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Klage der Ariadne |
Hias84
 Reg.: 15 Mar 2007 Messaggi: 1262 Da: Serravalle Pistoiese (PT)
| Inviato: 26-03-2007 13:24 |
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quote: In data 2007-03-26 11:43, Hyperion19 scrive:
Sì ma cosa sono queste parole che non saranno più fedeli alle parole? Questo detino che ha da maturarsi nell'uomo?
E gli antichi significati che faranno posto a nuovi significati?
Che futuro si immagina per l'uomo?
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Un futuro aperto, differente da questo presente: Nietzsche sintetizzava questo pensiero nell'immagine, come già detto abusata, del superuomo. Occorre autosuperarsi ogni volta, in un'attività creatrice perpetua: "divenire adulti significa nient'altro che tornare a metter nel gioco lo stesso impegno che ci si metteva da bambini" (Al Di Là Del Bene e Del Male). Il futuro umano in Nietzsche (e anche per me) è nella teoria del prospettivismo, approdo ultimo e decisivo del pensiero del filosofo tedesco. Quella teorizzazione conduce direttamente a quell'idea del pensiero debole come l'ha formulata Vattimo, ed è probabilmente in questa direzione che sarebbe andato il pensiero successivo del pensatore tedesco, non ci fosse stata la follia. Le categorie forti faranno posto a quelle deboli, non più violente, e le parole che useremo saranno anch'esse meno violente (meno smaniose di divenire fatti, ma convinte di essere nient'altro che interpretazioni, sempre per citare uno degli aforismi nietzscheani più noti, largamente abusato da chi nemmeno ne scorge il reale significato [non dimenticherò mai l'orrore con cui una volta ne lessi su un volantino di CL: ma si rendono cnto di ciò che scrivono, almeno??? Rabbrividiamo]). Io non so rispondere a ciò che tu mi chiedi circa il destino dell'uomo. Non so quale sia questo destino. So solo che dovrebbe essere danzante. Non è un caso se uno degli scritti più importanti di Nietzsche si chiama "La Gaia Scienza". Ridere di noi stessi, e di tutto, si può. Danzare è un pò come essere leggiadri. In fondo, non si potrebbe sopportare altrimenti la cruda verità per cui la vita non è che "lotta e divenire e scopo e contraddizione di scopi" (Così parlò Zarathustra).
_________________ Formula della mia felicità: un sì, un no, una linea retta, una meta... (F.W.Nietzsche) |
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Hias84
 Reg.: 15 Mar 2007 Messaggi: 1262 Da: Serravalle Pistoiese (PT)
| Inviato: 26-03-2007 19:03 |
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Hyperion19
 Reg.: 23 Mar 2007 Messaggi: 516 Da: Firenze (FI)
| Inviato: 26-03-2007 22:45 |
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quote: In data 2007-03-26 13:24, Hias84 scrive:
quote: In data 2007-03-26 11:43, Hyperion19 scrive:
Sì ma cosa sono queste parole che non saranno più fedeli alle parole? Questo detino che ha da maturarsi nell'uomo?
E gli antichi significati che faranno posto a nuovi significati?
Che futuro si immagina per l'uomo?
