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Usa capitalista-Italia statal/capitalista |
dan880
 Reg.: 02 Ott 2006 Messaggi: 2948 Da: napoli (NA)
| Inviato: 16-06-2007 14:10 |
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mi sembra la terminologia migliore per indicare, senza troppe discussioni lunghe, la differenza che c'è tra Stati Uniti e Italia.
non è una differenza da poco: perchè secondo me in questo Paese (forse nel resto d'Europa ci riusciranno) ci si sta solo illudendo di poter mettere in piedi un sistema capitalista pari all'america.
gli stati uniti non hanno mai conosciuto un sistema statalista.
sono nati sull'iniziativa privata, una enorme diffusione del concetto di proprietà privata, su una capacità di adattamento da parte dei cittadini a lavori continui e diversificati.
e forse gli americani sono capaci di avere maggiori abilità organizzative in materia di lavoro: si reinventano dall'oggi al domani convinti (e forse ci riescono pure) di partire dal nulla raggiungendo alti traguardi.
ma soprattutto ci sono tre cose molto importanti che rendono snella la loro società basata su un economia privatistica:
-assenza di ostacoli burocratici alle attività economiche dell'iniziativa privata
-mercato aperto a tutti, con superamento di situazioni monopoliste di privilegio
-un sistema politico che è basato su due soli grandi partiti: quello dei democratici e quello dei repubblicani.
quest'ultimo punto significa mancanza di svariati e dispersivi programmi politici diversificati e di conseguenza concentrazione più semplice di interessi di categoria da difendere.
tuttavia i programmi tra i due schieramenti si assomigliano molto: la sinistra cmq non c'è. ci sono politiche riformiste un po più sociali ed altre che lo sono di meno. questa è la differenza.
in merito all'Italia, abbiamo praticamente l'opposto di tutto:
tanto per cominciare abbiamo vissuto per anni(fortunatamente) in un sistema statalista che ha garantito posti e retribuzioni soddisfacenti per milioni di lavoratori(anche se la disoccupazione non è mai mancata).
soprattutto lo statalismo ha garantito un sistema economico praticamente misto:
lo stato sociale e il pubblico erano esenti da privatizzazioni.
e coloro che non avevano le capacità per lavorare con un privato(che richiede produttività, flessibilità, competitività) e si sentivano più adatti a lavori pubblici, avevano la possibilità di trovare molti concorsi pubblici che davano questa possibilità.
il privato cmq non ha mai avuto di che lamentarsi: a parte i soliti potenti che hanno costruito sistemi monopolistici fortissimi con privilegi consolidati(che hanno impedito all'iniziativa privata che conta di meno di emergere), ci sono stati sempre aiuti statali che hanno abituato il privato italiano a ritenere vantaggioso questo tipo di protezione statalista(e anche per le tasse mai pagate, causa di una evasione spaventosa coperta dai partiti politici che sono stati al governo per anni e che erano molto direttamente vicini a queste lobby economiche italiane).
questo sistema, dunque, è andato avanti per anni.
adesso, invece, c'è uno scontro tra statalismo e capitalismo.
l'Italia ha attualmente un sistema che è metà e metà: ma è impossibile secondo mantenere una situazione così.
l'Italia è un paese statalista, e per una serie di motivazioni storiche e politiche è difficile riuscire a renderlo un paese di mercato.è difficile persino amalgamarlo, oltre a fattori economici come la moneta unica, agli altri paesi europei dell'ue(a differenza degli usa che si sono costituiti insieme con uguale storia nazionale, anche politica).
da un lato si vuol fare un mercato tutto globale, ma l'Italia è un paese che ancora mantiene molti ostacoli burocratici che impediscono di aprire il mercato a una facilissima iniziativa privata di più soggetti su ogni attività possibile(un rimedio lo hanno trovato con le liberalizzazioni): quindi c'è appunto un sistema statal/capitalista al momento.
dall'altro il sistema capitalista ha disorientato non poco sia i lavoratori dipendenti e i disoccupati che i privati imprenditori.
i lavoratori dipendenti e i disoccupati: non mi sembra corretto volerli abituare, di punto in bianco, a una accettazione di lavori precari, flessibili, diversificati e con retribuzioni basse, pensioni inesistenti.
