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Autore globalizzazione
MARQUEZ

Reg.: 23 Feb 2006
Messaggi: 2117
Da: Firenze (FI)
Inviato: 01-03-2006 19:54  
GLOBALIZZAZIONE







Se si dovesse far ricorso ad un artista per tentare di trasporre figurativamente l'idea di globalizzazione, la migliore possibilità sarebbe quella di far ricorso al cinquecentesco pittore Arcimboldo, abile a far affiorare forme riconoscibili da una miriade di componenti singolarmente diversi dalla forma collettiva finale.
La globalizzazione (o mondializzazione, come si preferisce dire in ambito francofono, anche con una sfumatura di differenziazione meno "economicista"), dunque, un termine oramai travasato dal dibattito scientifico al discorso comune, è un qualcosa che si suppone dotato di una forma ben precisa ma che, ad un esame più ravvicinato, mostra le sue infinite sfaccettature.
In primo luogo non vi è accordo preciso né sul significato della globalizzazione, né sulla sua datazione, meno che mai sul segno positivo o negativo dei suoi effetti. In secondo luogo c'è una certa confusione nel delimitarne le sfere di influenza, in termini geopolitici ma anche settoriali.
In linea di massima è possibile affermare che con il termine globalizzazione si suole indicare un fenomeno di progressivo allargamento della sfera delle relazioni sociali sino ad un punto che potenzialmente arriva a coincidere con l'intero pianeta. Da questo punto di vista la globalizzazione delle relazioni economiche e finanziarie e la globalizzazione delle comunicazioni (compresa l'informatizzazione del pianeta) rappresenterebbero due chiare esemplificazioni dell'idea più generale di globalizzazione.
Interrelazione globale significa anche interdipendenza globale, per cui sostanziali modifiche che avvengono in una parte del pianeta avranno, in virtù di questa interdipendenza, ripercussioni (di vario segno) anche in un altro angolo del pianeta stesso, in tempi relativamente brevi.
La domanda di fondo tuttavia è: siamo di fronte ad un qualcosa di nuovo, un qualcosa che si è andato concretizzando negli ultimi anni (decenni) in virtù della coincidenza di alcune prepotenti innovazioni politico-tecnologiche, oppure l'attuale è solamente uno stadio avanzato di un processo che data da lungo tempo (secoli) e che ha conosciuto solamente una vistosa accelerazione?
A qualsiasi ambito si applichi (economico, delle comunicazioni, ecologico, ecc.) questo rimane un quesito chiave nel dibattito in corso.
Per cercare di comprendere l'ampiezza di questo dibattito, sarà opportuno in primo luogo rifarsi agli autori che rappresentano oggi in qualche modo i capifila di altrettante scuole, di altrettante "visioni" della globalizzazione. Il primo degli autori rilevanti è I. Wallerstein, neomarxista, al quale va attribuita l'idea (tra l'altro non recentissima) di sistema-mondo, un'idea per la quale la globalizzazione rappresenta un processo di lunga data, caratterizzato da una progressiva espansione capitalistica che parte all'incirca con l'arrivo sul continente americano di Cristoforo Colombo; un secondo autore è S. Huntington, nella cui visione la globalizzazione rappresenta un momento di uno scontro di civiltà (non di stati) come massima espressione di identità di vaste porzioni di umanità. In questa visione, l'egemonia occidentale (anche in termini religiosi) verrebbe a confrontarsi con altre civiltà emergenti (ad es. quella islamica) con esiti del tutto sfavorevoli.
Un terzo riferimento è rappresentato da R. Robertson, teorico di una globalizzazione come ambito unitario, dove grande importanza rivestono i meccanismi culturali di integrazione; cresce la consapevolezza della coscienza del mondo come "un tutto" e tale consapevolezza agevola l'interdipendenza e l'integrazione sociale.
Per A. Giddens, la globalizzazione è l'intensificazione di relazioni sociali mondiali colleganti tra loro luoghi anche distanti, tanto che eventi locali possono essere determinati da eventi sorti a distanze estremamente ampie; tale processo è un processo dialettico perché il segno di tale mutamento non è esattamente determinato.
La globalizzazione comprime lo spazio-tempo e sopprime le rigidità tra le culture, favorendo la diversità. Per P. Hirst e G. Thompson, la globalizzazione rappresenta invece un concetto "alla moda", in quanto l'attuale economia (in questo ambito si muovono infatti gli autori) internazionalizzata non rappresenterebbe una novità nella storia mondiale, essendosi già verificate condizioni simili ed addirittura di superiore apertura ed integrazione in altre epoche storiche, ad esempio tra il 1870 e il 1914; la particolare enfasi attuale deriva da una serie di eventi che originano dallo shock petrolifero ed inflattivo dell'inizio degli anni '70 di questo secolo.
Ad ogni modo, l'attuale globalizzazione sarebbe comunque "zoppa", riferendosi essenzialmente ad una triade composta da Stati Uniti, Europa e Giappone.
Recentemente U. Beck ha proposto un approccio dialettico alla globalizzazione, fondato sulla convinzione che i medesimi rischi connessi alla globalizzazione (o meglio la risposta sociale a tali rischi) possano determinare opportunità politiche per quella che Beck chiama una "seconda modernità" fondata su valori di uguaglianza, libertà e capacità di informazione.
