Autore |
Notizie dal fronte |
Futurist
 Reg.: 30 Giu 2005 Messaggi: 1290 Da: firenze (FI)
| Inviato: 15-12-2005 15:23 |
|
quote: In data 2005-12-15 14:22, honecker scrive:
quote: In data 2005-12-15 09:01, Futurist scrive:
quote: In data 2005-12-14 20:46, honecker scrive:
I soldati italiani erano già in Iraq prima della risoluzione 1511, almeno dal giugno 2003.
Sono stati presenti in Iraq al servizio della forza occupante prima di essere forza ONU.
|
Il primo invio dei soldati in Iraq avvenne sotto proposta del segretario dell'ONU in attesa di una legittimazione formale
|
Quindi al di fuori di qualsiasi legittimazione ufficiale: in Iraq ci stavamo già e Antica Babilonia fu pensata e programmata ben prima di qualsiasi parere o proposta che non fosse statunitense. La decisione di inviare soldati italiani è stata presa con il consenso dell'amministrazione Bush e non con quello delle Nazioni Unite.
Non siamo stati chiamati o invitati dal governo iracheno: zio Sam ha fatto un fischio e fufi è arrivato...
|
Ah, ah, ah!! Come sei esilarante... è deltutto irrilevante se in un primo momento non c'era un'autorizzazione formale dell'ONU, come non c'era una condanna formale.
A me interessa solo osservare che nel diritto internazionale per usare l'esercito non ci vuole certo il consenso dell'ONU... tuttavia le varie opposizioni alla guerra hanno chiesto all'ONU di giudicare ufficiosamente l'operato della coalizione ed è stata riconosciuta una legittimazione assoluta per chi oggi si trova in Iraq.
Si può dire che in quella occasione la coalizione fu messa sotto processo per poi essere assolta totalmente da ogni accusa. Continuare ad insistere sull'illegittimità della presenza italiana in iraq significa semplicemente mentire. |
|
honecker
 Reg.: 31 Gen 2005 Messaggi: 626 Da: Pankow (es)
| Inviato: 18-12-2005 14:22 |
|
quote: In data 2005-12-15 15:23, Futurist scrive:
quote: In data 2005-12-15 14:22, honecker scrive:
quote: In data 2005-12-15 09:01, Futurist scrive:
quote: In data 2005-12-14 20:46, honecker scrive:
I soldati italiani erano già in Iraq prima della risoluzione 1511, almeno dal giugno 2003.
Sono stati presenti in Iraq al servizio della forza occupante prima di essere forza ONU.
|
Il primo invio dei soldati in Iraq avvenne sotto proposta del segretario dell'ONU in attesa di una legittimazione formale
|
Quindi al di fuori di qualsiasi legittimazione ufficiale: in Iraq ci stavamo già e Antica Babilonia fu pensata e programmata ben prima di qualsiasi parere o proposta che non fosse statunitense. La decisione di inviare soldati italiani è stata presa con il consenso dell'amministrazione Bush e non con quello delle Nazioni Unite.
Non siamo stati chiamati o invitati dal governo iracheno: zio Sam ha fatto un fischio e fufi è arrivato...
|
è deltutto irrilevante se in un primo momento non c'era un'autorizzazione formale dell'ONU, come non c'era una condanna formale.
|
E' due pagine di post che portate a sostegno della posizione italiana in Iraq una risoluzione ONU arrivata dopo che gli italiani in Iraq c'erano già, AL DI FUORI DI OGNI LEGITTIMAZIONE, a fianco delle forze occupanti anglo-americane.
E' irrilevante il fatto che l'autorizzazione dell'Onu sia arrivata dopo: siamo andati in Iraq a sostegno di una guerra di invasione (che continua), non in missione di pace, come continuate a credere e a farci credere ormai da un paio d'anni.
_________________ Popolo, Patria, Socialismo |
|
Futurist
 Reg.: 30 Giu 2005 Messaggi: 1290 Da: firenze (FI)
| Inviato: 18-12-2005 15:51 |
|
E va bene, se ti fa piacere chiamarla così. Ovviamente il nome della missione è solo un problema di forma... la sostanza però rimane. Per quanto mi riguarda puoi anche chiamarla missione di nichilismo satanista... gli italiani sono lì per una giusta causa (riconosciuta come tale dall'ONU) e questo non lo puoi cambiare neanche con un miliardo di post. |
|
honecker
 Reg.: 31 Gen 2005 Messaggi: 626 Da: Pankow (es)
| Inviato: 18-12-2005 20:39 |
|
quote: In data 2005-12-18 15:51, Futurist scrive:
gli italiani sono lì per una giusta causa
|
Se la giusta causa è la lotta al terrorismo o la "pacificazione" dell'Iraq, stanno fallendo completamente: 30000 e passa civili morti, un patrimonio archeologico vecchio di secoli devastato, gente che continua a saltare in aria ogni giorno.
I leadears di Al Qaeda in combutta con Saddam li avete presi?
E le armi di distruzione di massa le avete trovate?
E Zarkawi che doveva essere nascosto a Falluja, che hanno gassato col fosforo bianco, che fine ha fatto?
Gli italiani sono lì per difendere gli interessi americani, sperando di guadagnare qualche briciola della torta che si stanno spartendo.
_________________ Popolo, Patria, Socialismo |
|
honecker
 Reg.: 31 Gen 2005 Messaggi: 626 Da: Pankow (es)
| Inviato: 19-12-2005 17:24 |
|
Intanto alti gerarchi del Partito Fasc... - pardon- ...Baath vengono liberati dagli americani:
An Iraqi lawyer said Monday that about 24 former top officials in Saddam Hussein's government have been released from jail in Iraq, and some have left the country.
A legal official in Baghdad said Rihab Taha, known as "Dr. Germ," and Huda Salih Ammash, known as as "Mrs. Anthrax," were among those released. Iraqi officials did not immediately confirm the information.