e soprattutto costringerli(anche per chi non è ha le capacità, anche caratteriali)a misurarsi con il privato, che richiede produttività, flessibilità e competenze enormi con poche garanzie, anche contrattuali(un esempio lo sono anche i call-center).
i privati imprenditori: in realtà a loro non piace il capitalismo tout court. perchè perderebbero le garanzie soprattutto finanziarie di un sistema che cmq rimane statalista e perchè dovrebbero stare in balìa di un mercato globale che richiederebbe veramente capacità di rischio e competitività enorme.e tasse che vanno pagate fino all'ultimo.
soprattutto perderebbero i privilegi dei loro monopolismi, dovendo accettare il pluralismo concorrenziale, anche estero, di un mercato aperto a ogni forma di iniziativa privata.
non ultimo, la politica: gli svariati partiti comportano certo programmi che si scontrano e tanti spezzettati interessi da tutelare.
ci vorrebbero programmi più chiari.e non costringere sempre quelli di vera sinistra a soccombere per far spazio a un riformismo che i privati vogliono far attuare solo per la difesa dei loro privilegi, non di certo per l'attuazione di un vero capitalismo(in base ai motivi già detti). |
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dan880
 Reg.: 02 Ott 2006 Messaggi: 2948 Da: napoli (NA)
| Inviato: 16-06-2007 18:12 |
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di poco fa ho saputo che oggi, alla presentazione di sinistra europea, bertinotti ha espresso commenti poco edificanti proprio sul tipo di capitalismo che negli ultimi anni avanza.
pur essendo di rifondazione comunista onestamente mi sentirei di essere forse un pò meno drastico di bertinotti su alcuni punti.
vale a dire:
non so se bertinotti è totalmente contrario al capitalismo, inteso come presenza cmq del privato in un sistema economico.
non penso perchè bertinotti è una persona coerente (come lo ha riconosciuto ultimamente anche montezemolo) ma anche intelligente.
come me sicuramente anche lui sa che in un sistema economico cmq il privato non può definitivamente venire a mancare. altrimenti un Paese non avrebbe più sviluppo economico ordinario.
e quindi la mia valutazione è:
non neutralizzazione del privato.
ma ritorno ad un sistema economico precisamente misto: allo Stato le attività pubbliche e sociali, al privato i suoi effettivi campi di competenza.
penso che anche bertinotti la pensa così.
le sue dichiarazioni sono contro un capitalismo invadente ma che allo stesso tempo vuole spalleggiare lo statalismo solo per conservare appunto i suoi privilegi monopolistici a scapito di lavoratori e disoccupati. |
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quentin84
 Reg.: 20 Lug 2006 Messaggi: 3011 Da: agliana (PT)
| Inviato: 16-06-2007 18:16 |
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Che negli USA l'industria non sia sostenuta dallo Stato non è esatto.
Pensa solo al sostegno reciproco tra il Partito Repubblicano e l'industria delle armi.
Negli Usa il finanziamento ai partiti è privato quindi gli industriali che hanno finanziato la campagna elettorale del presidente si aspettano sicuramente leggi favorevoli dopo aver mandato il "loro" candidato alla Casa Bianca.
C'è di buono che è un sistema trasparente: i candidati sono obbligati a rendere note le loro fonti di finanziamento quindi il cittadino americano sa chi è sostenuto da chi.
Comunque è vero che in America c'è un maggior spazio all'iniziativa privata e alla libera concorrenza almeno sul piano interno perchè nei confronti dei mercati esteri (sopratutto dei Paesi in via di sviluppo) gli USA e l'Europa sono molto protezionisti vedasi il sostegno euro-americano alla loro agricoltura contro quella dei Paesi poveri che tale sostegno non può averlo.
I difetti di questo sistema si vedono nelle condizioni penose di sanità e scuola pubblica.
Il mito americano del "self made man" e il mito liberista della ricchezza dell'imprenditore che ricade "a pioggia" sulla collettività (motivo per cui si abbassano le tasse ai ceti più alti) sono miti falsi e provocano ingiustizia sociale.
Michele Prospero scrive sull'Unità di oggi che oltre alla libertà di mercato c'è anche la libertà DAL mercato, dai suoi squilibri, dalle sue ingiustizie (il precariato e la privatizzazione dei sevizi essenziali) e sono queste ingiustizie che una politica di sinistra dovrebbe sanare.
