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Autore Herzog
AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 27-03-2007 21:35  
quote:
In data 2007-03-27 19:34, Hias84 scrive:

Ti consiglio anche Fata Morgana




Beeello!


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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel

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quentin84

Reg.: 20 Lug 2006
Messaggi: 3011
Da: agliana (PT)
Inviato: 31-03-2007 16:08  
Ho appena visto Cuore di vetro: magico, esoterico, spiazzante, bellssimo.
Perfetta e suggestiva fusione di immagini e musica.
Tornano i temi cari al regista del rapporto uomo-natura, la sfida dell'uomo verso la natura (Adalbert che tenta di scoprire il segreto del vetro-rubino, il "viaggio ai confini del mondo" del finale), tutto avvolto in un'atmosfera inquietante, estatica data dal fatto che tutti gli attori (tranne Hias) hanno recitato in stato di ipnosi.
Un film certamente criptico (qual è il mistero di Hias? E'un profeta? Un puro? Perchè quella lotta contro un orso invisibile alla fine?) e visionario.
Forse sono osservazioni banali, ma non sono certo di aver compreso le mille implicazioni di questo film. Andrebbe rivisto più volte.

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Hias84

Reg.: 15 Mar 2007
Messaggi: 1262
Da: Serravalle Pistoiese (PT)
Inviato: 02-04-2007 08:34  
"[...] Signor dottore, non avete mai sentito dire della doppia natura? Quando il sole sta su, a picco, a mezzodì, e sembra che il mondo vada a fuoco e fiamme, c'è stata una voce paurosa che m'ha parlato. [...] I funghi, signor dottore: lì, lì sotto si nasconde. Avete già visto che razza di figure compongono i funghi, nascendo dal suolo? Poterle decifrare!"

Questa citazione dal "Woyzeck" di Buchner ben si adatta a descrivere la follia di Hias, protagonista di "Cuore Di Vetro" di W. Herzog (oltrechè dello stesso Franz Woyzeck): trattasi di una follia che è esacerbata sensibilità, capacità esasperata di vedere e sentire oltre, anche laddove i più non vedono che un banale sfondo alla loro esistenza (nella natura, cioè) i segni e le sorti relative al nostro destino umano. Narrare la storia del film risulta difficile, non a caso “Cuore Di Vetro” è probabilmente il film più criptico di Herzog: in una Baviera sospesa nel tempo e nello spazio, un pastore, Hias, ha delle visioni nelle quali gli viene rivelata la prossima fine del mondo. Visioni molto vicine a Diluvi Universali (a livello visivo, iconograficamente parlando, trattasi si sequenze dal maestoso splendore figurativo) si susseguono nei primi minuti del film con un impatto visivo e pittorico devastante. Rara intensità. In queste montagne della Baviera una bottega conosce il segreto della produzione del vetro rubino. Morto il capomastro della bottega, l'unico a conoscere il segreto, la popolazione cade in una psicosi collettiva, in una sorta di ipnosi congelante (reale: tutti gli attori hanno infatti recitato sotto ipnosi ad eccezione dell'interprete di Hias). Incapaci a reagire e privati della conoscenza tecnologica, i villici impazziscono, l'intero paese impazzisce, forse tutto il mondo impazzisce; infatti il tempo e gli spazi si dilatano, assorbendo così una patologica perdita di senso. Come ricorda F. Grosoli, il film "rende vana ogni lettura referenziale perchè orienta ogni elemento del suo linguaggio verso una totalità apocalittica: un mondo in cui si consuma appunto la perdita dei referenti (la ricerca inane del vetro rubino ne è il segno tematico più trasparente)". Trovano comunque spazio, tra le pieghe del "racconto", l'opposizione tra cecità collettiva e vedere oltre (destinato alla sconfitta) di uno solo; il parallelo tra insensati rituali di morte e catastrofe finale; la perversione nei rapporti col reale che porta alla follia e alla distruzione; la fascinazione paesaggistica come espressione di un'alterità assoluta e nel contempo come speranza (si veda il finale) e possibilità di rifondazione; lo "scivolamento" della storia da un'era preindustriale ad una (presumibilmente) industriale. Il film ruota attorno a tre luoghi, che sono la vetreria, la taverna e la casa del padrone: è in questi ambienti che hanno luogo tutti gli oscuri, insensati, violenti rituali, frustrati dalle profezie, allo scopo di ritornare a produrre. Qui si consuma la crisi totale di un mondo che “pone la produttività ed il possesso come unici referenti riconoscibili”, fino a perdere del tutto la ragione. C’è un vuoto, che è un vuoto di referenti ma anche di umanità, che man mano si dispiega lungo la “narrazione”. Contempliamo così, come in un horror spogliato di tutto il suo impianto spettacolare (hollywoodiano?), la “dissoluzione progressiva di un’originaria, armonica unità; l’irrompere del caos e della follia in una società che non riesce più a decifrare i segni di morte che la minaccino”, attraverso personaggi che sono in realtà niente più che “presenze raggelate, che l’ipnosi accomuna in gesti sempre meccanici, ieratici e sospesi”, che siano essi carnefici (il padrone della vetreria) o vittime (la serva sacrificata).
L’unico personaggio che emerge, anche se come tramite ignaro di eventi incommensurabili che lo annullano come soggetto, è Hias, il pastore visionari;: Hias si distingue dagli altri in quanto vede, sebbene, non meno degli altri, anch’egli sia destinato alla sconfitta. Eppure il pastore somiglia molto a quegli ultimi uomini, quattro coraggiosi, che nella sequenza finale del film lasciano lo sperone di roccia su cui hanno sempre vissuto per avventurarsi verso il mare aperto su una barca palesemente troppo piccola e fragile per sostenere la traversata: anche quelli, come Hias, sono spinti dal desiderio di vedere fino al limite di sé, con un gesto certamente patetico ed insensato ma che pure fa parte della natura umana. Segni di speranza? Direi più che altro “Segni Di Vita”, tanto per citare un’altra opera di Herzog. Una vita che non si ferma a stolidi ideali di produttività, possesso, successo, ricchezza, mercato, ma giunge oltre, o almeno vuole spingersi verso tale “altrove” (che sia esso la conoscenza, una qualche felicità, il riappropriarsi del proprio tempo, o semplicemente l’ignoto): poco importa che il tentativo sia frustato, destinato al fallimento. È da atti come questo che sgorga la visione (e quindi il cinema, nel film di Herzog), ma anche la poesia, e, perché no?, la musica. Hias resta l'unico essere umano che, in un mondo che scivola nella follia (come anche il nostro, sconvolto da guerre, riscaldamento globale, minaccia atomica, che non sa più vedere oltre l'economia, oltre il proprio naso, e non sa da par suo leggere i segni della catastrofe), anche patendo l'incomprensione e l'isolamento, sa vedere un altrove che sia radicalmente diverso.
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Formula della mia felicità: un sì, un no, una linea retta, una meta... (F.W.Nietzsche)

