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Autore Stessa storia: scriviamo (2) Si vota fino a Martedì compreso
Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 08-03-2008 15:23  
LO SFRATTO
Quando si svegliò, quella mattina, gli sembrava che la testa stesse per esplodergli, e fece fatica anche a g u a r d a r s i i n t o r n o.Tutta la stanza pareva la spirale di un infernale girone dantesco mentre lui f l u t t u a v a. Era questa la parola esatta. Rimbalzava con il pensiero da una parete all’altra.
La ragione per la quale Gregor dovesse poi alimentare il suo spasmo mentale sin dalle prime luci del mattino era ben presto detta: era arrivato per lui il giorno dello sfratto.

Il giorno precedente si era alzato di buon umore; nel dirigersi in cucina per prepararsi la colazione attraversò il lungo corridoio del suo appartamento , passando di fianco alla sala da bagno, la porta stranamente aperta. L’occhio ancora spento e la mente piuttosto assonnata non avevano però potuto esimerlo dal notare due uomini in piedi dentro la vasca. “Signori” esordì ironicamente “spero che vogliate trovare una giustificazione per questa grave intrusione in casa mia”. I due personaggi in questione , una coppietta dandy come se ne vedevano sempre più spesso in giro da quelle parti, ignorarono l’osservazione del padrone di casa e ripresero la conversazione da questi alquanto maleducatamente interrotta. La faccenda era incentrata su Gregor e sulla sua illegittima permanenza nella casa; l’amministratore aveva finalmente decretato la sua perpetua espulsione rimarcando peraltro la totale mancanza di collaborazione per una vicenda che avrebbe potuto concludersi decisamente con più tatto e con altro stile ed eleganza da parte dell’ormai ex proprietario. “Come volete cari signori” tuonò invano Gregor “sarò costretto a chiamare la polizia e a sporgere denuncia per violazione di domicilio”. Se ne andò inferocito sbattendo la porta, mentre dall’interno poteva udire lo schiamazzo denigratorio degli intrusi.

Rammaricandosi per aver dimenticato il telefono cellulare nella sua autovettura, uscì dal suo appartamento, si precipitò giù per le scale e bussò alla porta della vicina del pian terreno, sua antica e fidata conoscenza. “Ma Gregor caro, non mi sembra il caso di farne una questione così drammatica” si affrettò a puntualizzare la signorina Mac Carthy davanti al suo esterrefatto interlocutore. “Applicano solo le disposizioni prese nell’ultima assemblea condominiale in relazione alle nuove norme antiterroristiche”. Senza nemmeno concedergli il tempo di replicare, la signorina si affrettò a spiegare che quell’argomento era stato oggetto proprio dell’ultima riunione alla quale lui non aveva partecipato e che la delega di Gregor era stata utilizzata da lei stessa per esprimere un parere e un voto favorevole a tale proposta, ben sapendo che Gregor stesso sarebbe stato orgoglioso della decisione presa e non avrebbe sicuramente protestato. Ma ora doveva rendersi conto che stava mettendo la signorina in difficoltà con le sue posizioni estremistiche: in fin dei conti lei aveva votato anche a nome suo per l’applicazione di quella che era pur sempre una legge dello Stato. Non avrebbe dovuto in alcun modo dare addito a qualsiasi scusa irresponsabile, concluse velocemente la signorina Mac Carthy, pena l’aggravamento della sua posizione personale davanti al giudice che avrebbe decretato il suo definitivo sfratto.

Gregor uscì velocemente dall’appartamento della sua conoscente mentre i suoi pensieri si accavallavano in maniera preoccupante. Ma di quale legge stava blaterando la Mac Carthy? Il tribunale, addirittura il processo e per cosa poi non era assolutamente permesso di sapere. Rientrando sul grande atrio del palazzo notò l’usciere indaffarato a ritirare la posta quotidiana. Stabilì che doveva interpellarlo su una vicenda che questi, in virtù del suo mestiere, non poteva certo ignorare.
“Lei signore è un uomo molto scaltro” sentenziò il portiere dello stabile “ma non creda di poter raggirare in questo modo la legge . Conosco molto bene i miei diritti e sebbene io venga considerato da alcuni come la comare del condominio, non mi farò sfuggire una sola parola in merito alla decisione sul suo sfratto. Dovrebbe ricordarsi che il nostro Paese difende la privacy con norme precise e rigide; se dovesse ancora insistere in questi termini sarei costretto a denunciarla ,signore”. L’usciere lo congedò definitivamente suggerendogli che avrebbe fatto meglio a preoccuparsi di radunare i suoi oggetti personali , in quanto i funzionari addetti allo sgombero stavano già lavorando alacremente nel suo appartamento.