_________________ Popolo, Patria, Socialismo |
|
honecker
 Reg.: 31 Gen 2005 Messaggi: 626 Da: Pankow (es)
| Inviato: 25-12-2005 12:30 |
|
Trentacinque gruppi politici iracheni di estrazione sunnita, sciita e laica hanno respinto ieri i risultati - ancora parziali - delle elezioni legislative del 15 dicembre, denunciando i brogli di cui si sarebbero rese responsabili le milizie dei partiti sunniti e sciiti filo-Usa e filo-Iran al governo, minacciando di boicottare i lavori del nuovo parlamento e chiedendo l'apertura di un'inchiesta internazionale sulle elezioni farsa del quindi dicembre. In un comunicato congiunto i gruppi dell'opposizione chiedono che l'inchiesta sia condotta da una Commissione con poteri assai vasti e in grado di convocare nuove elezioni: «Noi respingiamo totalmente i risultati falsificati delle elezioni e chiediamo un loro annullamento». I trentacinque movimenti e partiti chiedono poi l'apertura di un'inchiesta sulle «violazioni e sulle irregolarità che hanno inquinato il processo elettorale». Il comunicato fa quindi appello alla costituzione di una «Conferenza nazionale» che designi un'«Assemblea nazionale popolare» che sia «in sintonia con gli iracheni» e che quindi sia in grado di organizzare nuove elezioni credibili e obiettive. Se le richieste dei 35 gruppi venissero respinte, si legge infine nel comunicato, non resterebbe «altra scelta che di boicottare il prossimo Parlamento», che rischia di portare ad un «inasprimento della spirale della violenza e della lotta sanguinosa» e di «minacciare la stessa esistenza dell'Iraq, l'integrità del suo territorio e l'unità del suo popolo».
I gruppi autori della dura presa di posizione comprendono le principali formazioni politiche sunnite e l'alleanza all'ex premier (sciita laico e moderato) Iyad Allawi. Il nuovo coordinamento - secondo il quale la vittoria sarebbe andata, con un'ampia maggioranza dei 275 seggi del parlamento, alla coalizione di governo ed in particolare alla lista unitaria sciita, filo-Usa e soprattutto filo-Iran, e alla lista unitaria curda - è stato fondato dopo due giorni di dibattito a Baghdad presso la sede della lista guidata dall'ex premier Iyad Allawi. Alla riunione hanno partecipato, oltre alla lista Allawi e a quella che riunisce i gruppi sunniti, anche altre formazioni politiche minori che si sono presentate alle elezioni e che contestano il risultato dalla commissione elettorale. «Abbiamo trovato un accordo nella richiesta di ripetere le elezioni nei seggi dove abbiamo denunciato la presenza di brogli - ha affermato il portavoce della lista Allawi, Ibrahim al-Janabi - terremo domani, dopo la preghiera islamica del venerdì, una manifestazione pacifica di protesta e presenteremo il nuovo raggruppamento che si chiama "Congresso di chi respinge le false elezioni». Al centro di questo drammatico braccio di ferro è il capo della commissione elettorale irachena, Farid Ayyar, che ieri avrebbe chiesto al premier Ibrahim al-Jaafari di poter andare in pensione. Non è chiaro se queste dimissioni siano un atto di accusa nei confronti del governo stesso o un modo per assolvere l'esecutivo dalle proprie responsabilità.
In questa difficile situazione sono giunti ieri in Iraq il segretario alla difesa Usa Donald Rumsfeld e il premier britannico Tony Blair. Il primo ha annunciato una riduzione delle truppe Usa, da 158.000 a 138.000 - lo stesso numero di soldati di gran parte del 2005 - e il secondo una riduzione del contingente britannico a partire a metà del 2006. Rumsfeld inoltre, parlando con i giornalisti sull'aereo che lo portava in Iraq, ha sostenuto che il processo politico avviato in Iraq con le elezioni dello scorso 15 dicembre «prenderà dl tempo», come anche la sconfitta degli insorti, e ha aggiunto che un eccessivo coinvolgimento degli Stati Uniti finirebbe per «alimentare l'insurrezione».
_________________ Popolo, Patria, Socialismo |
|
honecker
 Reg.: 31 Gen 2005 Messaggi: 626 Da: Pankow (es)
| Inviato: 15-01-2006 12:23 |
|
Pakistan condanna attacco villaggio
Convochera' ambasciatore Usa per raid anti terrorismo
14-01-2006 15:19
(ANSA) - ISLAMABAD, 14 GEN - Il Pakistan ha condannato oggi l'attacco aereo americano contro un villaggio vicino al confine con l'Afghanistan. Il raid, secondo fonti di intelligence Usa, mirava a uccidere il 'numero due' di al Qaida, al Zawahri. Il governo deplora la perdita di vite di civili. Il Pakistan ha detto che si appresta a convocare l'ambasciatore Usa. 'Al Zawahri non si trovava nel luogo dell'attacco americano', ha detto un alto funzionario pachistano.
"Al Zawahri sta in quel villaggio.
Bombardiamolo!!!"
Al Zawahri ovviamente non l'hanno preso.
Hanno ammazzato civili innocenti (ovviamente).
Ma che differenza c'è fra questi attacchi e l'11 settembre?
Il Pakistan è un paese alleato degli USA: dobbiamo cominciare a preoccuparci anche noi? E il governo pachistano non sapeva nulla di questi attacchi (ne dubito: probabilmente siamo di fronte ad una pantomima ben orchestrata)?
