> > Attori, Attrici e Registi - Andreij Tarkowskij |
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Andreij Tarkowskij |
AlZayd
Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 24-10-2006 19:09 |
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quote: In data 2006-10-24 18:17, godfew scrive:
a me la Zona ha dato l'impressione come di uno specchio. man mano che i tre si avvicinano alla fatidica stanza vanno sempre di più incontro verso il loro io, fino ad averne paura, fino addirittura a rifiutare la verità che la stanza gli avrebbe rivelato, perchè i tre uomini hanno persino paurta dei propri desideri.
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fear and desire
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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Mambotaxi
Reg.: 31 Mag 2006 Messaggi: 46 Da: Sardegna (SS)
| Inviato: 24-10-2006 19:31 |
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Riporto una poesia del padre d T.tradotta da G. Zappi dal volume di Andrei Tarkovskij, Racconti cinematografici."Ogni istante dei nostri incontri lo festeggiavamo come un’epifania,soli a questo mondo. Tu eri
più ardita e lieve di un’ala di uccello,
scendevi come una vertigine
saltando gli scalini, e mi conducevi
oltre l’umido lillà nei tuoi possedimenti
al di là dello specchio...".Lo specchio è una storia di generazioni,T. continua il suo viaggio introspettivo sui bisogni dell'uomo,sulle sue angosce,sul rapporto con gli altri analizzando fatti reali della sua vita,visivamente è quanto di meglio si possa desiderare,non so a voi ma la sequenza in bianco e nero prima e colori poi quando crolla la stanza è devastante,inquietante,bellissima
[ Questo messaggio è stato modificato da: Mambotaxi il 24-10-2006 alle 19:32 ] |
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godfew
Reg.: 24 Lug 2006 Messaggi: 453 Da: Pesaro (PS)
| Inviato: 08-11-2006 10:20 |
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Ieri ho visto L'infanzia di Ivan. Bello e struggente, una diretta denuncia al male della guerra, che prima di uccidere fisicamente le persone le uccide moralmente. Commovente la figura del bambino che alterna la sua rabbia nei confronti del nemico e il bisogno di affetto. Un'opera prima ma già matura. |
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Petrus
Reg.: 17 Nov 2003 Messaggi: 11216 Da: roma (RM)
| Inviato: 08-11-2006 22:11 |
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quote: In data 2006-10-24 15:10, AlZayd scrive:
Resto sempre suggestionato quando discuto di cose che mi entusuiasmano - ieri mi sono rivisto l'Infanzia di Ivan in DVD.
Era tanto che aspettava sul mio scaffale...
Vorrei tanto rivedere "Il violino e il rullo compressore", visionato anni fa in una retrospettiva su Tarko. Delizioso, particolare, il suo primo mediometraggio.
"Sasa (Fomcenko), un bambino di sette anni, è vittima degli sberleffi dei suoi coetanei. Quando scende in cortile con il suo violino, i ragazzi glielo strappano di mano e lo umiliano. Accorre in sua difesa Sergej (Zamjanskij), un operaio addetto al rullo compressore, che rimprovera i ragazzi per il loro comportamento. La sera stessa sulla via di casa, Sergej incontra di nuovo Sasa giù di morale per un esame andato male e per cercare di consolarlo gli fa guidare la sua macchina schiacciasassi. Sasa non è mai stato così felice e riscopre la gioia di suonare il violino. "
E' un film introvabile, almeno credo, se qualcuno dovesse avercelo è pregato di farsi vivo.
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io ho tutto di questo regista
ma proprio tuttotutto
_________________ "Verrà un giorno in cui spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate" |
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AlZayd
Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 09-11-2006 00:50 |
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quote: In data 2006-11-08 22:11, Petrus scrive:
quote: In data 2006-10-24 15:10, AlZayd scrive:
Resto sempre suggestionato quando discuto di cose che mi entusuiasmano - ieri mi sono rivisto l'Infanzia di Ivan in DVD.
Era tanto che aspettava sul mio scaffale...
Vorrei tanto rivedere "Il violino e il rullo compressore", visionato anni fa in una retrospettiva su Tarko. Delizioso, particolare, il suo primo mediometraggio.
"Sasa (Fomcenko), un bambino di sette anni, è vittima degli sberleffi dei suoi coetanei. Quando scende in cortile con il suo violino, i ragazzi glielo strappano di mano e lo umiliano. Accorre in sua difesa Sergej (Zamjanskij), un operaio addetto al rullo compressore, che rimprovera i ragazzi per il loro comportamento. La sera stessa sulla via di casa, Sergej incontra di nuovo Sasa giù di morale per un esame andato male e per cercare di consolarlo gli fa guidare la sua macchina schiacciasassi. Sasa non è mai stato così felice e riscopre la gioia di suonare il violino. "
E' un film introvabile, almeno credo, se qualcuno dovesse avercelo è pregato di farsi vivo.