Un Gregor incredulo e sconvolto salì velocemente le scale ignorando l’ascensore alle sue spalle, giunse di fronte alla porta di casa e la trovò spalancata. Ebbene era dunque vero quanto gli era stato riferito! Si rese conto del grave errore commesso nel mancare a quell’ultima riunione condominiale. Se non fosse sempre stato così superficiale nello sbrigare le sue faccende avrebbe fatto valere le sue ragioni! Viveva ancora, in fin dei conti ,in uno stato di diritto e nonostante si tenesse aggiornato sull’attualità non aveva mai sentito nominare tale legge antiterroristica! Da quando in qua i più elementari diritti erano stati sospesi e in nome di dio per quali possibili motivi poi! E mentre questo turbine di pensieri bombardava la sua mente ,non si accorse che stava meccanicamente firmando il decreto ingiuntivo che l’ufficiale giudiziario gli aveva posto sotto gli occhi, legittimando così la vicenda che lo aveva destabilizzato e intimorito al punto che aveva infine acconsentito egli stesso a siglare la sua definitiva condanna.


5495 (spazi inclusi)




[ Questo messaggio è stato modificato da: Quilty il 09-03-2008 alle 01:28 ]

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Mayapan

Reg.: 17 Nov 2006
Messaggi: 932
Da: milano (MI)
Inviato: 08-03-2008 23:16  
Bisogni speciali

Quando si svegliò, quella mattina, gli sembrava che la testa stesse per esplodere, e fece fatica anche a guardarsi intorno.
Era come se il brusco risveglio avesse interrotto non il sonno e neanche un sogno, bensì i suoi pensieri, pesanti come macigni.
Già, ultimamente appena appoggiava la testa ad un cuscino e spegneva la luce veniva invaso dai pensieri, ed il suo sonno era in realtà una successione di pensieri.
Ecco perchè Samuele cercava di mettersi a letto solo quando il suo fisico lo richiedeva.
Era successo così anche l’ultima sera. Al risveglio nella sua mente regnava il caos.
Appena sceso dal letto andò in bagno e si sciacquò la faccia con acqua fresca, rimase per qualche secondo con gli occhi spalancati e le mani sulle tempie davanti allo specchio.
Si era innamorato di una prostituta di nome Aurora. Non era una semplice cotta. Niente affatto. Forse non era amore, ma era comunque qualcosa di speciale.
‘’Come cazzo faccio adesso a dirlo ai miei?’’, disse tra se mentre si asciugava il viso.
Per distogliersi da quella angosciante domanda decise di prepararsi la colazione. Il fatto di impegnarsi a preparare ciò che gli piaceva lo avrebbe fatto sentire meglio. Era sabato mattina, quindi di tempo ne aveva parecchio.
Si preparò una spremuta di arance, poi tagliò a fette delle fragole e dei kiwi. Andava matto per la macedonia. Mise sul tavolo tutto quello che gli veniva in mente: fette biscottate, marmellata, biscotti, yogurt. Sapeva già che non avrebbe mangiato tutte quelle cose, ma non voleva correre il rischio di essersi dimenticato qualcosa e doversi alzare, una volta seduto. E soprattutto vedere tutte quelle cose insieme avrebbe fatto bene al suo umore.
Accese lo stereo. Il cd iniziava con un pezzo che faceva più o meno così nel ritornello:
‘’ Vorrei vorrei vorrei
portarti al mare
fare l'amore
dimenticare le cose amare...’’