_________________
Popolo, Patria, Socialismo
[ Questo messaggio è stato modificato da: honecker il 15-01-2006 alle 12:24 ]
[ Questo messaggio è stato modificato da: honecker il 15-01-2006 alle 12:33 ]
[ Questo messaggio è stato modificato da: honecker il 15-01-2006 alle 12:33 ]
[ Questo messaggio è stato modificato da: honecker il 16-01-2006 alle 19:15 ] |
|
honecker
 Reg.: 31 Gen 2005 Messaggi: 626 Da: Pankow (es)
| Inviato: 27-01-2006 16:49 |
|
VOTO PALESTINA: RIVOLUZIONE ELETTORALE, VITTORIA A HAMAS
Hamas rivendica la maggioranza assoluta dei seggi nel nuovo Consiglio Legislativo, il Parlamento palestinese, dopo le elezioni di ieri. Un colpo di scena dopo i primi dati di ieri. Una svolta politica destinata a provocare profonde conseguenze sullo scenario internazionale. Il capolista del gruppo radicale, Ismail Haniyah, afferma che, sulla base dei primi risultati dello spoglio, il Movimento di Resistenza Islamico ha conquistato "piu' del 70% dei seggi a Gaza e in Cisgiordania", e dunque "oltre il 50% dei voti". Altre fonti di Hamas nella Striscia di Gaza hanno parlato di almeno 43 seggi conquistati sui 66 in palio nei collegi uninominali, e di "oltre il 45%" degli altri, assegnati attraverso il voto di lista: combinando i due dati, si arriverebbe a 75 seggi in tutto, dunque a circa la meta' tra quanti ne conta il Consiglio Legislativo palestinese. Un successo ben al di la' delle pur buone aspettative, se confermato ufficialmente, e che porrebbe Hamas nelle condizioni di dare vita al nuovo governo dell'Anp, strappando a 'Fatah' un predominio indiscusso e ultra-decennale. Gli exit poll continuano a dare in vantaggio 'al-Fatah', il partito del presidente dell'Autorita' Nazionale Palestinese, Abu Mazen: 'Fatah', che non disporrebbe comunque della maggioranza assoluta, avrebbe ottenuto 58 seggi sui 132 in palio, contro i 53 andati ad Hamas. Haniyeh non ha specificato quante siano le schede gia' conteggiate, ma Adnan Asfur, portavoce del movimento a Nablus, ha confermato che ha gia' ottenuto oltre una cinquantina di seggi. "Hamas ha sconfitto 'Fatah'", ha riconosciuto in via riservata un alto funzionario. ()
_________________ Popolo, Patria, Socialismo |
|
Quilty
 Reg.: 10 Ott 2001 Messaggi: 7637 Da: milano (MI)
| Inviato: 11-03-2006 18:56 |
|
|
honecker
 Reg.: 31 Gen 2005 Messaggi: 626 Da: Pankow (es)
| Inviato: 13-05-2006 15:50 |
|
WASHINGTON - Anzitutto la successione dei fatti, incredibili, se non li avesse denunciati la sezione britannica di Amnesty International.
Il ministero della Difesa americano (il Pentagono di Rumsfeld) ha inviato in Iraq 200 mila Kalashnikov.
Le armi, un centinaio di tonnellate, risultano provenire dalla Bosnia, ed erano conservate là in una base USA.
Ufficialmente, erano destinate ad armare la «nuova» polizia irachena.
Però la spedizione è segreta.
Amnesty International ritiene che i voli - sono occorsi ben quattro aerei da carico - siano avvenuti tra il luglio 2004 e il luglio 2005.
Ma i controllori di volo di Baghdad non trovano traccia di questi atterraggi.
Una volta arrivati a destinazione, i 200 mila mitragliatori d'assalto svaniscono nel nulla.
Ora, si ritiene che siano in qualche modo caduti nelle mani «dei terroristi di Al Qaeda»! in Iraq.
I comandi USA in Iraq cadono dalle nuvole.
«Non sappiamo di nessuna spedizione di armi dalla Bosnia», né di alcun acquisto di armi da parte dell'Iraq.
Un portavoce della NATO sospira: «non disponiamo di procedure di rintracciabilità per garantire che le armi non passino nelle mani sbagliate»
Del resto, altro sospiro, il Pentagono ammette di aver smarrito o perduto di vista, in Iraq, materiale di ogni tipo per circa 400 milioni di dollari.
E' già successo che sia scomparso (sospiro, sospiro) un precedente carico di 1500 kalashnikov.
E' un caso d'incuria?
Non proprio.
Come nota il Daily Mirror (1), «benchè l'ordinativo sia partito dal ministero della Difesa USA, l'operazione è stata condotta attraverso una complessa rete di mediatori d'armi privati sotto contratto» del Pentagono.
Purtroppo, non vengono riferiti i dettagli su questa complessa rete di privati.
Salvo uno: la compagnia aerea che ha ricevuto dal Pentagono il contratto per il trasporto delle armi è la Aerocom.
Una ditta della Moldavia già da mesi denunciata dall'ONU per traffici d'armi soprattutto in Africa, era stata per questo privata delle licenze dal governo moldavo.
Quando?
Un giorno prima del primo volo delle spedizioni.
Per ricapitolare: il Pentagono sente l'urgenza di inviare in Iraq la sola merce di cui il Paese occupato non manca e non ha bisogno.
Per farlo, usa non i suoi aerei e i suoi propri ufficiali responsabili, ma «una rete» di mercanti d'armi privati a noleggio.
Fra questi mercanti, ce n'è almeno uno che agiva in piena illegalità, privato persino delle licenze di volo da un governo non proprio scrupoloso come la Moldavia.
E quando si cerca su internet «Aerocom», accanto al nome di questa compagnia spunta fuori, continuo ed inevitabile, il nome di Victor Bout.
Victor Bout è uno dei principali mercanti d'armi del mondo.
E un super-ricercato.
Ex agente del KGB, è oggi un socio del Mossad.
Il che non stupirà, perché l'intero traffico mondiale delle armi è, se non controllato, almeno infiltrato dalle spie ebree, anche a scopo di autofinanziamento: le armi si pagano in droga o in diamanti, e il Mossad ha le mani in pasta in tutte queste attività clandestine.
Victor Bout ha fatto molti affari in Africa, rompendo sistematicamente i divieti con cui l'ONU cercava di frenare la fornitura di armi alle varie e orrende guerriglie africane.
Ma è ricercato con mandato internazionale per aver armato, secondo gli stessi americani, «Al Qaeda» e i Talebani.
Nonostante i numerosi mandati di cattura che pendono sul suo capo, Bout risiede senza noie a Mosca, sotto «altissime protezioni» della mafia ebraica, i cosiddetti «oligarchi».
Ma dei servizi di questo gangster si è avvalso anche il governo britannico.
Il Dipartimento per lo Sviluppo Internazionale, un ministero di Tony Blair, ha spedito «rifornimenti» non meglio identificati in Iraq attraverso la Jet Line International, un'altra compagnia aerea che, secondo gli investigatori USA, è collegata a Victor Bout.
Pagando per ogni volo 42 mila sterline.
Ma c'è di più: dall'aprile scorso, di Victor Bout si sta occupando anche Patrick Fitzgerald, il magistrato americano che indaga sul caso Valerie Plame.