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quentin84

Reg.: 20 Lug 2006
Messaggi: 3011
Da: agliana (PT)
Inviato: 12-05-2007 17:22  
Ho visto Fitzcarraldo: la storia di un industriale peruviano di origini irlandesi, Brian Sweeney Fitzgerald (detto Fitzcarraldo) che nutre il sogno folle di costruire un teatro lirico nel cuore della foresta amazzonica.

Dopo Aguirre-furore di Dio, Herzog torna (stavolta con più soldi e mezzi) al suo tema prediletto della sfida uomo-natura (indimenticabili le lunghe sequenze documentaristiche, in cui,senza finzione,il battello di Fitzcarraldo viene trasportato oltre una montagna) insieme al suo attore di fiducia Klaus Kinski.

Meno folle e malvagio di Aguirre, Fitzcarraldo è, come lui, un "conquistatore dell'inutile" (a cosa può sevire un teatro dell'Opera nella giungla?), un adorabile sognatore non esente però da una mentalità colonialista: non esita a sfruttare le credenze religiose degli indios per ottenere i suoi scopi anche se tali credenze gli si ritorceranno contro...

Un film molto suggestivo (nessuno riprende i paesaggi naturali come Herzog) e meno cupo del precedente Aguirre.

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ermejofico

Reg.: 17 Ago 2005
Messaggi: 662
Da: roma (RM)
Inviato: 13-05-2007 12:43  
quote:
In data 2007-05-12 17:22, quentin84 scrive:
Ho visto Fitzcarraldo: la storia di un industriale peruviano di origini irlandesi, Brian Sweeney Fitzgerald (detto Fitzcarraldo) che nutre il sogno folle di costruire un teatro lirico nel cuore della foresta amazzonica.

Dopo Aguirre-furore di Dio, Herzog torna (stavolta con più soldi e mezzi) al suo tema prediletto della sfida uomo-natura (indimenticabili le lunghe sequenze documentaristiche, in cui,senza finzione,il battello di Fitzcarraldo viene trasportato oltre una montagna) insieme al suo attore di fiducia Klaus Kinski.

[...]

A questo proposito sono appena stati pubblicati con il titolo di "La conquista dell'inutile" i diari tenuti da Herzog durante la lavorazione di "Fitzcarraldo". Imperdibili!
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"Che cosa te ne fai di una banca se hai perduto l'amore?"

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 13-05-2007 12:47  
Fico!
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Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina.

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