Era uno dei suoi pezzi preferiti di un cd che ascoltava di continuo.
Scelse di mangiare la macedonia e delle fette biscottate con marmellata, bevendo la spremuta.
Aveva conosciuto Aurora una domenica mattina verso le 5.00, mentre rientrava a casa dopo il lavoro che svolgeva nei weekend. Si trattava di un lavoro come barman in un locale della zona. Aveva una certa esperienza in quel tipo di lavoro. Gli piaceva e soprattutto gli piaceva il fatto che aveva la possibilità di vedere tante persone.
Quella mattina era più stanco del solito. Finito il lavoro prese la macchina e si diresse verso casa. Lo stradone era deserto. In un angolo della strada c’era però una giovane ragazza seduta su uno sgabello. Il suo ‘turno’' era quasi finito, considerando l’orario.
Samuele appena la vide rallentò ed accostò, spinto da curiosità più che da altro. Probabilmente aveva voglia di parlare dopo una sera passata a ‘correre’ nel caos del locale in cui lavorava. Lei era già pronta a dire quello che diceva normalmente ai clienti, ma lui la fermò dicendole che voleva solo scambiare due chiacchiere.
Le sembrò subito strano, ma lei accettò volentieri ed iniziarono a parlare. Lui in macchima con il finestrino aperto, lei seduta sullo sgabello. Non c’era un argomento preciso, tutto proseguiva con naturalezza. Lui fu subito attratto dal sorriso della ragazza.
Una scena simile si ripetè anche il weekend successivo e poi altre sere durante la settimana. Samuele aveva ormai capito di volerle bene. Anche a lei piaceva, tuttavia non glielo aveva ancora detto esplicitamente. Forse non sentiva il bisogno di farlo e lui non sentiva il bisogno che lei pronunciasse un ‘'ti amo'’ o un ‘'ti voglio bene’'. Ma entrambi avevano bisogno l’uno dell’altro.
In realtà Samuele non sapeva se si trattasse di amore o di un bisogno di qualcosa o qualcuno. Fatto sta che quel sentimento o quel bisogno era comune a due persone che più o meno casualmente si erano incontrate.
I due iniziarono a vedersi anche di mattina, magari per una semplice colazione. Passavano diverso tempo insieme, spesso anche a parlare di ‘niente’, o a fare niente. Ma era un niente che però rassicurava Aurora. Sapeva che con Samuele poteva essere veramente se stessa senza dover recitare.
A Samuele sembrava la cosa più naturale del mondo provare qualcosa per una prostituta, o meglio non vedeva in lei una prostituta ma semplicemente una persona con cui si trovava bene. Con lei avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Quella domenica mattina avevano deciso di vedersi. Samuele la aspettava in casa. Aurora voleva parlargli. Arrivò indossando una tuta azzurra, lui le aprì e si sedettero sul tappeto della sala. Samuele aveva già preparato un caffè e glielo offrì.
Lei non iniziò nemmeno a berlo e subito entrò nel discorso.
‘'Tra pochi giorni lascio l’italia. La mia vita è in Romania. La ho la famiglia: mio padre, mia madre e mio fratello. E poi vorrei studiare, in fondo sono venuta in Italia per un motivo, per potere mettere da parte quattro soldi e poi andare all’università nel mio paese’’.
Samuele non riuscì a dire niente.
In breve tempo si trovarono sdraiati sul pavimento, vicini. La testa di Aurora era appoggiata alla spalla del giovane. Entrambi guardavano in silenzio il soffitto della camera. Quasi immobili.
Samuele, interrompendo il silenzio che si era creato dopo le parole di Aurora, disse:
‘’Ehi Aurora stiamo guardando da venti minuti il soffitto, lo sai?’’
‘’Già, ma cosa c’è di più innocente di una parete bianca?’’disse lei.
Si guardarono in faccia, lui ammirò il volto della ragazza forse per l’ultima volta e le rispose:
‘’Il tuo sorriso’’.





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Agli equilibrismi dei campioni del potere
preferisco un deltaplano su cui poter sbandare...

[ senti, non è che mi sposeresti quando avremo 70 anni? non avrai niente da perdere... ]

[ Questo messaggio è stato modificato da: Mayapan il 08-03-2008 alle 23:17 ]

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AtIpIcA

Reg.: 04 Gen 2007
Messaggi: 4177
Da: Milano (MI)
Inviato: 09-03-2008 13:52  
La guerra di Piero