La distinzione fondamentale è tra globalizzazione e globalismo economico: irreversibile e foriera di ampi spazi di opportunità la prima, chiuso in un egoismo autoreferenziale e antisolidaristico il secondo, tanto da prefigurare la scomparsa di ogni forma di welfare col suo sottrarsi sempre più ai costi fiscali e paradossalmente - attraverso l'ipertecnologia - al lavoro stesso. Uno stesso fenomeno viene dunque letto attraverso lenti interpretative assai discoste tra loro. Non vi è alcun dubbio, tuttavia, che quale che sia l'interpretazione prevalente non si può prescindere dalla constatazione che natura ed intensità dei fenomeni che caratterizzano l'attuale fase sono di fatto nuovi per la storia umana. Globalizzazione significa ad esempio che la messa in discussione di una delle principali componenti dello sviluppo moderno, lo stato-nazione, viene sempre più accelerata - ed è un fatto relativamente recente - quanto più importanti decisioni a carattere economico, politico, comunicativo o ambientale vengono prese all'esterno della consueta cornice istituzionale dello stato; se ciò può significare che comunque gli stati più forti detengono in ogni caso un forte potere di condizionamento sulle decisioni, dall'altro è innegabile che la regolazione (o deregolazione) globale di alcuni ambiti - si pensi al COMMERCIO INTERNAZIONALE e al WTO/OMC - è in una fase estremamente avanzata.
D'altro lato, la rivoluzione digitale e lo sviluppo delle telecomunicazioni, anche satellitari, hanno accelerato in maniera drammatica la diffusione di informazioni attraverso il pianeta, portando con sé anche le basi di una straordinaria omologazione culturale sulla stessa scala. Ancora, la moderna società globale dei consumi, fortemente standardizzata, ha spinto la sua sfida ai limiti ecologici del pianeta sino a configurare problemi che per portata ed intensità sono assolutamente definibili come nuovi e globali. L'aumentata capacità di spostamento delle persone e lo sviluppo dei mezzi di trasporto facilita d'altronde l'emergere di una questione sanitaria legata ad una non tanto più potenziale globalizzazione della malattia (si pensi alla "malaria da aeroporto") la quale, assieme a molte altre cause concomitanti, si configura come un fatto assolutamente nuovo nella storia dell'umanità. Ancora, l'economia globale, così come si è concretizzata oggi nella sua veste neoliberistica, porterebbe con sé ineluttabilmente anche quella che è stata definita la globalizzazione della povertà, come conseguenza della natura sempre più oligopolistica dell'economia globale, al cui ampliamento in termini soprattutto finanziari fa da riscontro una tendenza inversamente proporzionale alla concentrazione delle capacità decisionali e gestionali.
Sulla scia della riflessione di Beck, tuttavia, è possibile anche vedere in molti di questi fenomeni un rovescio ottimistico della medaglia, legato alle capacità di utilizzo - in particolare da parte di quegli attori inscrivibili nel cosiddetto "Terzo sistema o settore" - dei medesimi canali attraverso i quali passano i maggiori rischi connessi alla globalizzazione. Si pensi ad esempio allo sviluppo del settore del COMMERCIO EQUO E SOLIDALE, alle aumentate capacità di connessione tra loro dei gruppi di azione sociale dal basso, e segnatamente del volontariato (ad es. su AMBIENTE e DIRITTI UMANI e della COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, dovuta alle capacità di "mettersi in rete" attraverso gli strumenti della telematica, o più semplicemente alla maggiore capacità di spostamento.
Si pensi infine, come segnale forte di ambivalenza, al paradosso sollevato dalla concretizzazione, forse per la prima volta nella storia mondiale con questo grado ed intensità, della libera circolazione di merci e capitali, ma alla contemporanea alzata di scudi nei confronti di quella delle persone, se non in ben delimitati ambiti regionali (si vedano ad esempio gli Accordi di Schengen).
Quello che sarebbe un logico corollario di un compiuto processo di globalizzazione, diviene - sotto forma di "PROBLEMA MIGRATORIO" - uno dei più problematici effetti collaterali di un processo che, nella sua riproposizione ideologica, viene sempre più indicato come la magnifica sorte e progressiva dell'umanità.
Gli aumentati spazi offerti alla cooperazione internazionale e le difficoltà in cui si trova l'agire solidaristico sollevate dalla questione migratoria, ci inducono ad un'ultima riflessione circa un'ulteriore ambivalenza del concetto. Mentre l'agire solidaristico e cooperativo fa riferimento ad una visione di "un mondo" che ha radici anche nel passato (l'internazionalismo, il genere umano), la globalizzazione economica ed in generale la sua versione ideologica attuale hanno al centro il concetto di competizione e competitività, come strategia di sopravvivenza e predominio in un contesto di base aggressivo ed anomico.
La competitività, poi, trascende il comportamento economico per divenire un modello di comportamento sociale tout court, preferito perché più efficace ed efficiente sul modello comportamentale oramai stabilito dell'impresa, ed in particolare della nuova impresa transnazionale, l'attore globale per eccellenza.
Globalizzazione dunque come insieme proteiforme di fenomeni, come processo in atto il quale, preso atto della sua ineluttabilità, rimane a disposizione degli attori sociali planetari come una e mille possibilità di futuro.



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Piergiorgio Odifreddi

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