[ Questo messaggio è stato modificato da: quentin84 il 16-06-2007 alle 18:18 ] |
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Quilty
 Reg.: 10 Ott 2001 Messaggi: 7637 Da: milano (MI)
| Inviato: 17-06-2007 18:56 |
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Questo topic è completamente sballato e rivela - ma è stato sottolineato infinite volte qui - il pesante indottrinamento ideologico derivato da un'informazione nelle mani di privati oligopolisti.
Gli Usa sono, in quanto potenza principale e proprio in virtù di questo, il più grande stato assistenzialista e statalista nei confronti delle proprie imprese private.
Quando ho un attimo di tempo riprendo i concetti peraltro già espressi alla nausea , tra i quali anche l'assurdità di affidare il sistema economico ad una serie di cittadini privati.
_________________ E' una storia che è successa ieri, ma io so che è domani. |
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Quilty
 Reg.: 10 Ott 2001 Messaggi: 7637 Da: milano (MI)
| Inviato: 17-06-2007 19:07 |
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quote: In data 2007-06-16 14:10, dan880 scrive:
-mercato aperto a tutti, con superamento di situazioni monopoliste di privilegio
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Certamente.
Come quando una ditta come la IBM (computers) riceve sussidi governativi dal finanziamento statale alla ricerca tecnologica ( sono soldi che il cittadino versa per finanziare un'impresa a profitti privati), grazie ai quali sussidi e solamente in base a questo motivo può mantenersi all'avanguardia e competitiva sui mercati internazionali e affrontare la concorrenza (giapponese in primis).
Basta con queste favole del libero mercato aperto a tutti e non assistito, basta basta!
_________________ E' una storia che è successa ieri, ma io so che è domani. |
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dan880
 Reg.: 02 Ott 2006 Messaggi: 2948 Da: napoli (NA)
| Inviato: 17-06-2007 20:46 |
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in Italia ci troviamo in una situazione in base alla quale: da una parte ci sono residui di statalismo dall'altro pezzi di riformismo.
il riformismo in Italia è:riduzione di lavori pubblici, flessibilità, precariato, liberalizzazioni, molte offerte di lavoro nei settori privati.
quando parlo di statalismo non mi riferisco solo ai finanziamenti statali verso l'impresa privata (che cmq ci sono sempre in linea di massima in ogni Paese, quale che sia il sistema economico in vigore).
ma anche al fatto che:
il mercato del lavoro mantiene ancora garanzie sociali ma ridotte e perennemente in contrasto con le spinte di privatizzazione che avanzano
ci sono situazioni di monopolio che oltre a riguardare gli interessi di singole aziende emergono evidenti dalle continue pressioni fatte da confindustria, che rappresenta l'impresa che conta, per influenzare le politiche economiche dei governi
i privati infine si adagiano completamente sullo statalismo e nonostante i continui finanziamenti statali non contribuiscono alla produttività ne all'offerta di nuove occasioni lavorative migliori
in Usa:
lavoro statale, pubblico non ce n'è(tranne che nell'esercito e nelle forze dell'ordine). di conseguenza non c'è nessuno scontro tra statalismo e riformismo
le imprese si occupano delle loro sfere di attività. gli imprenditori americani non si atteggiano a leaders politici e non interferiscono nelle politiche economiche, almeno in maniera diretta e plateale, dei governi democratici e repubblicani.
la separazione, pur con aiuti statali, rimane netta e marcata.
le grandi imprese e industrie americane ricevono sì aiuti statali ma sono anche capaci di rischiare, di dimostrare competitività e soprattutto produttività (ma con questo non voglio dire che è da sostenere il modello statunitense).
contribuiscono insomma, e almeno, allo sviluppo economico. senza lassismi e proteste sui sistemi fiscali.
se ci sono settori dove gli aiuti dello "Stato" americano si fanno più sentire si tratta cmq di settori che sono ritenuti fondamentali per le caratteristiche dell'economia statunitense.
i computer appunto: lì l'information technology è un settore importante non solo per l'informatica fine a se stessa, ma anche per impieghi di nuove tecnologie persino nei settori chiave delle forze armate.
gli armamenti: le strategie militari continuamente studiate dalla casa bianca nei continui conflitti internazionali richiedono che l'industria delle armi corra continuamente e velocemente. e anche i miliardi ricavati servono a finanziare gli interventi armati sui territori stranieri.
quindi non è che lì lo Stato e la politica aiutano solo perchè sono semmai i privati a richiederlo, come succede in Italia.
c'è un tornaconto politico e anche il motivo di dimostrare la potenza della società americana, soprattutto su tecnologia informatica e difesa militare. |
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quentin84
 Reg.: 20 Lug 2006 Messaggi: 3011 Da: agliana (PT)
| Inviato: 17-06-2007 23:45 |
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Bè Dan negli Usa il settore pubblico non si limita ad esercito e polizia, ci sono i procuratori distrettuali c'è anche la scuola pubblica e l'università statale.