Quando si svegliò, quella mattina, gli sembrava che la testa stesse per esplodergli, e fece fatica anche a guardarsi intorno. Piero rimaneva con lo sguardo fisso su quel cranio informe che dormiva beatamente nel letto vicino al suo. Chiuse gli occhi con forza, come per concentrarsi e contò “cinque.. quattro… tre… due… uno……..”. Riaprì gli occhi. No, era ancora là. Incredibilmente intero.
Ma come cavolo faceva a non esplodere? Non era possibile. Andava contro ogni teoria fisica.
La luce filtrava appena dalle fessure della tapparella abbassata evidenziando il suo profilo sproporzionato. La fronte era talmente gonfia che i vasi sanguigni e le vene sporgevano dalla pelle creando un’orribile ramificazione rossa e violacea. Non si poteva vedere. Piero non lo poteva vedere. Lo odiava con tutto se stesso. Stava rovinando la sua vita. Quattordici anni di prese per il culo, di risate maligne alle spalle. E perché? Non era colpa sua! Era normale, lui!

Nella testa di Piero risuonava ancora l’ultima stronzata di ieri. Quel cretino della 3°A che gli stava dietro con quei due leccaculo che si porta sempre appresso.
“Ah Ah.. ma come fa ad infilarsi le magliette il tuo Gobbo di Notre Dame? Bisognerà tagliare il colletto a tutte quante!”
E gli altri due che ridevano con lui. Ma che bastardi. Non si erano ancora stufati? Forse prima o poi avrebbero smesso. Prima o poi tutti la finiranno di crocefiggerlo. Per cosa poi? Per avere un fratello deforme.

Papà capiva come si sentiva Piero, o almeno gli sembrava che fosse così. Lo leggeva in alcuni suoi sguardi imbarazzati. Quando uscivano tutti insieme sentiva gli occhi della gente addosso come lui e poi lo guardava. Abbozzava un sorriso e gli metteva una mano in testa per stropicciargli i capelli. Poi guardava Lui, gli metteva un braccio sulle spalle, ma il suo sorriso si spegneva leggermente come a cercare di accettare una condizione immutabile, un dolore perpetuo che appesantiva il cuore. Gli vuole bene. O almeno è quello che crede Piero. Come potrebbe essere altrimenti? E’ pur sempre suo figlio. Ma a volte l’espressione del suo viso sembrava maledire tutto. La vita, Dio, se stesso e pure sua moglie, una donna che ama, ma che l’ha aiutato a dare alla luce un simile scherzo del destino.

La mamma invece pare non rendersene conto. Per lei è un ragazzo come un altro. E’ suo figlio. Solo suo figlio. Come fa a far finta di niente? Non accenna mai al Suo difetto come ad un problema vero e proprio. Forse è più per la paura che l’equilibrio del piccolo mondo perfetto ed immaginario che si è creata crolli come un castello di carte. Ne parla come se il problema fosse negli occhi degli altri. E se avesse ragione lei? Se fossero tutti gli altri i mostri?

Anche quella mattina Piero sperò che morisse. Ormai succedeva sempre più spesso. Non sopportava più quella situazione. Serena, la ricciolina rossa che sta nella sua classe non voleva uscire con lui. Diceva che aveva paura di venire a casa sua. Le faceva impressione.. suo fratello. Basta… basta! Voleva uscire a testa alta e non vergognarsi più.

Piero, sdraiato su un fianco sotto alle coperte, continuava a fissarlo con uno sguardo duro, malvagio. Immaginava mille modi per cambiare tutto quanto. A volte pensava di ucciderlo lui stesso. Poteva buttarlo sotto una macchina, oppure fargli cadere per sbaglio l’asciugacapelli mentre stava dentro la vasca. Ogni tanto sognava che mostri come il clown di It, Freddie Krueger o qualche alieno di X-Files lo facessero fuori al posto suo. Altre volte immaginava di scappare lontano, in un luogo dove nessuno lo conoscesse. Dove nessuno avrebbe mai potuto collegarlo a un essere così raccapricciante. Si vedeva ai tropici sotto il sole con una bella ragazza al suo fianco, o a New York, in mezzo ai grattacieli con il giubbotto degli Yankies e un bicchierone in mano di qualche strana bevanda che si ingurgitano solitamente gli americani.