Cioè dell'agente della CIA di altissimo livello, e moglie di un ambasciatore americano, che era in missione segreta ed è stata «bruciata» da qualcuno che, dentro la Casa Bianca, ne fece il nome ai giornalisti.
Fizgerald cerca appunto di capire chi fu a spifferare il nome di Valerie Plame (ha già incastrato «Scooter» Libby, braccio destro di Bush) e per quale motivo.
Fino ad ora si riteneva che la causa fosse la volontà di vendetta del vicepresidente Cheney contro il marito della Plame, Lawrence Wilkinson: costui, al tempo braccio destro di Colin Powell, mandò a monte la storia (elaborata da Wolfowitz e Cheney) secondo cui Saddam si era rifornito di uranio dal Niger, comprovandone la falsità.
Ma ora emerge un altro motivo.
Valerie Plame, al tempo dell'attacco USA a Saddam, si trovava allora in Turchia, dove guidava un gruppo di informatori ed agenti che avevano il compito di bloccare il contrabbando di armi particolarmente pericolose, come le testate nucleari ex-sovietiche che, mal sorvegliate in Ucraina, potevano finire in mano ai terroristi.
Ebbene, in quella missione la Plame e i suoi collaboratori riuscirono a sventare un piano per «impiantare» imprecisate armi di distruzione di massa (uranio? Gas nervini?) nell'Iraq occupato: un piano evidentemente messo in atto dalla stessa Amministrazione USA per giustificare almeno a posteriori l'invasione.
L'esecuzione di quel piano sventato era stata affidata, guarda caso, a Victor Bout.
O almeno così sospetta Patrick Fitgerald, evidentemente su indicazioni della stessa Plame da lui interrogata.
Questo sarebbe il motivo della vendetta che la Casa Bianca si prese contro l'agente segreta della CIA, colpevole di aver fatto troppo bene il suo mestiere (2).
Così il cerchio si chiude.
Victor Bout, agente o uomo di mano del Mossad, è utilizzato dall'Amministrazione Bush per vari tipi di operazioni clandestine e innominabili, che hanno al centro delle armi.
Possiamo immaginare il resto: i 200 mila Kalashnikov sono andati ad armare o la fantomatica «Al Qaeda in Iraq» guidata da un Al-Zarkawi di cui lo stesso Pentagono ha ammesso di aver esagerato il ruolo, o i curdi, oppure le bande che provocano assassini e massacri con l'intento palese di innescare la guerra civile tra sunniti e sciiti.
Questo spiega anche perché Bush abbia assoggettato la CIA, troppo autonoma ed abile, ad una purga massiccia, ed abbia messo alla guida dell'Agenzia un politicante suo compare come Porter Goss, egli stesso agente della CIA ai tempi in cui a guidare la CIA era Bush padre, e che per quella CIA fece lavori sporchi in Sudamerica; e perché oggi la Casa Bianca consegni
la CIA in mano al generale Hayden, uomo dei segreti più sporchi (viene dalla NSA, una sorta di super-spionaggio interno) e soprattutto, uomo del Pentagono.
Aggiungiamo un piccolo particolare.
Sembra che Victor Bout avesse «legami diretti» con la Urban Moving System: la ditta di traslochi di cui quattro o cinque scaricatori furono visti, il giorno 11 settembre, fotografarsi a vicenda avendo sullo sfondo le Twin Towers in fiamme, con le dita alzate a «V» come vittoria, sorridenti ed esultanti.
Una cameriera messicana li notò, perché questi individui che si fotografavano si erano vestiti «da arabi».
E annotò la targa del loro autocarro da traslochi, appunto della Urban Moving System.
Arrestati dalla polizia di New York, questi personaggi risultarono essere tutti giovani israeliani con addestramento nei servizi d'intelligence militare d'Israele (uno era figlio di un generale israeliano).
La polizia di New York li dovette consegnare all'FBI, che li espulse con la motivazione che avevano sui passaporti visti scaduti.
Sottraendoli così ad ulteriori indagini (3).
Se un giorno ci sarà mai un processo di Norimberga contro i criminali che hanno preso il potere negli Stati Uniti, la ricostruzione di questa vicenda sarà essenziale per portare al patibolo i colpevoli.
Speriamo che Valerie Plame sopravviva tanto da testimoniare.
Che non scompaia in qualche incidente.
Maurizio Blondet
Note
1) «Have 200,000 AK47s fallen into the hands of Iraq terrorists?», Daily Mirror, 10 maggio 2006.
2) Tom Henegan, «Patrick Fitzgerald, Special Counsel investigating the Valerie Plame Leak Case has expanded his investigation», Stewweb, 1 aprile 2006.
3) Di tutta la vicenda ho parlato in «11 settembre, colpo di Stato in USA», Effedieffe, 2002.
Copyright © - EFFEDIEFFE - all rights reserved.
_________________ Popolo, Patria, Socialismo |
|
honecker
 Reg.: 31 Gen 2005 Messaggi: 626 Da: Pankow (es)
| Inviato: 13-05-2006 15:52 |
|
600 Ugandans reportedly abused while working in Iraq
www.chinaview.cn 2006-05-12 19:18:16
KAMPALA, May 12 (Xinhua) -- A senior U.S. officer has been working to restore the morale of some 600 Ugandan guards, most of them serving abroad for the first time, following the allegations that they were sexually abused while working with the U.S. forces in Iraq.
Some of the Ugandan recruits at Alasad Airbase, northwest of Iraq, one of the biggest U.S. fortresses, were allegedly sodomized by foreign soldiers and admitted at the Gettysburg health facilityinside the fortress, according to a report of Daily Monitor on Thursday.
Sources said two Ugandans, Enock Bashaija and Geoffrey Kawuka, slipped into a coma due to brutal assaults at the hands of foreign officers at Alasad Airbase after they queried terms of the contract.
Ugandans would have gone on strike to protest the beatings of Bashaija and Kawuka, if it has not been intervened by Fred Lynch, the retired Commanding Officer of the US army at the airbase and Paul Hegue, the executive officer of SOC-SMG, a private security management firm that manages the airbase, according to the report.
But the United States embassy in Kampala could not confirm or deny the allegations emerging out of Iraq involving Ugandans.
"We cannot comment; only the Defense Department (in Washington) can answer those questions," Ms Alyson Grunder, the US embassy spokesperson told the paper.
