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Autore Addio all’ultimo esploratore: solo e a piedi vinse il deserto
gatsby

Reg.: 21 Nov 2002
Messaggi: 15032
Da: Roma (RM)
Inviato: 27-08-2003 15:15  
Vi riporto un bellissimo articolo apparso oggi sul Messaggero


"Addio all’ultimo esploratore: solo e a piedi vinse il deserto"
di JOSTO MAFFEO da Madrid



"Fino a domenica scorsa, quando, all’età di novantatré anni, si è spento nella sua Gran Bretagna d’origine e non ai piedi dell’amato monte Kenia, come avrebbe preferito, Wilfred Thesiger era il più grande esploratore vivente. Una sorta di Lawrence d’Arabia della generazione di quegli avventurieri ancienne manière che facevano riferimento a Théodore Monod. Thesiger, che nel 1945-1946 e nel 1946-1947, solo, a piedi, senza supporti tecnici o pubblicitari, aveva attraversato il deserto del sud d’Arabia, i cosiddetti “Territori vuoti” dell’Oman, si era fatto beduino tra i beduini fino a carpirne lo spirito nomade.
Apparteneva a quella che Emmanuel de Roux, qualche anno fa su Le Monde , ebbe a definire «la razza degli atleti magri». Il grande viaggiatore solitario, l’amante dei grandi spazi era infatti «un gentleman novantenne che si mantiene eretto, ha conservato una silhouette slanciata e i capelli folti. Uno degli ultimi rappresentanti dell’era edoardiana».
Era, soprattutto, un uomo inquieto che ha sempre cercato di individuare negli altri ciò che unisce, non certo le differenze e ciò che divide. Un personaggio, dunque, che al tanto attuale dibattito sullo scontro di civiltà non avrebbe dedicato neppure un minuto, proiettato, com’era, da quella forte «speranza di trovare una fraternità grazie alla quale le differenze di razza, di religione e di cultura possono essere superate». Una fraternità che il grande viaggiatore sosteneva di aver riscontrato solo «tra certi beduini d’Arabia, tra alcuni arabi del sud pantanoso iracheno e fra le tribù del nord del Kenia».
Educato ad Eton e Oxford, nei suoi densi quaderni di viaggio Thesiger narrava la sua spedizione tra i Danakil, tribù bellicosa dell’attuale Etiopia. Raccontava come si trovò perfettamente a suo agio nella vita quotidiana di quelle genti, come comprendeva le rivalità tra i ras quando partecipavano, a piedi, a partite di caccia al leone. Ma il viaggiatore, grande nemico delle moderne tecnologie detestava il telefono, la tv e persino i veicoli a motore era soprattutto un “malato” dei deserti. Rimaneva estasiato dinanzi all’immensità ed all’assordante silenzio, era colpito da animali come i cammelli e da società tribali che si organizzavano con regole che definiva «le nobili virtù dei beduini».
Una delle chiavi di lettura dell’intensa attività del grande esploratore è fornita proprio dal suo luogo di nascita, Addis Abeba, dove papà Thesiger era l’ambasciatore del Regno Unito. Grazie a quella circostanza, a sei anni il piccolo Wilfred fu testimone della battaglia di Sagala, a nord della capitale etiope, tra le truppe regolari e i combattenti del guerrigliero Negus Mikael. «Credo che sia stato quel giorno a darmi il gusto, per tutta la mia vita, dello splendore barbaro, del fascino selvaggio, dei colori e dei rulli di tamburi», ha raccontato Thesiger nella sua autobiografia The Life of my Choice . Un episodio cruciale che, rafforzato dalla lettura di libri d’avventura, come ebbe a confessare, forgiarono la vocazione e la predisposizione al viaggio avventuroso e solitario, alla scoperta di nuovi orizzonti e di nuove genti.
Thesiger amava l’approfondimento, ma non le sfumature, il parlarsi addosso gratuitamente. I suoi giudizi erano frasi secche, sentenze, didascalie che apponeva sotto le immagini che accumulava percorrendo migliaia di chilometri con gli occhi aguzzi e le orecchie ricettive. Ora che l’attualità mantiene la nostra attenzione rivolta verso l’Iraq, ricordiamo un’apparentemente frettolosa e lapidaria definizione di Bagdad: «Due sole parole dominano la capitale: modern e e demodée . Quando non è la prima, è la seconda».
I touareg sostengono che Dio creò terre con acqua affinché gli uomini fossero felici e i deserti affinché gli uomini trovassero sé stessi. Thesiger nei deserti cercava sé stesso attraverso gli altri. E li trovava, si trovava, si rincontrava con un genere umano verso il quale, traspare dai suoi libri, nutriva una certa diffidenza. Era un pessimista che lasciava porte aperte e quelle porte le infilava per perdersi dove altri non avevano osato e dove spesso lui riusciva a trovare qualche risposta.
Il grande esploratore fu molto spesso testimone oculare di avvenimenti il cui teatro era quello di territori dove quello che oggi chiamiamo turismo, turismo d’avventura, non era ancora giunto. Nel 1935, Thesiger fece parte del Sudan Political Service e quando scoppiò la guerra venne distaccato alla Sudan Defence Force. Dopo il conflitto viaggiò nel Kurdistan, nel sud dell’Iraq, visitò il Marocco e percorse l’Africa centrale e orientale. Sempre con quaderni le cui pagine registravano fatti, profili, impressioni. Tra le sue opere ricordiamo: The Marsh Arabs , Desert , Marsh and Mountain: The World of a Nomad , The Life of my Choice e Visions of a Nomad . Autentici breviari per coloro che, in piena era dei tour operators e del viaggio last minute , credono che perdersi nell’ignoto, scoprire e scoprirsi, sia ancora possibile."

E voi pernsate sia più possibile, nell'era della globalizzazione, trovare genti autoctone incontaminate dalle situazioni politiche ed economiche mondiali?Nasceranno più persone come questo mitico esploratore?
Già conosciamo bene noi stessi, tanto da cercare le diversità solo fuori dal nostro pianeta?


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Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è

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13Abyss

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Un giovane così, al giorno d'oggi, lo prenderebbero per pazzo...
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