Piero lo stava ancora fissando. Si alzò. Fece lentamente i due passi che lo dividevano dal suo letto. Egli aprii gli occhi e il suo sguardo incrociò quello di Piero. Ebbe un sussulto, come se il volto di Piero, così vicino al suo, l’avesse spaventato. Lo guardò a lungo. Gli occhi gli si fecero lucidi. All’improvviso abbracciò Piero di scatto e stingendo forte piagnucolava “Mi dispiace… non volevo… non volevo nascere…”.
Pian piano la stretta si allentò e si accasciò addosso a lui. Il coltello che Piero aveva tra le mani gli si era conficcato fino in fondo nello stomaco. Sanguinava in silenzio. Piero era a bocca aperta senza parole con una macchia di sangue sul pigiama che diventava sempre più ampia.
Urlò.
Mamma e papà corsero da loro. Papà lo prese di peso e lo allontanò. Poi l’ambulanza. La mamma che lo strattona piangendo: “Perché? Perché??”
Tutto quello che Piero riuscì a dire fu: “Non sono stato io. E’ lui che si è buttato sulla lama”.

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 12-03-2008 19:27  
In attesa dei risultati ufficali annuncio che ho premiato il racconto di Anthares.

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Nietzsche

Reg.: 03 Ago 2007
Messaggi: 2264
Da: smaramaust (BZ)
Inviato: 12-03-2008 20:37  
quote:
In data 2008-03-12 19:27, Quilty scrive:
In attesa dei risultati ufficali annuncio che ho premiato il racconto di Anthares.


che scoop!
e quali altri due?
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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 12-03-2008 21:05  
Beh tu ci sei andata vicina a dire il vero (sei andata vicina al podio). Ti ha fregato un errore grammaticale...

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Nietzsche

Reg.: 03 Ago 2007
Messaggi: 2264
Da: smaramaust (BZ)
Inviato: 12-03-2008 21:34  
quote:
In data 2008-03-12 21:05, Quilty scrive:
Beh tu ci sei andata vicina a dire il vero (sei andata vicina al podio). Ti ha fregato un errore grammaticale...


ahahaha dimmi quale ti prego!
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Nietzsche

Reg.: 03 Ago 2007
Messaggi: 2264
Da: smaramaust (BZ)
Inviato: 12-03-2008 21:36  
ah l ho visto ora, è tutta colpa di quel maschilista frocio di sandrix che ha postato l incipit al maschile, per la fretta nom ho editato!
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oldboy83

Reg.: 06 Gen 2005
Messaggi: 4398
Da: Mogliano (MC)
Inviato: 12-03-2008 21:37  
ma è davvero lecito scrivere qui?
_________________
Una sola cosa è certa: da questa vita non ne usciremo vivi.

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 12-03-2008 21:40  
Certo che è lecito, i tempi per le storie in concorso sono scaduti e come per la scorsa occasione si commentano i racconti e i risultati (ancora in attesa...)
Eh sì Nicce,una svista e il podio è svanito...puff...peccato perchè era scritto bene.

_________________
E' una storia che è successa ieri, ma io so che è domani.

[ Questo messaggio è stato modificato da: Quilty il 12-03-2008 alle 21:42 ]

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Chenoa

Reg.: 16 Mag 2004
Messaggi: 11104
Da: Vittorio Veneto (TV)
Inviato: 12-03-2008 21:46  
In effetti potremmo dirci i voti a questo punto...
Gatsby dove sei?

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oldboy83

Reg.: 06 Gen 2005
Messaggi: 4398
Da: Mogliano (MC)
Inviato: 12-03-2008 21:48  
vabbè, ce li diciamo e facciamo i conti da soli.

io votai Tomthom, Gatsby e Lilian.
_________________
Una sola cosa è certa: da questa vita non ne usciremo vivi.

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 12-03-2008 21:53  
Ok confesso il mio podio:
1 Anthares
2 Chenoa
3 Mayapan

Quando usciranno i risultati ufficiali darò anche le mie motivazioni.
Bye!
_________________
E' una storia che è successa ieri, ma io so che è domani.

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Chenoa

Reg.: 16 Mag 2004
Messaggi: 11104
Da: Vittorio Veneto (TV)
Inviato: 12-03-2008 21:56  
Ho un vuoto improvviso sul terzo racconto, perché ero indecisa... comunque, mi pare fosse TheTourist. Prima Lilian, secondo Oronzocanà.

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liliangish

Reg.: 23 Giu 2002
Messaggi: 10879
Da: Matera (MT)
Inviato: 12-03-2008 22:06  
mi ricordo di aver votato Oronzo e Nietsche... ma non mi ricordo il primo, vacca boia... forse Quilty.
_________________
...You could be the next.

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