Documents obtained from sources in Iraq and Kampala said all is not rosy between Ugandans and the private firms contracted by the U.S. government to recruit them. Ugandans are unhappy that after leaving Uganda they are forced to change from one contractor to another, some reported to be middlemen.
Ugandans guard U.S. military bases, oil fields, airports, highways, towns water and electricity installations among others under multinational forces to pacify the volatile Iraq.
Ugandan employees can earn 1,000 U.S. dollars with 100 dollars deducted at source as out of pocket allowance, leaving 900 dollars which is wired to their accounts back home, while laborers from other countries doing similar work get 4,000 dollars with allowances.
As a result of grumbling and unrest in camp, authorities have so far deported 15 Ugandans from Camp Victory and Camp Gettysburg,all in Alasad Airbase, accusing them of being the ringleaders of the uneasiness at the base.
American guards have in the past engaged in sadistic abuses against Iraqi detainees but these only came to light after the photos were exposed in the media. Enditem
_________________ Popolo, Patria, Socialismo |
|
honecker
 Reg.: 31 Gen 2005 Messaggi: 626 Da: Pankow (es)
| Inviato: 13-05-2006 15:54 |
|
[ Questo messaggio è stato modificato da: honecker il 22-05-2006 alle 11:31 ] |
|
honecker
 Reg.: 31 Gen 2005 Messaggi: 626 Da: Pankow (es)
| Inviato: 13-05-2006 15:54 |
|
L’altro genocidio
Maurizio Blondet
11/05/2006
IRAQ - Circolano sul web foto orribili di bambini abortiti in Afghanistan e Iraq.
Corpicini senza occhi o con tumori al posto degli occhi, con gli organi interni sviluppatisi fuori dal corpo, senza arti, con enormi cancri fetali (1).
E' l'uranio impoverito dei proiettili americani, naturalmente.
«I bambini non nati della regione pagano il prezzo più alto, l'integrità del loro DNA», dice Ross Mirkarimi, di un'associazione chiamata Arms Control Research Center.
«Le particelle di uranio impoverito ingestite causano mille volte i danni da raggi X», dice Mary Olson, biologa ed esperta del trattamento di rifiuti nucleari al Nuclear Information and Resource Service di Washington.
Il Japan Times ha raccontato di una delegazione di tecnici giapponesi che hanno studiato nel 2003 gli effetti dell'uranio impoverito nell'Iraq meridionale.
Hanno visitato un ospedale locale che ricoverava fino a 600 bambini al giorno per avvelenamento da radiazioni; molti morivano rapidamente.
Nello stesso 2003 il dottor Jawad Al-Ali, primario del centro oncologico principale di Bassora, ha detto in un'intervista: «avvengono strani fenomeni che non ho mai visto prima. Il primo è il caso di pazienti con doppio e triplo cancro, per esempio con leucemia e cancro allo stomaco. Abbiamo avuto un paziente con due tumori, allo stomaco e a un rene; mesi dopo, ha sviluppato un cancro nell'altro rene: un cancro primario» [non una metastasi dei precedenti].
«Il secondo fenomeno è la comparsa di casi di cancro in intere famiglie. Abbiamo qui 58 famiglie in cui più di una persona ha il cancro. Il dottor Yasin, un nostro chirurgo, ha due zii, una sorella e un cugino colpiti da tumore. Il dottor Mazen, un altro nostro specialista, ha sei familiari che lottano col cancro. Mia moglie ha nove membri cancerosi nella sua famiglia».
Ha aggiunto il dottore: «i bambini sono specialmente suscettibili all'intossicazione da uranio impoverito. Hanno un tasso di assorbimento molto maggiore, perché il loro sangue sta costruendo le ossa, e perchè hanno molto più tessuto molle. I tumori ossei e la leucemia sono quelli che li colpiscono di più. Prima, solo di rado vedevamo un bambino leucemico
prima dei 12 anni di età».
Alla domanda se aveva riferito i dati epidemiologici al ministero della Sanità del nuovo governo iracheno, l'oncologo ha risposto: «quando sono andato a parlare con quella gente, mi hanno accusato di diffondere propaganda pro-Saddam anche prima della guerra. A volte ho paura anche di parlare. Mi hanno portato via i dati… I kuwaitiani mi hanno rifiutato
il visto per il Kuwait; dicono che siamo sostenitori di Saddam» (2).
Nuha Al-Radi, nota scrittrice irachena e autrice di un libro di successo («Baghdad Diaries», uscito nel 2004) scriveva: «sembra che tutti stiamo morendo di cancro. Ogni giorno si sente di un conoscente o di un amico, o di l'amico di un amico, che sta morendo. Quanti muoiono negli ospedali, senza che lo sappiamo? Sembra che più del trenta % degli iracheni abbia il cancro, e ci sono tanti bambini con la leucemia».
Nel settembre del 2004 la scrittrice è morta di leucemia.
Nuha Al-Radi scriveva quelle parole nel suo diario del 1993, dopo la prima «guerra del golfo», quando le forze americane avevano lanciato «solo» 300 tonnellate di proiettili DU (Depleted Uranium) per lo più in aree desertiche.
Nella seconda guerra del Golfo, si stima ne abbiano lanciato 1.700 tonnellate, e per lo più nelle città.
Le cifre sono puramente ipotetiche.
Scrive il dottor Ahmad Hardan, consulente dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)oltre che del ministero della Sanità iracheno: «le forze americane ammettono di aver usato 300 tonnellate di armi DU nel 1991. La cifra vera è vicina alle 800. Ciò ha causato una crisi sanitaria che coinvolge almeno un terzo di milione di persone. E se non bastasse, gli americani nella recente invasione hanno usato altre 200 tonnellate di DU nella sola Baghdad. Quanto alle altre parti dell'Iraq, non conosco la situazione, ci vorranno anni per documentarla».
Il dottor Hardan ha chiesto aiuto ai colleghi giapponesi, necessariamente specialisti degli effetti delle radiazioni: «ero riuscito a far invitare una delegazione dell'ospedale di Hiroshima, per farci spiegare il tipo di malattie radiologiche che avremmo dovuto affrontare col tempo. La delegazione poi mi ha risposto che gli americani avevano fatto obiezione, e così non venivano. Un famoso cancerologo tedesco aveva accettato di venire, ma gli è stato negato il visto d'entrata in Iraq».