Il problema è che in America l'istruzione e la sanità pubblica sono in condizioni pessime.
E ovviamente gli industriali non hanno nessun bisogno di influenzare direttamente la politica dato che hanno schiere di lobbisti che lo fanno per loro.
[ Questo messaggio è stato modificato da: quentin84 il 17-06-2007 alle 23:49 ] |
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dan880
 Reg.: 02 Ott 2006 Messaggi: 2948 Da: napoli (NA)
| Inviato: 18-06-2007 14:00 |
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sono in condizioni pessime proprio perchè lo Stato non se ne cura. la gestione di questi enti "pubblici" americani si basa sul metodo della privatizzazione a 360 gradi (i pagamenti alti per i ricoveri ad esempio).
in Italia invece è mista la situazione: gli enti pubblici sono soggetti in parte a criteri di privatizzazione.
fino ad adesso però...in futuro...
la politica è completamente un tutt'uno con i poteri economici.
gli Usa si basano su produttività e competitività. è una società che si basa sul profitto.
la politica è meno importante dell'economia e del mercato lì.
per questo ci sono solo due grandi partiti senza differenze. |
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diggler
 Reg.: 07 Gen 2007 Messaggi: 107 Da: Edenville (es)
| Inviato: 18-06-2007 16:05 |
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mi sa che è una schematizzazione un po' eccessiva.
non che me ne intenda più di tanto, ma dubito che le inferenze politiche non siano determinanti nell'assetto economico degli usa..
_________________
- Visit De Venustate - |
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dan880
 Reg.: 02 Ott 2006 Messaggi: 2948 Da: napoli (NA)
| Inviato: 18-06-2007 16:12 |
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quindi secondo te la politica interferisce negli Usa sulle linee economiche da seguire?
non è che lo vedo molto probabile.
casomai il contrario: l'economia conta molto, ma chi la rappresenta non ha bisogno di vere e proprie interferenze nella politica. considerando anche che gli Usa da quando sono nati hanno conosciuto l'economia di mercato e zero Stato.
se dovessi fare un esempio in base alla tua opinione si potrebbe ipotizzare allora che se il partito democratico americano volesse un'economia più sociale ostacolerebbe alcune forti lobby, interferendo.
lo vedo poco probabile, ripeto.
anche perchè i democratici non sono i repubblicani. ma ripeto che differenze ce ne stanno pochissime in realtà. |
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Quilty
 Reg.: 10 Ott 2001 Messaggi: 7637 Da: milano (MI)
| Inviato: 18-06-2007 17:21 |
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Temo che tu non abbia la minima idea di quello di cui stai parlando.
Gli Stati Uniti sono infatti la più grande economia pianificata e dirigistica del pianeta, e sono l'economia più produttiva proprio grazie a questa costante pianificazione e intervento dello Stato a proteggere le imprese private dalle asprezze del mercato e della libera competizione.
Le uniche attività produtive Usa che si mantengono competitive a livello internazionale sono quelle sovvenzionate dallo Stato , come l'agricoltura (che ha un mercato protetto da elevati dazi doganali e una copertura in caso di sovrapproduzione), come il settore farmaceutico (la ricerca è finanziata dai fondi pubblici) e il settore high tech (che dipende dai finanziamenti del Pentagono).
Il mondo della politica e la sua funzione è quello di proteggere una serie di imprese a profitti privati (e sovvenzioni pubbliche)dalla concorrenza cinese, giapponese, europea eccetera con una serie di mosse strategiche per mettere questi privati in condizione di competere e di allargare le loro quote di mercato.
