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Islam e capitalismo |
gatsby
Reg.: 21 Nov 2002 Messaggi: 15032 Da: Roma (RM)
| Inviato: 17-02-2004 11:36 |
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Banche islamiche: il capitalismo sotto la mezza luna
di Paolo Wilhelm
L'inconfondibile sagoma di uno degli alberghi più lussuosi di Dubai (e del mondo). Gli Emirati Arabi sono uno strano connubio di rigore religioso e capitalismo occidentale
Nate in gran parte nel corso degli anni ’70, oggi gli istituti bancari gestiti secondo la Shari'ah sono attivi in quasi ottanta paesi. Soltanto in Indonesia, il più grande e popoloso tra i paesi musulmani, negli ultimi dieci anni sono state aperte ben 94 banche “islamiche”, e gli stessi istituti di credito “occidentali” hanno inaugurato sportelli, agenzie e divisioni che offrono servizi finanziari che rispettano i dettami del Corano. Un giro d’affari spaventoso, che qualcuno ha calcolato (in difetto) per oltre 250 miliardi di dollari. Ancora più rimarchevole è il tasso di crescita dei movimenti finanziari di queste particolarissime banche, che nel 1982 era di 40 volte inferiore a quello attuale. Un fenomeno da studiare con attenzione, perché a differenza di quanto si è creduto e pensato sino ad oggi, la crescita di questo tipo di istituti di credito non è legata in maniera esclusiva al mercato del petrolio e perché la sempre più numerosa presenza di cittadini di fede islamica anche nei nostri paesi favorirà un veloce sviluppo delle banche islamiche anche in Europa.
Il rapporto tra Islam e capitalismo non è certo dei più semplici. Maometto, prima di ricevere l’illuminazione, era una sorta di mercante-carovaniere, e quindi il il commercio è un’attività rispettata dal Profeta e dal Corano. Ottenere un equo guadagno dalla vendita di “cose” va bene, ma il discorso cambia se i profitti provengono da operazioni finanziarie. La seconda sura del Corano non lascia spazio a dubbi: pur riconoscendo una qualche affinità, per il Libro Sacro dei musulmani i guadagni del commercio sono profondamente diversi da quelli originati dai prestiti. E quest’ultimi sono severamente condannati. Proibita è infatti la riba, parola generalmente (ed erroneamente) tradotta con “usura”. Il suo significato letterale sarebbe “aumento”, ma la sua interpretazione è stata assai diversa a seconda dei luoghi e dei tempi. A grandi linee si possono però individuare due scuole di pensiero: chi intende la riba con ogni forma di interesse fisso e chi invece la recepisce come una meno definibile e quantificabile forma di interesse sproporzionato. Il Corano non contesta il pricipio della remunerazione del denaro dato in prestito, ma rifiuta l'aspetto predeterminato di quello che noi chiamiamo interesse, poiché ha delle pesanti ripercussioni nel campo dell’equità e offre un potenziale sfruttamento nei confronti del debitore. Una concezione che fa a pugni con alcuni dei principi-cardine del capitalismo. Una visione non dissimile da quella del Cristianesimo, anche se oggi tendiamo a dimenticarcene in favore di una sorta di un ineludibile “lungo cammino” che dal baratto ci ha portati al libero mercato. E infatti il Corano invita a a una ripartizione di rischi e guadagni tra creditore e debitore che sia più equa possibile. Ma non solo: fondamentale è poi quella che gli economisti chiamano “dimensione caritativa”. Ogni banca o istituto di credito deve avere dei “fondi di zakat” che hanno come unico scopo la lotta alla povertà. Altro capitolo importante è poi quello delle donazioni, che ogni istituto bancario deve elargire con costanza. E ovviamente le banche non devono (dovrebbero) investire in mercati considerati immorali dalla religione islamica, come la pornografia.
Le discussioni teologico-economiche all’interno dello stesso mondo islamico sono all’ordine del giorno. Impossibile dar conto di tutte le differenze regionali – anche all’interno di uno stesso paese – tra banca e banca. Il fatto di vivere in un mondo sempre più globalizzato costringe poi gli istituti di credito a cercare delle scappatoie o vie nuove per affrontare mercati non islamici rimanendo però il più possibile all’interno della morale musulmana. Il primo istituto bancario musulmano vero e proprio fu la Banca islamica di sviluppo, creata nel 1974 dall’Organizzazione della conferenza islamica per cercare di gestire il boom del prezzo del petrolio e nel pieno della diffusione delle idee panislamiche. Un anno più tardi nesceva la Dubai Islamic Bank, la prima banca privata musulmana. Il primo paese a “islamizzare” l’intero settore bancario fu il Pakistan nel 1979, seguito nel 1983 da Iran e Sudan. La prima banca occidentale ad aprire uno sportello “islamico” è stata invece la Citibank di Dubai, nel 1995. Paradossi e differenze sono assai diffusi, e forse non potrebbe essere altrimenti. Ad ogni modo tutti gli istituti di credito non pagano interessi sui depositi ma incassano invece una piccola percentuale sugli utili prodotti dall’attività finanziata. Il clima di scontro con il mondo occidentale del post 11 Settembre paradossalmente favorirà lo sviluppo delle banche islamiche, che però hanno estimatori anche tra gli economisti “capitalisti”: secondo molti esperti proprio la quasi totale assenza di ogni forma di interesse è un freno formidabile per la crescita dell’inflazione, mentre la dimensione religioso-morale è un viatico contro speculazioni di ogni sorta e favorisce l’assistenza a progetti nel medio e lungo periodo.
_________________ Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è |
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RICHMOND
Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 19-02-2004 16:36 |
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questo m fa pensare quanto siano iposcriti e criminali i leader musulmani come bin laden.
_________________ L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post. |
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