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Un futuro aperto, differente da questo presente: Nietzsche sintetizzava questo pensiero nell'immagine, come già detto abusata, del superuomo. Occorre autosuperarsi ogni volta, in un'attività creatrice perpetua: "divenire adulti significa nient'altro che tornare a metter nel gioco lo stesso impegno che ci si metteva da bambini" (Al Di Là Del Bene e Del Male). Il futuro umano in Nietzsche (e anche per me) è nella teoria del prospettivismo, approdo ultimo e decisivo del pensiero del filosofo tedesco. Quella teorizzazione conduce direttamente a quell'idea del pensiero debole come l'ha formulata Vattimo, ed è probabilmente in questa direzione che sarebbe andato il pensiero successivo del pensatore tedesco, non ci fosse stata la follia. Le categorie forti faranno posto a quelle deboli, non più violente, e le parole che useremo saranno anch'esse meno violente (meno smaniose di divenire fatti, ma convinte di essere nient'altro che interpretazioni, sempre per citare uno degli aforismi nietzscheani più noti, largamente abusato da chi nemmeno ne scorge il reale significato [non dimenticherò mai l'orrore con cui una volta ne lessi su un volantino di CL: ma si rendono cnto di ciò che scrivono, almeno??? Rabbrividiamo]). Io non so rispondere a ciò che tu mi chiedi circa il destino dell'uomo. Non so quale sia questo destino. So solo che dovrebbe essere danzante. Non è un caso se uno degli scritti più importanti di Nietzsche si chiama "La Gaia Scienza". Ridere di noi stessi, e di tutto, si può. Danzare è un pò come essere leggiadri. In fondo, non si potrebbe sopportare altrimenti la cruda verità per cui la vita non è che "lotta e divenire e scopo e contraddizione di scopi" (Così parlò Zarathustra).
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no stiamo ruminando.
oddio hai posto la cosa in modo molto conclusivo, non so bene cosa dire. Quello del superuomo è (per me che non sono nietzcheano) un percorso di autocoscienza, forse il più completo forse il più meditato e compresivo, forse quello con maggiore potenza estetica. Ma nella sostanza non è molto differente dall'interiorizzazione di prospettive esistenzial-metafisiche come l'attualismo. La scoperta della vita come essa è passa attraverso la ricomposizione di frammenti, l'abolizione di ogni autorità esterna come il giudizio e il tempo che provocano scissione dei piani di azione e soddisfazione, ragione e percezione. La fine del ragionamento inteso come esperienza vessatoria e costrittiva per l'unità dell'essere umano.
Tutto sommato però ritengo (a pelle, in modo non molto meditato) che sia un modo un po' autoreferenziale di percepire la ricchezza del proprio io, e che quindi il superuomo vada superato.
La sfida dell'uomo, del superuomo, dovrebbe essere quella di aprirsi al mondo con l'intenzione di capire e interiorizzare quel mondo esterno, e costruire la propria identità in relazione a quella degli altri. Lo sforzo stesso dell'indagine è da proiettarsi verso l'esterno, poichè è nella valutazione della vocazione sociale dell'essere umano che si realizzano le possibilità più forti e profonde.
E l'immagine da recuperare e da associare alla coscienza del proprio agire sia l'intensità del medesimo agire, piuttosto che il bambino e il gioco, o l'unità di evento e senso che rappresentano in un mondo tornato in-genuo.
Quanto alla danza, è un'immagine ben legata alle possibilità conoscitive dell'uomo una volta che, unificati i frammenti, ha ritrovato in sé il soggetto e l'oggetto (e nietzcheanamente il creatore) di tutto il sapere, come già Rilke, Yates:
"O corpo oscillante alla musica, o sguardo che illumini
come possiamo distinguere il danzarore dalla danza?"
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Hias84
 Reg.: 15 Mar 2007 Messaggi: 1262 Da: Serravalle Pistoiese (PT)
| Inviato: 26-03-2007 22:51 |
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Questa citazione la ricordo bene!!
Quello che volevo dire è che il superuomo (ed il suo superamento, certo, sebbene egli sia già l'atto del superarsi, in qualche modo) ci conduce in un orizzonte aperto, da riempire di significati. Tutto quello che tu dici di positivo nel tuo intervento è qualcosa che, per me, non è vietato in questa nuova dimensione. Non volevo essere così conclusivo, me ne scuso.
_________________ Formula della mia felicità: un sì, un no, una linea retta, una meta... (F.W.Nietzsche) |
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Hias84
 Reg.: 15 Mar 2007 Messaggi: 1262 Da: Serravalle Pistoiese (PT)
| Inviato: 26-03-2007 23:03 |
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Hias84
 Reg.: 15 Mar 2007 Messaggi: 1262 Da: Serravalle Pistoiese (PT)
| Inviato: 26-03-2007 23:03 |
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Hyperion19
 Reg.: 23 Mar 2007 Messaggi: 516 Da: Firenze (FI)
| Inviato: 26-03-2007 23:10 |
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quote: In data 2007-03-26 22:51, Hias84 scrive:
Questa citazione la ricordo bene!!