Dunque non solo i governanti americani sono ben coscienti dello sterminio che le loro bombe provocano tra i popoli «liberati» e tra i loro stessi soldati, ma deliberatamente sopprimono la verità sul loro crimine.
E' esemplare il caso del dottor Asaf Durakovic, americano.
Docente di radiologia alla Georgetown University, era colonnello dell'esercito USA nel 1997, quando fu ufficialmente incaricato dal Pentagono di studiare gli effetti della radioattività sui reduci della prima guerra del Golfo; e più tardi, di condurre ricerche sul terreno in Iraq.
Alla fine, gli è stato prima intimato di non rendere pubblici i dati delle sue indagini; poi è stato licenziato, infine la sua abitazione è stata saccheggiata, e lui dice di aver ricevuto minacce di morte. Oggi dirige un centro chiamato Uranium Medical Research Center, che vive di donazioni ed ha sede, prudentemente, in Canada.
«L'Amministrazione dei reduci [l'ente di previdenza militare USA] mi aveva chiesto di mentire sui rischi dell'incorporare nel corpo umano l'uranio impoverito», dice.
«Non vogliono ammettere il crimine di guerra che hanno commesso».
Che cosa ha scoperto Durakovic?
Anzitutto ha studiato i membri della 442ma compagnia di polizia militare, molti dei quali presentavano sintomi gravi dopo essere stati per due mesi nella cittadina irachena di Samawah, nel 2003.
Il corpo, formato per lo più da poliziotti di New York, vigili del fuoco e agenti di custodia, che aveva svolto operazioni di scorta a convogli, di gestione di prigioni e di addestramento dei poliziotti iracheni, presentava un altissimo livello di malattie.
«Risultati stupefacenti, se si pensa che questi erano poliziotti militari, non esposti ai combattimenti», dice Durakovic.
Nella prima guerra del Golfo hanno servito 580.400 soldati USA.
I feriti furono allora solo 467.
Ma nel 2000, ben 325 mila di questi reduci - partiti giovani e sani per la guerra dieci anni prima - soffrono di malattie invalidanti, e 11 mila sono morti: il 56% dei soldati partiti nel '91 hanno problemi medici gravi.
In un gruppo-campione di 250 reduci della prima Guerra del Golfo, il 67% hanno generato bambini con difetti genetici, o aborti malformati (3).
Nell'ottobre 2003, Durakovic è andato in Iraq per tre settimane: ha raccolto oltre cento campioni di terreno, di urine di civili, di tessuti da corpi di soldati iracheni in dieci città, fra cui Baghdad, Bassora e Najaf.
«I livelli di radioattività sono migliaia di volte superiori al normale», dice.
Nell'autunno del 2002, il gruppo di Durakovic aveva già fatto gli stessi rilievi in Afghanistan.
Il 30 % degli afghani intervistati aveva sintomi di malattie da radiazioni.
I vecchi dei villaggi gli hanno parlato di un 25% dei bambini inesplicabilmente malati.
«Il nostro gruppo è rimasto sgomento dalla vastità degli effetti coincidenti con i bombardamenti, Senza eccezione, in ogni sito che era stato assoggettato ai bombardamenti e da noi visitato, ci sono malati. Una parte significativa della popolazione presenta sintomi coerenti con la contaminazione interna da uranio»: una specie di maligna influenza, con sanguinamenti dal naso e muco insanguinato, dolori alle articolazioni e ai reni.
Molti dei giovani reduci americani non riescono più a camminare.
L'Atomic Energy Authority, ente ufficiale del governo britannico, valuta che l'uranio impoverito abbia causato nella prima guerra del Golfo «500 mila decessi in più» rispetto agli atti bellici.
E nella seconda guerra, «Iraqi Freedom», valuta che le morti aggiuntive potenziali possano toccare i 3 milioni: ossia l'11 % di tutta la popolazione irachena.
Gli effetti dell'uranio impoverito sono ben noti da anni alle autorità statunitensi.
Nel 1970, quando particelle di DU sfuggirono dalla fabbrica di proiettili «National Lead Industries» di Albany, N.Y., e furono trovate dal dottor Leonard Dietz, un fisico nucleare, nei filtri del suo laboratorio a 35 chilometri di distanza, la fabbrica fu chiusa d'urgenza, e furono avviate operazioni di decontaminazione costate 100 milioni di dollari.
Un vecchio studio della Rand Corp.
Sui minatori già aveva appurato che era l'estrema piccolezza delle particole di DU a produrre le devastazioni peggiori.
Il minerale di uranio inalato dai lavoratori nelle miniere è composto di particelle di dimensioni grosse, che vengono completamente escrete entro 24 ore.
Ma il DU, quando colpisce il bersaglio, si polverizza in particelle inferiori ai 10 micron, pari al particolato del fumo di sigaretta: viene perciò inalato con facilità.
E da quel momento rimane nell'organismo per decenni, sciogliendosi lentamente nel tessuto linfatico e disperdendosi nella circolazione sanguigna.
Il decadimento di questo finissimo materiale radioattivo (che ha un'emivita di 4,7 milioni di anni) produce nel corpo 26 emissioni radioattive al secondo, ossia 800 milioni l'anno.
Ciò causa «un milione di volte più danni genetici di quello che ci si aspetterebbe dalla radiazione in sé», ha scritto in un rapporto del 2001 Alexandra Miller, del Radiobology Research Institute di Bethesda, che è un ente delle forze armate americane
L'organismo, bombardato di particelle 800 milioni di volte l'anno per decenni, provoca tutta una serie di errori nella replicazione di proteine da parte del DNA.
A questo effetto, dice Diane Stearn, biochimica dell'Arizona University, si aggiunge il fatto che «l'uranio danneggia il DNA in quanto metallo pesante, indipendentemente dalla sua radioattività. E anche questo effetto tossico è di per sé mutageno» (4).
Alexandra Miller segnala che inoltre le micro-particelle di DU interferiscono con i mitocondri, che forniscono energia ai processi nervosi e trasmettono i segnali nervosi attraverso le sinapsi cerebrali.
Questo il motivo per cui i reduci della prima guerra del Golfo sono in calo delle capacità mentali, oltre che affetti da tumori cerebrali, e da inabilità motorie gravi.