Bush quindi nomina direttamente il direttore della Banca Mondiale (ha sostituito recentemente Wolfowitz, un falco estremista), e la Banca Mondiale si occupa ,assieme al Fondo Monetario Internazionale (entrambe strutture al di fuori di ogni nomina democratica e prive di controllo)delle politiche economiche di tutti gli stati del mondo. Decide a chi concedere prestiti e a chi revocarli, quali stati far fallire (vedi Arentina) se non aprono i loro mercati alle imprese PRIVATE internazionali. Tiene sotto scacco gli stati in virtù del debito pubblico e li ricatta.
Non c'è nulla di più lontano di tutto questo dal concetto di libero mercato e capitalismo, ma siamo nel campo del dirigismo sotto ogni punto di vista.
_________________ E' una storia che è successa ieri, ma io so che è domani. |
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Quilty
 Reg.: 10 Ott 2001 Messaggi: 7637 Da: milano (MI)
| Inviato: 18-06-2007 17:22 |
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Del resto la storia insegna che, sin dall'epoca della rivoluzione industriale, il successo economico di qualsiasi nazione è stata la diretta conseguenza dell'intervento statale sui mercati (l'Inghilterra e le sue colonie dove prelevava qualsiasi merce a basso costo ed era al contempo il più grande baluardo del protezionismo è stata sostituita dagli Usa , le cui uniche multinazionali competitive sono quelle che hanno delocalizzato la produzione nei mercati asiatici dove la manodopera e il costo del lavoro è irrisorio).
Il mondo della politica è quindi l'appendice ultima (e negli Usa come non mai) del potere di qualche cittadino privato che decide la sorte di individui di altre nazioni.
Non solo il capitalismo non è mai esistito se non nei libri di teoria, ma lo stesso Adam Smith sarebbe rimasto inorridito da una simile visione dello status quo.
Il fatto quindi che per ottenere un'economia competitiva che produca e innovi e spalmi ricchezza (limitata all'interno di uno Stato e a discapito di chi subisce le decisioni politiche ed economiche delle più grandi potenze ), il fatto che per ottenere tutto questo sviluppo occorra necessariamente e inderogabilmente l'intervento visibilissimo di una mano statale che assista e copra da ogni rischio gli scambi commerciali , questo dirigismo stesso che altro non è che lo sforzo collettivo di un'intera nazione (che paga di tasca sua i contributi) nel convogliare le sue risorse verso una serie di aziende ben delineate (togliendo sussidi e risorse alla sanità, alla scuola) rende la proprietà di tali imprese un'assurdità medievale se queste sono gestite da un manipolo di cittadini privati statalmente assistiti che si trovano a gestire una multinazionale a costi socializzati e profitti privati, per non parlare delle scelte su cosa e come produrre che ,rimanendo sempre nell'ambito di uno sforzo collettivo e pubblico, non possono essere esclusiva di una ristretta élite di privilegiati al di fuori da ogni controllo di nomina e responsabilità sugli eventuali fallimenti.
_________________ E' una storia che è successa ieri, ma io so che è domani. |
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dan880
 Reg.: 02 Ott 2006 Messaggi: 2948 Da: napoli (NA)
| Inviato: 18-06-2007 18:44 |
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che lo Stato americano garantisca protezione e aiuti al sistema economico privato e ai suoi organismi non significa però che lì si vive in uno statalismo.
perchè forse si sta facendo confusione sul significato del termine.
lo statalismo implica prima di ogni altra cosa una presenza forte dello Stato sul settore economico nazionale: quindi tutti i servizi pubblici sono estromessi da interventi e gestioni di privati, il settore del lavoro pubblico non va incontro a problemi di flessibilità e precariati, lo stato sociale è (almeno in massima parte) garantito sugli aspetti fondamentali che riguardano i lavoratori pubblici dipendenti.
lo scenario americano implica aiuti dello Stato verso il privato ma le cose che ho prima elencato di certo non fanno parte del sistema Usa.
quindi anche lì il "tipo" di capitalismo non è magari quello precisamente esposto teoricamente in economia politica.
ma lo statalismo come lo si percepisce comunemente non esiste di sicuro. |
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Quilty
 Reg.: 10 Ott 2001 Messaggi: 7637 Da: milano (MI)
| Inviato: 18-06-2007 20:30 |
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quote: In data 2007-06-18 18:44, dan880 scrive:
perchè forse si sta facendo confusione sul significato del termine.
lo statalismo implica prima di ogni altra cosa una presenza forte dello Stato sul settore economico nazionale:
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Questo avviene anche , soprattutto, negli Usa.