Quello che volevo dire è che il superuomo (ed il suo superamento, certo, sebbene egli sia già l'atto del superarsi, in qualche modo) ci conduce in un orizzonte aperto, da riempire di significati. Tutto quello che tu dici di positivo nel tuo intervento è qualcosa che, per me, non è vietato in questa nuova dimensione. Non volevo essere così conclusivo, me ne scuso.
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Sì però il superuomo call'orizzonte aperto ci arriva con una sua identità che lo rende una unità autoconsistente, e che gli consente di non sentirsi in pericolo in mezzo ad altre identità e ad altri significati non coincidenti col suo.
Secondo me queste condizioni al contorno non si riscontrano. E la verità sull'essere umano si trova nella problematicità di questi rapporti e in come la affronta, prima di ogni altra cosa.
Per ulteriori approfondimenti forse dovrei conoscere meglio N e il prospettivismo. |
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Hias84
 Reg.: 15 Mar 2007 Messaggi: 1262 Da: Serravalle Pistoiese (PT)
| Inviato: 27-03-2007 16:06 |
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quote: In data 2007-03-26 23:10, Hyperion19 scrive:
quote: In data 2007-03-26 22:51, Hias84 scrive:
Questa citazione la ricordo bene!!
Quello che volevo dire è che il superuomo (ed il suo superamento, certo, sebbene egli sia già l'atto del superarsi, in qualche modo) ci conduce in un orizzonte aperto, da riempire di significati. Tutto quello che tu dici di positivo nel tuo intervento è qualcosa che, per me, non è vietato in questa nuova dimensione. Non volevo essere così conclusivo, me ne scuso.
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Sì però il superuomo call'orizzonte aperto ci arriva con una sua identità che lo rende una unità autoconsistente, e che gli consente di non sentirsi in pericolo in mezzo ad altre identità e ad altri significati non coincidenti col suo.
Secondo me queste condizioni al contorno non si riscontrano. E la verità sull'essere umano si trova nella problematicità di questi rapporti e in come la affronta, prima di ogni altra cosa.
Per ulteriori approfondimenti forse dovrei conoscere meglio N e il prospettivismo.
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Beh, più che con la sua identità direi che ci arriva con la comprensione che trattasi effettivamente di un orizzonte aperto, e questo costituisce la sua "salute" (o se vogliamo la salute del suo pensiero). Il contenitore aperto è da riempirsi. Non è detto, almeno per quanto mi riguarda, che nel riempirlo non si debba tener conto dell'esistenza dell'altro, anzi, direi che l'approdo positivo consiste forse proprio nel riconoscimento di questo altro e nel confronto con esso.
_________________ Formula della mia felicità: un sì, un no, una linea retta, una meta... (F.W.Nietzsche) |
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quentin84
 Reg.: 20 Lug 2006 Messaggi: 3011 Da: agliana (PT)
| Inviato: 27-03-2007 16:19 |
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E' quasi un anno che sto su Filmup e questa è una delle discussioni più colte, ma anche più ermetiche che abbia letto.
Non si tratta di una critica, ma di una constatazione.
[ Questo messaggio è stato modificato da: quentin84 il 27-03-2007 alle 16:25 ] |
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Hias84
 Reg.: 15 Mar 2007 Messaggi: 1262 Da: Serravalle Pistoiese (PT)
| Inviato: 27-03-2007 18:11 |
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quote: In data 2007-03-27 16:19, quentin84 scrive:
E' quasi un anno che sto su Filmup e questa è una delle discussioni più colte, ma anche più ermetiche che abbia letto.
Non si tratta di una critica, ma di una constatazione.
[ Questo messaggio è stato modificato da: quentin84 il 27-03-2007 alle 16:25 ]
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E' ovvio che si tratti di una conversazione colta, partecipi anche tu!!! Diciamo che alzi la media!