Il giornalista John Hanchette è stato uno dei direttori che hanno fondato il quotidiano Usa Today. Da quando ha intervistato Leuren Moret, una delle specialiste internazionali sugli effetti del DU, sono cominciate le sue disgrazie.
«Ogni volta che mi preparavo a pubblicare l'articolo sugli effetti del DU sugli iracheni, ricevevo una telefonata dal Pentagono che mi chiedeva di non mandarlo in stampa. Alla fine sono stato destituito dalla direzione di USA Today».
Oggi insegna giornalismo alla St. Bonaventure University.
Qualcosa del genere è accaduto alla dottoressa Keith Baverstock, per 11 anni massima specialista sulle radiazioni all'Organizzazione Mondiale della Sanità.
Non è mai riuscita a pubblicare il suo rapporto sul «rischio tumorale da inalazione di DU sui civili iracheni».
Sostiene che la sua relazione è stata «deliberatamente soppressa».
E la soppressione continua, con successo.
Il giudizio su questo delitto spaventoso lo lasciamo a Doug Rokke, che dopo la prima guerra del Golfo vinse un contratto americano per decontaminare aree irachene dal DU, e guidò in questa attività un centinaio di dipendenti.
«Quando andammo nel Golfo, eravamo tutti molto sani», dice.
Trenta dei suoi uomini, che operarono senza tute protettive, sono morti quasi subito.
Gli altri sono tutti malati.
Rokke stesso è ormai un invalido, con gravi danni neurologici, renali, alle vie aeree, e inoltre è stato colpito da cataratta.
Dice: «l'uranio impoverito è un crimine contro Dio e contro l'umanità».
Un crimine di massa che uccide e ucciderà milioni di iracheni e farà strage fra le popolazioni che vivono sottovento all'Iraq, dove la polvere sarà portata dai monsoni.
Il crimine di guerra di un Paese che, con la scusa di perseguire qualche terrorista in Afghanistan, e di portare la libertà agli iracheni, avvelena il seme stesso di quelle popolazioni, ne sradica il futuro dei suoi bambini.
L'atrocità di un regime che manda a morte certa, deliberatamente, i suoi stessi soldati, e intossica il mondo.
Un genocidio che, per la sua vastità, le sue modalità e la sua evitabilità, fa impallidire quelli commessi dalle dittature totalitarie del ventesimo secolo; e viene commesso sotto i nostri occhi dalla più grande democrazia del mondo, nel pieno della libertà di stampa, nel presunto culmine della civiltà occidentale.
«Un crimine contro Dio e contro l'umanità».
Qual è il vero e solo «terrorismo globale» contro cui dobbiamo lottare?
Maurizio Blondet
_________________ Popolo, Patria, Socialismo |
|
honecker
 Reg.: 31 Gen 2005 Messaggi: 626 Da: Pankow (es)
| Inviato: 14-05-2006 13:53 |
|
La “pietas” per i soldati italiani morti a Nassiriya
e la realtà della guerra
Piero Bernocchi
Fonte: lettera a "Liberazione" pubblicata il 1º maggio
La litania patriottarda dell’Italietta che va in guerra ma vorrebbe immortali i suoi guerrieri è ripartita dopo l’uccisione dei tre militari italiani a Nassiriya (del romeno se ne fregano, perché, ricorda Gigi Sullo, ne muoiono tanti nei cantieri edili). E nel coro melodrammatico le voci del centrosinistra e del centrodestra sono pressoché indistinguibili. «Tragedia nazionale di tutto un popolo», «Un lutto che colpisce e unisce tutta l’Italia», «L’immenso dolore che unisce il Paese», «Piangere tutti insieme i nostri soldati» sono frasi dei leaders dell’Unione che, oltre a segnare la differenza tra la tragica “serietà” bellica dell’imperialismo Usa (69 soldati Usa uccisi negli ultimi 20 giorni: ve lo vedete Bush che invoca la tragedia nazionale?) e il pagliaccesco militarismo nostrano, si subordinano di fatto alla scandalosa tesi della “missione di pace”.
Lo stesso avvenne per la strage di carabinieri tre anni fa. Ma da allora c’è stato un enorme salto di qualità nella guerra: in media cento morti, in prevalenza civili, al giorno, lo sterminio di Fallujah, la distruzione delle moschee e la guerra civile immanente, la vistosa crescita della resistenza armata irachena con (cifre Usa) circa 150 azioni al giorno. Chi può ancora fingere che le truppe italiane non siano pienamente corresponsabili di una guerra sempre più cruenta?
Perché dunque la morte dei tre militari (in guerra ci si va ad ammazzare e ad essere ammazzati) dovrebbe essere una “tragedia nazionale”, provocare “un immenso dolore”, se non dei familiari (e il cui dolore naturalmente comprendo e rispetto), “unire tutta l’Italia”, la cui maggioranza, invece, la guerra non l’ha mai voluta? Semplice “pietas”? Ma perché tale “pietas” non scatta mai per le decine di migliaia di civili massacrati in Iraq? Per i cittadini di Fallujah barbaramente sterminati con il fosforo? Per i torturati di Abu Ghraib e delle altre infami carceri Usa? Perché la morte di un italiano o “occidentale” dovrebbe pesare come un macigno e quella di migliaia di iracheni essere leggera come piuma?
A me pare che ci sia dell’altro, come già per la “prima” Nassiriya e per il mercenario italiano ucciso. Buona parte del centrosinistra asseconda l’idea funesta degli “italiani brava gente”, in Iraq non a fare i guerrieri, ma a svolgere un “mestiere”, scelto magari per pagare la casa, sistemare i familiari, e in definitiva con l’intento di “aiutare le popolazioni”, in Iraq come in Afghanistan. Di lì ad essere resi martiri o eroi, suscitando il cordoglio nazionale, il passo è breve.
Ma, e mi dispiace dirlo dopo - addirittura - Cossiga, «essi, a differenza dei resistenti iracheni, non sono né martiri né eroi, perché non la morte, ma la causa, fa degli uomini martiri ed eroi»; e perché «le nostre sono truppe di occupazione e invasione che hanno ucciso numerosi resistenti iracheni che difendevano l’indipendenza del loro Paese».