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io ho tutto di questo regista
ma proprio tuttotutto
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Buono a sapersi. Io quasi tutto. Ora ci ho pure il violino... e Scolpire il tempo, regalo di compleanno che ho iniziato a leggere e che è stupendo.
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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RICHMOND
Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 31-01-2008 13:02 |
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Affrontare il Cinema di Andrej Tarkovski significa calarsi in un approccio artistico che, quando non cambia la coscienza, quanto meno apre la mente verso nuovi metodi di fruizione artistica.
Sono sempre stato dell'idea che l'arte sia un punto di vista espresso e mai mediato, mai posto in forma di dialogo con lo spettatore. Probabilmente perché vedo nell'artista un muto (e sordo) monologhista, insensibile alle richieste di chi ammira i frutti del suo lavoro. Per queste ragioni amo Bergman e per gli stessi motivi trovo che il suo capolavoro Persona (1966) rappresenti la metafora perfetta ed incontestabile di questa affascinante teoria, capace di tangere anche aspetti di pura filosofia od etica artistica.
Ma c'è una questione da porre: Bergman invidia Tarkovskij. Quel suo privarsi di autorità, quando lascia la mdp in un angolo a meditare su sè stessa. perché il Cinema di Tarkovskij è davvero capace di filmare l'infinito mistero (citando K. Zanussi), dare davvero un senso nascosto, ma rintracciabile, al valore di immagine rappresentata.
Il mio sogno maggiore è sempre stato quello di esprimermi nei miei film con la maggiore sincerità e completezza possibili, senza imporre a nessuno il mio punto di vista. Ma se il nostro sentimento del Mondo può essere percepibile dagli altri come parte inscindibile di loro stessi, che cosa può costituire uno stimolo più grande per il nostro lavoro? (cit. da Scolpire il tempo , di A. Tarkovskij).
Ecco. In queste parole genuine va trovato il vero punto di svolta nel rapporto artista/fruitore dell'arte. Tarkovskij mette se stesso nell'arte, ma senza chiudere a chiave il suo scrigno. Sì, Bergman lo invidia non poco. Ma credo che la maggior parte degli artisti lo invidino.
Ma a mio avviso è interessantissimo soffermarsi sulla concezione di arte come aspirazione all'ideale. Qualcosa che, finalmente, slega la produzione artistica dal solo ed unico universo personale dell'artista, ma che si dà un significato pragmatico e proclamato a gran voce:
In ogni caso, è perfettamente chiaro che lo scopo di ogni arte, se essa non è destinata al consumo, come una merce è destinata alla vendita, è quello di spiegare a se stessi e a chi ci sta intorno perché vive l'uomo, qual è il significato della sua esistenza, di spiegare agli uomini qual è la ragione della loro apparizione su questo pianeta (.........) Ha un senso affermare che l'indubbia funzione dell'arte consiste nell'idea della conoscenza, dove la percezione si esprime nella forma dello sconvolgimento, della catarsi (cit. da Scolpire il tempo , di A. Tarkovskij).
Conscio che sarebbe indispensabile parlare per pagine e pagine di questi argomenti, è comunque intrigante l'idea di discutere, attraverso un libro autodichiarativo, con un regista che ci dava l'impressione di essere tutto il contrario rispetto a quello che a tutti gli effetti è: un elitario e snob intellettualoide, forse. E invece no. Tarkovskij dice molto di più, nei suoi film. Ma soprattutto....vive nella speranza che i suoi spettatori assimilino la potenza delle sue immagini.
Ma non è facile comprendere il Cinema di Tarkovskij. Per nessuno. Il suo è davvero un terreno in cui più che mai è bene addentrarsi con i piedi di piombo. Ma al contempo con la leggerezza che ci permetta di mutare le nostre idee, come l'anti formalismo delle sue pellicole riesce a cambiare le fattezze alle stesse.
In molti accusano Tarkovskij di eccessiva pedanteria, forse pesantezza opprimente, che nella sua asetticità vuole tormentare lo spettatore con l'alone di mistero che sembra presente in ogni sua opera.
In realtà pochi altri registi sanno filmare il mistero e metterlo alla nostra portata come fa lui:
In una situazione di tensione priva di sviluppo, statica, per così dire, le passioni si acuiscono al massimo e si manifestano in maniera più palese e convincente che non in una situazione di mutamenti graduali (cit. Scolpire il Tempo , di A. Tarkovskij).