_________________ Formula della mia felicità: un sì, un no, una linea retta, una meta... (F.W.Nietzsche) |
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quentin84
 Reg.: 20 Lug 2006 Messaggi: 3011 Da: agliana (PT)
| Inviato: 27-03-2007 18:21 |
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| Io?..non sopravvalutarmi.. |
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Hias84
 Reg.: 15 Mar 2007 Messaggi: 1262 Da: Serravalle Pistoiese (PT)
| Inviato: 27-03-2007 18:24 |
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quote: In data 2007-03-27 18:21, quentin84 scrive:
Io?..non sopravvalutarmi..
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Scherzi?? Se in un topic si conduce una conversazione tanto colta (ancorchè ermetica) il merito è di chi, nei fatti, questa conversazione la conduce... ivi compreso te, caro quentin84!! A proposito, notati i recenti sviluppi?? Tu che ne dici?? Qualche idea??
_________________ Formula della mia felicità: un sì, un no, una linea retta, una meta... (F.W.Nietzsche) |
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quentin84
 Reg.: 20 Lug 2006 Messaggi: 3011 Da: agliana (PT)
| Inviato: 27-03-2007 18:35 |
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Ma io in filosofia non sono ferrato come te.. |
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Hyperion19
 Reg.: 23 Mar 2007 Messaggi: 516 Da: Firenze (FI)
| Inviato: 28-03-2007 00:30 |
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quote: In data 2007-03-27 16:06, Hias84 scrive:
quote: In data 2007-03-26 23:10, Hyperion19 scrive:
quote: In data 2007-03-26 22:51, Hias84 scrive:
Questa citazione la ricordo bene!!
Quello che volevo dire è che il superuomo (ed il suo superamento, certo, sebbene egli sia già l'atto del superarsi, in qualche modo) ci conduce in un orizzonte aperto, da riempire di significati. Tutto quello che tu dici di positivo nel tuo intervento è qualcosa che, per me, non è vietato in questa nuova dimensione. Non volevo essere così conclusivo, me ne scuso.
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Sì però il superuomo call'orizzonte aperto ci arriva con una sua identità che lo rende una unità autoconsistente, e che gli consente di non sentirsi in pericolo in mezzo ad altre identità e ad altri significati non coincidenti col suo.
Secondo me queste condizioni al contorno non si riscontrano. E la verità sull'essere umano si trova nella problematicità di questi rapporti e in come la affronta, prima di ogni altra cosa.
Per ulteriori approfondimenti forse dovrei conoscere meglio N e il prospettivismo.
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Beh, più che con la sua identità direi che ci arriva con la comprensione che trattasi effettivamente di un orizzonte aperto, e questo costituisce la sua "salute" (o se vogliamo la salute del suo pensiero). Il contenitore aperto è da riempirsi. Non è detto, almeno per quanto mi riguarda, che nel riempirlo non si debba tener conto dell'esistenza dell'altro, anzi, direi che l'approdo positivo consiste forse proprio nel riconoscimento di questo altro e nel confronto con esso.
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Grazie per avermi menzionato tra i collaboratori di questo topic.
