madpierrot
 Reg.: 08 Mag 2004 Messaggi: 851 Da: Pista Uno (es)
| Inviato: 11-05-2004 21:32 |
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Si è parlato, da altre parti, in modo inopportuno e spesso a vanvera, di Silvia Baraldini.
Silvia Baraldini è nata a Roma 52 anni fa e , trasferita negli Stati Uniti da studentessa universitaria, si è vista coinvolta con il movimento nero “Black Liberacion Party”.
Il 9 novembre 1982 Silvia Baraldini viene arrestata dall'Fbi con l'accusa d'aver partecipato alla progettazione e all'esecuzione di una rapina a New York a un furgone portavalori della Brinks, svaligiato di 1,6 milioni di dollari poco prima della mezzanotte del 20 ottobre 1981. Nella rapina muiono tre persone, due poliziotti e una guardia della Brinks.
Quest’ultimo reato è stato sempre negato da Silvia e i testimoni d’accusa sono stati così deboli da non identificarla bene, come per esempio sbagliando il colore dei suoi occhi.
Al momento dell’arresto Silvia Baraldini ha 34 anni.
Il 15 febbraio 1984 un giudice federale condanna Silvia Baraldini e Sekou Odinga, del gruppo di sinistra Family, a 40 anni di carcere. La sentenza non prevede la possibilità di libertà condizionata e il giudice raccomanda l'espiazione dell'intera pena (per questo motivo, per cinque volte, sono state respinte le richieste di trasferimento in Italia presentate in base alla Convenzione di Strasburgo).
Nelle carceri del Texas, che sono gestite da privati e rappresentano un grande “business” i detenuti vengono pressi a calci, percossi con bastoni elettrici e fatti aggredire dai cani (Informe 1998 Amnesty International). Silvia ha subito tutta questa violenza con l‘aggiunta della negata terapia per la cura di un tumore del quale è affetta.
La punizione eccessiva, il rigore inaccettabile.
La leader nera Assata Sakur, scriverà una lunga lettera al Papa dove denuncerà le violazione dei diritti umani che avvengono nelle carcere degli USA e che scagiona la Baraldini. Lettera che verrà pubblicata da Gianni Mina in uno dei suoi libri.
La prima richiesta di estradizione viene presentata da Giuliano Vassalli nel 1989. La Baraldini deve scontare altri tre anni, che le vengono inflitti dopo il suo rifiuto di testimoniare sul Faln, il Movimento per la liberazione di Puerto Rico, con il quale secondo l'accusa aveva avuto contatti. Per quattro anni Silvia Baraldini viene tenuta in isolamento assoluto nella prigione di massima sicurezza di Lexington.
Nel luglio 1997 il "Parole Board" le nega la libertà condizionata, chiesta per motivi di salute. La decisione è ribadita dal Dipartimento di giustizia Usa nel dicembre scorso.
Il 21 marzo 1998 il ministro della Giustizia Flick chiede al Segretario generale del Consiglio d'Europa Daniel Tarschys di avviare il tentativo di "composizione amichevole", previsto dalla Convenzione di Strasburgo sul trasferimento delle persone condannate.
Davanti al Consiglio d'Europa l'ex ministro della Giustizia Giovanni Conso difende la causa Baraldini. La controparte americana è composta dal direttore per il trasferimento internazionale dei detenuti del dipartimento di Giustizia Charles Brooks.
Il giudizio del Consiglio d'Europa arriva il 10 giugno 1998 con un documento, presentato da Italia, Usa, Regno Unito, Francia, Germania, Belgio, Svezia e Turchia, che delineava il possibile scenario: Silvia Baraldini deve restare in carcere, se trasferita in Italia, al massimo fino al 2012 e al minimo fino al 2005; la pena non può essere ridotta in Italia se non attraverso una grazia presidenziale; a partire da un anno dopo il suo eventuale trasferimento in Italia. La Baraldini può ottenere la semi-libertà e i permessi di qualche giorno fuori dalla prigione solo se gli Usa accompagneranno il suo rientro con "rapporti soddisfacenti" sulla sua condotta nelle carceri americane.
Infine i due viaggi in Usa di D'Alema. Il primo nel marzo scorso, all'indomani del verdetto di assoluzione del pilota della strage del Cermis. L'altro in occasione del vertice della Nato a Washington, con un incontro bilaterale formale sul caso Baraldini.
Dopo anni di lotta e trattative a volte umilianti per i nostri governi, è tornata in Italia a continuare la sua pena in carcere.
Otto mesi dopo, per una complicazione della sua malattia è stata ricoverata in ospedale sotto stretta vigilanza della polizia.
Nell’aprile 2001, grazie a un forte movimento dell’opinione pubblica le vengono concessi gli arresti domiciliari.
Poteva salvarsi di tutte queste sofferenze solo dando agli uomini del FBI il nome de suoi compagni di lotta , lei non lo ha fatto. Difficile giudicare la sua scelta, ognuno di noi fa le sue secondo il contesto sociale in cui vive.
E’ stata condannata a quarantatre anni di carcere per reati che in altre circostanze (se non fossero stati di natura politica) avrebbero accumulato al massimo una pena di 5 anni.
Silvia Baraldini non è sicuramente un’eroina e mai ha cercato di esserlo.
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