Ecco. Quale affermazione meglio di questa, per capire la potenza delle immagini di Stalker ? Film in cui l'immobilità del visibile, la staticità del colore nucleare, quasi primordiale (e che ci ricorda, effettivamente, gli empatici scambi di personalità fra il luogo e l'uomo che Sokurov operava ne I giorni dell'eclisse , con spazi di vuoto fra una sequenza e l'altra, lunghi segmenti spazio temporali che viaggiano su linee sfalsate, come in eterno scarto cinematografico, volendo riportare le parole di Enrico Ghezzi) ci pone in antitesi all'idea di "riempimento" del reale fermo (un monolito nero) con un cinema/occhio/mdp autopensante che vi si muove intorno per comprenderne l'essenza vera e forse irraggiungibile - irrisolvibile se non in un inevitabile ritorno alle origini embrionali dell'uomo - che è 2001 - Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick.
Stalker rappresenta davvero la fantascienza come pretesto per sensibilizzare gli uomini. Un'arte nell'arte, insomma.
Riguardo a Stalker , è molto interessante sottolineare la valenza poetica (e ricordiamo che Tarkovskij confida molto nella potenza dei versi di suo padre, poeta affermato) del film, che fa trasparire la concezione che il regista ha della poesia, in particolare abbinata ad ogni altra forma artistica. In Scolpire il Tempo egli scrive:
Quanto alla poesia, io non la percepisco come un genere. La poesia è una sensazione del Mondo, è un tipo speciale di rapporto con la realtà. In tal caso la poesia diventa una filosofia che guida l'uomo durante tutta la sua vita.
Questo viscerale legame con la poesia, fa di Tarkovskij un regista che davvero media fra realtà e soggettività. Un tema che gli starà molto a cuore per tutta la vita, in quanto egli ritiene che senza un legame organico fra le impressioni soggettive dell'autore e la rappresentazione oggettiva della realtà, non solo è impossibile raggiungere l'autenticità e la verità interiore, ma è impossibile perfino ottenere la verosimiglianza esteriore (cit. da Scolpire il Tempo , di A. Tarkovskij). Questa frase non deve passare inosservata né essere sottovalutata. Con essa siamo in grado di capire che la grande frustrazione di Tarkovskij - e, secondo le sue teorie, di ogni artista - è quella di non riuscire a rendere la fruizione del film qualcosa di perfettamente soggettivo per lo spettatore. Chi siede davanti allo schermo avrà, che gli piaccia o no, una visione assolutamente condizionata dalla soggettività del regista. Quello che il regista vuole che si veda. Per contro, se il regista privasse la sua opera di quel legame organico fra oggettività della realtà e soggettività della percezione che lo stesso ha di quest'ultima (vedi citazione sopra), si avrebbe un freddo documentario assolutamente incapace di imprimere sensazioni vere ed autentiche, quand'anche fosse perfettamente lineare nella ricostruzione storica, ambientale, visiva.
E a ben vedere Tarkovskij individua il paradosso del Cinema proprio nella giusta identificazione con la vita che lo sopettatore opera nel approcciarsi ad esso. Esiste libertà di scelta per lo spettatore nel Cinema? si chiede Tarkovskij. Ogni fotogramma, preso singolarmente, infatti, ogni scena ed ogni episodio non descrivono, bensì fissano l'azione, il paesaggio, i volti dei personaggi. Perciò nel Cinema avviene una singolare imposizione di norme estetiche, una definizione univoca della realtà concreta, contro la quale sovente insorge l'esperienza personale dello spettatore. Se facciamo un paragone con la pittura, notiamo che in essa c'è sempre una distanza tra il quadro e lo spettatore, una distanza definita in anticipo, che determina una sorta di referenza nei confronti dell'oggetto rappresentato, la consapevolezza che, davanti a chi guarda, sia che la comprenda o no, c'è un'immagine della realtà: a nessuno verrebbe in mente di identificare un quadro con la vita (cit. da Scolpire il Tempo , di A. Tarkovskij).
E questo è il grande limite del Cinema. Insomma: è impossibile stabilire un giusto equilibrio fra senzazioni intime del regista e soggettività ricavaile dallo spettatore nel approcciarsi al film. E nulla si risolve con una pedestre rappresentazioneestetica della realtà impressa oggettivamente. Probabilmente, se fosse per Tarkovskij, un film dovrebbe essere girato con mdp tarate non sull'occhio umano, ma su ciascun occhio di ciascuno spettatore. Come la poesia, un vestito che ogni lettore possa indossare in quei magici minuti di distacco formale con la realtà, per avvicinarsi ad essa tramite la filosofia.