Il mio era un ragionamento di metodo. Cioè che il contenitore sia aperto e che all'atto di riempirlo non siano necessarie ipotesi sulla natura del contenuto(e sulla quantità? Quanta diversità può sopportare un uomo? Quanta variabilità?), se l'uomo ha eliminato i filtri cognitivi, era assodato. Il problema è che secondo me il contenitore non si forma nel modo in cui si è esposto, è una finzione, un gioco di prestigio, come quello di chi crea i muri per il gusto di abbatterli e guardare oltre con la soddisfazione di aver compiuto un'impresa eroica. Il fatto che l'uomo pensi a un certo punto di superare se stesso superante, a immagine di Dio, e di essere un contenitore aperto, questo non comporta che nel momento di vedere il nuovo orizzonte che apre alla visione dell'uomo, sia un vero nuovo orizzonte. Chi dice che questo orizzonte non sia, per quanto possa sembrare generosamente illimitato e incognito, e quindi oggetto di nobile curiosità, a chi lo vede per la prima volta, una visione illusoria, perchè percepita o come conquista o come liberazione, di una realtà che apparteneva al regno della possibilità? Noi siamo parte di questa realtà e varità perchè siamo impastati di essa, fisicamente. Il nuovo orizzonte non è che ciò che abbiamo sempre saputo e stendavamo a ricordare e a riconoscere (reminiscenza platonica), e forse il senso dell'eterno ritorno può risiedere qui, nella chiusura del cerchio, nell'approdo alle stesse prode, nell'accettazione di alcuni difetti del conoscere come dati oggettivi dell'essere uomini prima ancora che caos e stelle danzanti. E dopo la danza la quiete e perchè no l'inutilità del filosofare. La filofia è indispensabile ma lo sbocco potrebbe essere quello, non ha forse anche N rinunciato alla parola scritta? Lo sbocco è molto teologico, come quello di Dante quando arriva a vedere la Veronica. E' necessaria molta scienza per arrivare all'afasìa.
Questa dissociazione dalla possibilità è parte della schizzofrenia della modernità, che prevede traumi, immagina i drammi, vaglia il possibile, ma quando si trova di fronte a tutto questo e vede che effettivamente è vero, ne resta sconvolta.
Penso alle scoperte scientifiche come alle scoperte geografiche, pechè dobbiamo fingere di essere ingenui se non lo siamo?Come i colonizzatori europei proveniendo da un mondo che credevano (ma qualche dubbio l'avevano no? Perchè partire altrimenti) esplorato e noto in tutte le sue forme naturali e antropologiche attraverso l'aristotelismo, vedono un continente del quale non era mai giunta voce ma che poteva ragionevolmente essere lì, e lo chiamano nuovo mondo. Nuovo per chi rispetto a cosa? Accettare la possibilità come parte dei fatti che attendono di accadere è il nocciolo della percezione dell'orizzonte.
Quello che voglio dire è che il riconoscere la novità dell'orizzonte, o comunque la novità dello sguardo umano di fronte a quell'orizzonte immutabile che solo pochi Zarathustra hanno il coraggio di guardare, il doppiaggio di Capo Horn, il passaggio del deserto, non fanno altro che avvalorare e corroborare la magia del limite, e fanno parte del velo di Maya di cui le nostre menti (e non la Realtà) sono avviluppate.
E forse anche questo può essere uno dei significati dell'eterno ritorno, la fine non solo del limite, ma del concetto di limite. La fine della abitudine a percepire un'atto di conoscenza come un atto di rottura e rigenerazione. Come diceva Gibran Kalil:
"Quella che chiamate libertà rompe delle catene per rendervi schiavi del desiderio di rompere catene più grandi, e così si configura come la vostra più grande forma di schiavitù".
Ovviamente non ce l'aveva con la libertà come la intendiamo comunemente ma a un uso particolre che possiamo fare della stessa.
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Hias84
 Reg.: 15 Mar 2007 Messaggi: 1262 Da: Serravalle Pistoiese (PT)
| Inviato: 30-03-2007 14:52 |
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Nooo!! Come ho potuto scordarmi di menzionarti tra i collaboratori di questo topic, caro Hyperion19!!! Perdonami, se mai potrai!!!!
Innanzitutto, dicevi che "il superuomo all'orizzonte aperto ci arriva con una sua identità che lo rende una unità autoconsistente": ma il superuomo è piuttosto un io depotenziato, scevro di tutte le caratteristiche "forti". Non si può nemmeno dire che sia un Io, un Soggetto: almeno, Nietzsche non lo fa mai, in nessuno dei suoi scritti. Mi ricollego a questo perchè ritengo sia una precisazione importante da fare.
