entra... l'ho letto a stralci. E' un argomento che conosco, in fondo.
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Questo l'ho notato.
E' solo che spero che, alla fine, qualcuno lo legga e provi ad apprezzare questo grandissimo regista guardando i suoi film.
Cosa che non ti riguarda quindi.
_________________ Rubare in Sardegna è il Male. |
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DemonSeth ex "Phibes"
 Reg.: 27 Feb 2002 Messaggi: 2048 Da: Catania (CT)
| Inviato: 01-09-2003 10:10 |
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Bava è forse il regista italiano più conosciuto negli USA...oggetto di ricerche, tesi, e letteralmente adorato, la sua intera filmografia si trova facilmente in dvd e vhs (in italia non c'è nulla!! o quasi), molti suoi film (black sunday-la maschera del demonio soprattutto) vengono ancora dati nelle sale).E' anche uno dei pochissimi registi italiani ad essere stato preso in considerazione dai "cahiers du cinema"...in Italia praticamente non lo conosce nessuno.
Evviva l'Italia.
_________________ "Capable du meilleur comme du pire, mais pour le pire je suis le meilleur" |
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