Ma è impossibile. In questo Bergman è più pessimista, ma in verità anche molto più realista.
Tornando a Stalker e alla sua valenza poetica, occorre soffermarsi sulla metafora della Zona. Io stesso sono più volte stato attratto dalle contorsioni metafilosofiche, che mi portassero a decifrare i versi di questo film come uno speculare senso per la religione, per la catarsi, per la salvezza evangelica. Ma quando mai? Non dopo aver letto Scolpire il Tempo . Tarkovskij ripudia la troppa ricercatezza. Può apparire il contrario, è vero. Ma come tutte le poesie, si parte dalla semplicità. La Zona è la vita. Ed i tre personaggi non sono altro che i tre volti dell'uomo: razionalismo, scetticismo e vocazione artistica. Che però, guarda caso, conducono al medesimo risultato. La totale sfiducia nel genere umano (con rimandi alla poetica kurosawana e con forti legami a quella bergmaniana).
In particolare Tarkovskij pone l’accento sul discrimine fra Rigidità/forza (compagne della morte) e debolezza/flessibilità (la freschezza dell’esistenza). Quella sequenaa finale di Stalker , con la candida pelle infantile, flessibile, addirittura piegata su sè stessa, quasi china su dubbi, perplessità, paure ed incertezze....è molto più visibile, tangibile, ferma e leggibile di quella locomotiva rigida, statica, rombante e sicura che passa e travolge tutto. Della debolezza ci rimane una visione, manleabile, decifrabile.
Della sicurezza, della ferma convinzione (o guida attraverso gli spazi) non ci rimane che un suono vano e destinato a perdersi nel vuoto.
In realtà l’idea di scarto cinematografico che Enrico Ghezzi ha più volte rimarcato, non è propriamente esatta per descrivere quest’opera. I cambi di tonalità cromatica che il regista opera indubbiamente conducono a questa conclusone, con la quale in linea di massima mi trovo d’accordo. Però i suoi piani sequenza infiniti, quasi diluiti, fanno pensare proprio ad una volontà di privare l’opera di qualunque soluzione di continuità. E l’unico spazio vuoto, l’unico scarto visibile, tangibile….è quel rapporto rigidità/flessiblità ravvisabile nel cambio di colore della fotografia. Il passaggio dalla città alla zona avviene senza scarti, in verità. L’unica idea di spazio vuoto ricavabile è quella degli sfondi in movimento (che, per certi versi, forse per mie delirii personali, mi rimandano a diversi film di Truffaut), per cui scorrono paesaggi, cambiano colori senza i dovuti stacchi, ma i personaggi rimangono lì, come sfalsati dalla dimensione che stanno vivendo e come fissati su un foglio trasparente. Il vero scarto è questo.
La stessa idea che fonda Solaris , in fin dei conti, è riconducibile all’empatia fra gli spazi e gli uomini. Anche se qui è il contrario: mentre in Stalker l’apparente staticità dei luighi è un espediente, della realtà, per ingannare l’uomo, in Solaris , secondo me, l’atterrimento è dato proprio dal cosmo come conquista di qualcosa che aspetta di essere dominata. E cioè la conoscenza. L’assoluta conoscenza, la verità umana, quel salire un altro gradino (cit.) da parte dell’uomo.
Ma in tutto questo, ciò che è narrato in Lo specchio , piuttosto che ne L 'infanzia di Ivan , in Stalker , piuttosto che in Solaris , in Andrej Rublev , come nello stesso Il rullo compressore e il violino (che ho avuto la fortuna di vedere) c’è un peso enorme, quasi insopportabile caricato sulle spalle dell’artista. Quel discrimine netto con la poetica di Ingmar Bergman. L’artista (Stalker, guida) che con la fede dimostra la sua volontà di servire gli uomini. E secondo Tarkovskij, in fin dei conti, di questo si occupano gli artisti.
In Scolpire il tempo , egli scrive:
Mi stupiscono gli artisti che ritengono di creare liberamente se stessi e ciò che sia effettivamente possibile: l’artista è condannato a comprendere di essere il prodotto del tempo e delle persone tra le quali egli vive. Come ha scritto Pasternàk:
“Non dormire, non dormire, artista,
Non abbandonarti al sonno…
Tu sei l’ostaggio dell’eternità,
il prigioniero del tempo…”
Già postato qui .
_________________ L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post. |
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