Detto ciò, è chiaro che se uno demolisce tutto ciò che c'era prima solo per portarti di fronte alla vera verità, a qualcuno potrebbe venire il dubbio che anche questa verità non sia null'altro che un nuovo Velo, o quello vecchio addirittura, o soltanto un modo per perpetuare il Mito. In realtà il pensiero dell'Eterno Ritorno, come lo stesso Nietzsche doveva avvertire, è del tutto impensabile. Un pensiero impensabile, o come vuole Vattimo una vera "vertigine del pensiero", che stordisce: lo stesso Nietzsche diviene fumoso, quando ne parla, non per cifra stilistica, ma perchè non può fare altrimenti. Non so se si tratti di afasìa, di certo mai come qui si rasenta l'indicibile. Ora tu mi parli di "dissociazione dalla possibilità" come parte della "schizofrenia della modernità", ma credo che il fraintendimento risieda proprio qui: tutt'altro, non è scoprire una realtà nuova. Questa possibilità, la possibilità della possibilità dalla quale tu ci vedi dissociati: questo è l'eterno ritorno! Non è che una possibilità: vuoi che sia la fine del limite e del concetto di limite? E lo è, in qualche misura. "La fine dell'abitudine a percepire un atto (ogni atto) di conoscenza come un atto di rottura e rigenerazione"? Lo è ancor di più, a mio avviso. Scrivi: "accettare la possibilità come parte dei fatti che attendono di accadere è il nocciolo della percezione dell'orizzonte". Intendo l'eterno ritorno come semplice possibilità, ma una possibilità in grado di trasformarci completamente, come per millenni ha saputo fare la sola e semplice possibilità della dannazione eterna. Rappresenta la rottura definitiva con un modo di vedere il mondo. Nietzshe ha passato la vita, con la genealogia prima e con la "filosofia del mattino" poi, a cercare di demolire tutto il nostro mondo, per dimostrarci che tutto ciò che noi crediamo essere fattuale , essere un "fatto", non è nient'altro che realtà "umana, troppo umana", qualcosa di aggiunto dopo, messo lì a posteriori. L'interpretazione che sostituisce l'Eterno Ritorno alla verità abbattuta dal filosofo è errata: parlo di un interpretazione cosmologica, "fondante" dell'Eterno Ritorno (“Tutte le cose dritte mentono, borbottò sprezzante il nano. Ogni verità è ricurva, il tempo stesso è un circolo”. “Tu, spirito di gravità!, dissi io incollerito, non prendere la cosa troppo alla leggera!”, [C.P.Z., “La Visione e l’Enigma”]). L'eterno ritorno è qualcosa di possibile, anch'esso un'interpretazione (“anzi, tanto meglio” [se lo fosse], Al Di Là Del Bene E Del Male). Io vedo l’opera di smascheramento portata avanti da Nietzsche come un qualcosa che salva (“laddove aumenta il pericolo, cresce anche ciò che salva”, come voleva Holderlin, no?), perché ha il coraggio di dire cosa c’è “dietro” quello che comunemente crediamo, quello in cui comunemente abbiamo fede, quello che ogni giorno pensiamo. Nietzsche non è metodologicamente troppo lontano da un Marx: sono ovviamente diversi i fini della loro analisi, ma il concetto di fondo parrebbe essere molto simile.
Quale spazio per la felicità in un mondo simile?? Nel mondo della volontà di potenza, che vuole soltanto affermare se stessa?? Nel mondo della prevaricazione?? Esiste la felicità in un mondo simile?? Serve una “decisione” per essere felici.