Se con statalismo si intende invece la proprietà dei mezzi di produzione gestita a livello statale piuttosto che essere affidata al settore privato, questo è un falso problema.
La differenza infatti tra un modello di sviluppo statalista come poteva essere quello sovietico o come è quello cinese oggi, e il modello americano vigente,riguarda solamente la proprietà di questi mezzi di produzione, l'uno gestito dallo Stato e l'altro da un'èlite di cittadini privati che in teoria dovrebbero competere tra di loro eliminando i monopoli e i privilegi in un sistema di libero mercato,ma in realtà si tratta di oligopoli (oligarchie)protetti da regole ferree a livello statale che li difendono e li tutelano dalle insidie di una competizione senza paletti.Non solo, ma sono ugualmente sostenuti dai contributi statali.
Il secondo sistema (a gestione privata)si è rivelato economicamente più produttivo ma non ha spostato di una virgola la questione principale e fondamentale, ossia che per funzionare efficientemente entrambi i modelli proposti hanno bisogno assoluto della protezione politica per evitare i rischi di una libera competizione.
Il mondo industriale privato (italiano o americano) sarebbe semplicemente terrorizzato dall'idea che è la mano invisibile della domanda e dell'offerta che deve regolare gli scambi commerciali.
Sarebbe inoltre un perfetto suicidio economico, visto che in ogni modo se un'azienda rimane competitiva offre lavoro e stipendio alla popolazione. E' quindi tutto interesse dello Stato far sì che le imprese (a gestione pubblica o privata)siano protette da accordi commerciali internazionali o trattati , direttive, regole pianificate a tavolino , studiate e siglate a livello politico tra i vari stati.
Questo è dirigismo. Un'azienda ha un progetto e pianifica. Deve pianificare oppure va incontro al fallimento.
_________________ E' una storia che è successa ieri, ma io so che è domani. |
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Quilty
 Reg.: 10 Ott 2001 Messaggi: 7637 Da: milano (MI)
| Inviato: 18-06-2007 20:31 |
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Si parla quindi di riforme da attuare per affrontare una crisi a livello internazionale dovuta all'emergere di un vasto e potente mercato asiatico (cinese e indiano) sostenuto fortemente dai rispettivi stati e in grado di competere e sottrarre quote vitali di mercato alle multinazionali occidentali.
Il sistema deve quindi essere riformato per abbassare IL COSTO DEL LAVORO della merce allo stadio finito , con tutta una serie di interventi tra cui l'introduzione del precariato (Biagi)tesoretti vari, tagli del cuneo di 5 punti percentuali (e taglio corrispettivo alla sanità a causa di meno entrate:meno tasse=meno entrate=meno soldi da spendere per il settore pubblico).
Questo è il punto. Sono riforme vecchie come mio nonno, che vengono attuate da decenni a partire da Ronald Reagan e proseguite con la Thatcher,riforme politiche volte a sostegno del mondo economico per favorirlo nella competizione.
Il fatto che la proprietà di queste imprese sia gestita dallo stato o da un privato non cambia nulla.
L'assurdità di tali sistemi economici (e ancora più drammaticamente nel modello di sviluppo liberista)risiede nel fatto che la popolazione è chiamata a contribuire (in termini di tasse, di ore lavorative prestate,di tetto di anzianità per il pensionamento, di rottura di regole come il lavoro a tempo indeterminato ) al funzionamento del sistema economico (a gestione pubblica o privata non cambia assolutamente nulla) ma non a partecipare democraticamente alla gestione di questa economia,alle scelte da operare, cosa e come investire, con quali capi e con quali idee da sottoporre alla pubblica opinione esattamente come se fosse un programma elettorale da votare e non ultimo ai suoi profitti, da redistribuire equamente sempre secondo il principio sacrosanto che chi contribuisce allo sforzo collettivo deve partecipare,anche agli utili, altrimenti è solo un'economia feudale dove tutti devono lavorare per tutta la vita affinchè il signore del feudo possa ricavare soldi a palate senza che nessuno possa mettere becco sulla sua gestione e i suoi eventuali fallimenti( che risultano infine il fallimento di tutti coloro che lavorano per lui).
[ Questo messaggio è stato modificato da: Quilty il 18-06-2007 alle 22:36 ] |
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