Già, la resistenza irachena, tabù anche per i leader del centrosinistra che pure stavolta ripetono la giaculatoria del “terrorismo”, mentre tutta la stampa internazionale, Usa in primis, parla di “insorti”, “resistenti”, “guerriglieri, “combattenti” ecc… Anche un’azione bellica, certo spietata come sempre in guerra, che uccide tre militari delle forze di occupazione (non i pacifici turisti del Mar Rosso), è terrorismo? Ci si rende conto della gravità ideologica e politica di questo disconoscimento del diritto alla resistenza, sanzionato nei secoli dall’umanità?
Tutto quanto ho scritto qui, è quasi ovvietà fuori dai sempre più soffocanti confini italici. Ma da noi oramai fa scandalo, come ogni frase, slogan, scritta sui muri, e persino fischio “non allineato”. E non sto parlando del “10, 100, 1000 Nassiriya”, sul quale negli ultimi giorni sono stato ossessionato da giornalisti sempre più carnefici/vittime di un meccanismo massmediatico micidiale. Quello è uno slogan dannoso, è sbagliato esaltare stragi (anche se, nella logica della resistenza irachena, legittime come azioni di guerra). Ma il processo “ai violenti” si allarga a tutto: bruciare una bandiera (errore, perché scarica su un intero popolo le responsabilità dei governi), gridare uno slogan, una scritta sui muri, e persino fischiare una Letizia Moratti sono atti considerati ben più gravi che buttare il fosforo a Fallujah, massacrare migliaia di civili, torturare e rapire resistenti.
Si vuole stroncare, chiedendo la complicità al centrosinistra, qualsiasi pensiero “non conforme “ e “non allineato”: si vuole imporre che la guerra si chiami pace, la sopraffazione giustizia, il dominio libertà. E chi non ci sta, come mi hanno urlato in Tv Buttiglione e Magdi Allam, o in galera o isolato dal consesso umano come lebbroso moderno. E’ strano se in tale contesto avanzo dubbi sulla volontà della maggioranza del centrosinistra di ritirare subito TUTTE le truppe, senza sostituirle con presunti “ricostruttori” (ma de che?), e se, conseguentemente, invito il movimento anti-guerra a prevedere il miglior utilizzo, di massa e unitario, delle due imminenti scadenze del 2 giugno, parata del bellicismo italico, e del voto alle Camere per il rinnovo del finanziamento delle missioni militari, ivi compresa quella afghana, non più accettabile di quella irachena?
_________________ Popolo, Patria, Socialismo |
|
honecker
 Reg.: 31 Gen 2005 Messaggi: 626 Da: Pankow (es)
| Inviato: 22-05-2006 11:30 |
|
La "democrazia" irachena.
Iraq: assassinato dalla polizia perchè gay
BAGHDAD – Ucciso da membri della polizia irachena perché
omosessuale . Il caso del giovane Ahmed Jhalil è arrivato ai media
occidentali grazie alla denuncia dei gruppi di attivisti umani, che
parlano giustamente di atto barbaro. Stando a quanto riportato da
testimoni il ragazzo, appena quattordicenne, sarebbe stato ucciso
sulla porta di casa da uomini che vestivano le uniformi della
polizia dell'Iraq. A seguito della "fatwa" contro gay, lesbiche e
trans emessa dalle massime autorità religiose del paese, tra cui il
gran Ayatollah Ali al-Sistani, la casistica di omosessuali
assassinati è in costante aumento. Ali Hili, coordinatore di un
gruppo di gay iracheni in esilio, ha detto al quotidiano inglese The
Indipendent che la "fatwa" religiosa ha scatenato una vera e
propria «caccia alle streghe contro lesbiche e gay in Iraq, causando
violenti pestaggi, rapimenti e assassinii.» Il fatto è avvenuto nel
sobborgo di al-Dura e i vicini di casa che hanno riferito la
testimonianza hanno detto che il padre del ragazzo era stato
arrestato dalle forze di polizia un paio di giorni prima
dell'omicidio e interrogato riguardo alle attività sessuali del
figlio. È probabile che il ragazzo si prostituisse per cercare di
aiutare la sua poverissima famiglia e per questo "crimine" è stato
giustiziato dai poliziotti iracheni. «Il giovane Ahmed è stato
vittima della povertà» ha commentato amaramente Hill, «La sua è
stata un'esecuzione sommaria, apparentemente compiuta da elementi
fondamentalisti della polizia irachena.» In precedenza già un'altra
fatwa emessa dal defunto ayatollah Abul Qassim Khoei ordinava ai
fedeli di uccidere gli omosessuali "con la spada o di bruciarli
vivi, oppure di legare loro mani e piedi e di gettarli da una rupe".
Gli attivisti per i diritti umani sono particolarmente preoccupati
per la crescente attività delle milizie sciite che si sono
infiltrate nelle forze di polizia, soprattutto le milizie Sadr e
Badr, quest'ultima vero e proprio braccio armato del principale
partito sciita del paese, il Consiglio supremo per la rivoluzione
islamica in Iraq (SCIRI). I casi riportati sono ormai diversi. Lo
scorso settembre un transessuale è stato bruciato vivo in una delle
vie principali del distretto al-Karada di Baghdad e in gennaio un
altro omosessuale è stato ucciso da sospetti militanti con un colpo
di arma da fuoco alla testa. Secondo Ali Hill, il cui gruppo Abu
Nawas ha contatti con il movimento omosessuale clandestino che
esiste nel paese, le forze militari americane presenti non si sono
mosse per cercare di fermare questi attacchi: «Non vogliono creare
problemi al governo iracheno sollevando un problema collegato al
tabù dell'omosessualità, anche se gli assassinii omofobi si sono
intensificati.» Il Dipartimento di Stato americano dal canto suo
deve ancora documentare questo fenomeno nel suo annuale rapporto sul
tema dei diritti umani. Il problema peraltro non riguarda solo
l'Iraq ma anche altri paesi arabi come l'Iran, l'Arabia Saudita e
gli Emirati Arabi Uniti, anch'essi noti per le loro persecuzioni
verso la comunità omosessuale. (RT)
http://it.news.yahoo.com/08052006/13...y-assassinato-
dalla-polizia.html
_________________ Popolo, Patria, Socialismo |
|
|