Mi chiedi quanta diversità possa sopportare l’uomo. Io non so risponderti. Nietzsche nemmeno lo sapeva, magari: si limitava a dire che la “salute” di una volontà, il suo valore, era da misurarsi sulla base di quanta di questa diversità fosse in grado di sopportare, da quanta verità (intesa come smascheramento) fosse ancora in grado di reggere con tutto il suo peso sulle proprie spalle. Egli usava dire che tutti gli spiriti deboli periscono, in queste condizioni. Mi piace il fatto che qui ci troviamo agli antipodi del pensiero forte, delle sue categorie violente (l’Essere, la Verità, l’Io, il Soggetto): “che importa di me, sta scritto sulla porta del pensatore futuro!”. L’eterno ritorno è l’artificio che annulla le distanze tra evento e senso, rendendo possibile una fruizione “diretta” dell’esistenza: è legato alla decisione, perché si tratta di vedere un destino come un’unità di senso voluta e creata (quello che Nietzsche chiamava Amor Fati). E’ la decisione di Zarathustra che con un bel morso secco stacca la testa al serpente che lo stava strangolando, riuscendone circonfuso di una grande luce, e quasi divino. Zarathustra ride: “mai prima al mondo aveva riso un uomo, come lui rise!” (C.P.Z., “La Visione e l’Enigma). Egli prende la decisione di redimersi dal tempo che scandisce le nostre vite inanellando uno dopo l’altro momenti topici, grandi momenti solo in funzione dei quali il cammino che è la vita assume significato: nascita, morte, resurrezione. Egli spezza, con la sua decisione, questa catena, permettendo così ad evento e senso di tornare a coincidere liberandosi di quella struttura edipica del tempo nella quale ogni istante è divorato dal suo successore (come il figlio divora il padre) e nessuna felicità è possibile perché nessuna pienezza di senso può competere ad un attimo in sé. L’Eterno Ritorno supera tutto questo. Nietzsche non vuole l’accettazione rassegnata delle cose come sono (l’Amor Fati non è questo, come già detto per Nietzsche il destino è sempre un’unità di senso voluta e creata), ma vuole un mondo nel quale sia possibile VOLERE l’eterno ritorno dell’uguale. Questo è il nodo della decisione: Nietzsche non ne venne mai a capo, non poteva riuscirvi senza compromettere l’impostazione precedente del proprio filosofare, e d’altra parte non poteva rassegnarsi a fornire una nuova interpretazione metafisica della realtà cui l’adepto avrebbe dovuto semplicemente aderire, senza porsi alcun problema. È bensì di fronte alla problematicità del reale che il pensiero di Nietzsche vuole ricondurci: possiamo restare ciechi e muti e perpetuare il mito offrendo ogni volta una nuova Weltanshauung cui chi ci ascolta debba aderire, o possiamo restituire la Weltanshauung stessa al suo ambito d’esistenza, quello di non essere nient’altro che interpretazione, di agire come sistematizzazione del mondo (inevitabile, se si vuole, auspicabile, magari) ma essere comunque solo una interpretazione di quella cosa che trattiamo come Unità e chiamiamo Mondo, fondata su certi presupposti (legati all’interesse di qualcuno, alla conservazione della specie, alla volontà di potenza, a motivi di ordine economico, a quel che si vuole) e non diversa da altre: più valida, magari. Non è tutto indifferente in questo mondo: l’uomo deve decidere da quale parte stare. Questa è la problematica della decisione, banalizzata, se vogliamo, ma riportata comunque al livello della nostra vita di ogni giorno.
[…]
5. Il “mondo vero” – un’idea, che non serve più a niente, nemmeno più vincolante – un’idea divenuta inutile e superflua, quindi un’idea confutata: eliminiamola!
(Giorno chiaro; prima colazione; ritorno del bon sens e della serenità; Platone rosso di vergogna; baccano indiavolato di tutti gli spiriti liberi).
6. Abbiamo tolto di mezzo il mondo vero: quale mondo ci è rimasto? Forse quello apparente?... Ma no! Col mondo vero abbiamo eliminato anche quello apparente!
(Mezzogiorno; momento dell’ombra più corta; fine del lunghissimo errore; apogeo dell’umanità; INCIPIT ZARATHUSTRA).
Il contenitore è aperto nel senso che il cammino, in questo nuovo Multiverso Indebolito, in questo Multiverso Debole, è appena cominciato: il lento risveglio del bon sens dovrebbe condurci su una nuova strada. Sta a noi decidere.
Questo è quello che penso.
_________________ Formula della mia felicità: un sì, un no, una linea retta, una meta... (F.W.Nietzsche) |
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