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Autore Billy Wilder, Nel mito di Hollywood cercando l'ultima battuta
gatsby

Reg.: 21 Nov 2002
Messaggi: 15032
Da: Roma (RM)
Inviato: 27-08-2003 15:22  
Durante l'Estate ho avuto modo di leggere questo bell'articolo su uno dei miei registi preferiti non da molto tempo scomparso.
Spero faccia piacere anche a voi, così come lo ha fatto a me


"Nel mito di Hollywood
cercando l'ultima battuta"
di ANTONIO MONDA



"Pochi mesi prima di morire, Billy Wilder ricevette una visita dalla sua amica Charlotte Chandler, la quale cercò di alleviarne la fragilità di ultra novantenne con un passato autoritario con una serie di racconti della Hollywood più gloriosa. Il regista apprezzò sinceramente il tentativo della scrittrice, e si divertì a rievocare amici che aveva trasformato in star e vicende che erano diventate parte del mito hollywoodiano, ma poi, quando la conversazione si spostò su un cinema contemporaneo che gli riusciva difficile da comprendere, le disse a bruciapelo: "C'è solo un motivo possibile per cui io sia ancora vivo. Dio deve essersi dimenticato di me".

La Chandler, che ha raccontato la sua amicizia con Wilder in un libro di ricordi uscito recentemente in America (Nobody's perfect, Simon & Schuster, pagg. 352, 27.50 dollari) colloca la battuta all'interno della sconfinata antologia di uscite fulminanti che hanno caratterizzato la personalità del grande regista viennese, sottolineando tuttavia l'alone malinconico che ha segnato negli ultimi tempi un gigante della settima arte consapevole di essere ancora grande in un cinema che era diventato piccolo.

Il testo, godibile per il suo approccio volutamente leggero e aneddotico, prende il titolo dal celebre finale di A qualcuno piace caldo, e inizia con una dichiarazione del regista che spiega come la battuta enunci alla perfezione la propria poetica ("tra gli esseri perfetti non esiste dramma o commedia") prima di riflettere sull'idea di collaborazione: Wilder è stato uno dei registi che ha creduto maggiormente nell'importanza del lavoro di équipe e nell'imprescindibilità dell'elemento industriale all'interno del cinema, tuttavia ha interpretato ogni fase della realizzazione di un film come "un'arte, e mai come una scienza".
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Non è certo umiltà senile quella che lo ha portato a raccontare che molte idee fossero da attribuire ai suoi due co-sceneggiatori Charles Bracket e I. L. Diamond, ed è affascinante riscoprire una puntuale dimostrazione delle sue tesi perfino nel fatto che Wilder attribuisca la battuta in questione a I. L. Diamond mentre lo sceneggiatore giura che sia stata opera del regista.

Wilder, che ha dichiarato di essere diventato un regista solo per "evitare che le sue sceneggiature venissero massacrate" rivela nei ricordi una sensibilità ben diversa dalla superficie disincantata: il suo spirito beffardo si inserisce a pieno titolo nella tradizione più colta e dolente dell'umorismo ebraico ("ho perso mia madre, la mia famiglia e i miei amici ad Auschwitz. Sono felice di aver avuto l'opportunità di divertire qualcuno"), e gli aspetti inediti della sua vita personale manifestano ripetutamente un animo alla ricerca del tempo perduto: gran parte dei quadri della sua celebre collezione erano opera di artisti come Schiele, Kokoschka e Klimt.

Se le precedenti biografie e il bel libro-intervista di Cameron Crowe ponevano il proprio accento in particolare su episodi leggendari e paradossali (gli incontri con Freud, gli scontri con un industria interessata all'incasso dell'ultimo film) e sulla libertà intellettuale di un regista che nascondeva un inguaribile romanticismo in un folgorante cinismo di superficie, Nobody's perfect immortala un artista giunto alla fine del proprio viaggio, lucidamente consapevole che i rimpianti sembrano sempre superiori ai ricordi.

Lungo un itinerario cinematografico unico, nel quale si è cimentato con eguale successo in generi diversi che sono andati dal film processuale al sentimentale, dal noir alla commedia, dal dramma alla satira sociale, Wilder è riuscito a offrire a Greta Garbo l'opportunità di sorridere sul grande schermo, a Gloria Swanson il ritorno dal viale del tramonto, a William Holden la consacrazione come star, a Jack Lemmon un'intera carriera, a Walter Matthau il suo unico Oscar e a Marilyn Monroe l'immagine che più di ogni altra l'ha resa immortale.

La scena di Quando la moglie è in vacanza in cui lo sbuffo della metropolitana le solleva la gonna venne girata sotto gli occhi furibondi di Joe Di Maggio, che tentava inutilmente di camuffare in un sorriso la propria gelosia. Wilder, che lo frequentò durante le riprese come fece in seguito con Arthur Miller, ricorda che quest'ultimo esibiva invece un aplomb impeccabile all'epoca di A qualcuno piace caldo e commenta che i matrimoni della star "fallirono perché Di Maggio scoprì che era Marilyn Monroe e Miller che non lo era".

Tra i tanti rimpianti, il regista confida che avrebbe voluto girare Schindler's List ("ma non sarei mai riuscito a realizzarlo bene come ha fatto Spielberg") e appare sinceramente rammaricato di non aver mai lavorato con Cary Grant, il suo attore preferito: "Avremmo dovuto lavorare insieme varie volte, ma non ci siamo mai riusciti. Mi è dispiaciuto soprattutto in Arianna, dove l'ho sostituito con Gary Cooper, senza rendermi conto che quest'ultimo aveva cominciato ad interpretare il film la settimana in cui era diventato vecchio".

La Chandler stempera nell'ironia alcuni dei giudizi spietati presenti nel libro di Crowe ("Non mi piace Godard: sotto la sua maschera di uomo sofisticato si nasconde null'altro che un dilettante") e riconduce ogni scelta personale e artistica ai primi anni di una vita sempre imprevedibile, in cui il sorriso si è dimostrato l'unico antidoto possibile per combattere i soprusi e le debolezze umane.

Alcune della pagine migliori sono relative alla scoperta del nuovo mondo, dove il giovane emigrante rimase immediatamente incantato per l'opulenza e il senso di opportunità, e riuscì a trovare lavoro grazie all'amico Joe May, che gli offrì 150 dollari alla settimana come sceneggiatore. Nonostante la benedizione dell'amico e maestro Lubitsch, gli inizi non furono affatto facili, e il suo approccio diretto fino alla brutalità gli assicurò numerose ostilità. La Chandler dedica poco spazio al turbolento rapporto con Peter Sellers, che abbandonò il set di Baciami Stupido dopo pochi giorni di riprese, e lascia intendere che il rapporto con Marilyn era segnato da un affetto a suo modo autentico: "Se avesse accettato di fare Irma la Dolce probabilmente sarebbe viva", confida, prima di concludere "ma probabilmente sarei morto io su quel set".

Tra le persone con cui non riuscì mai a legare ci fu Raymond Chandler, chiamato dalla Paramount a sceneggiare La fiamma del peccato: Wilder gli chiese di riscrivere sequenze che non gli sembravano adatte a un film. I due litigarono in particolare per l'uso della voce off, e solo molti anni dopo ammise che non doveva essere stato facile per il romanziere sentire "un giovanotto con un buffo accento che gli spiegava come scrivere una storia americana".

Di Viale del tramonto rivela che la prima scelta per la protagonista era stata Mae West, la quale capì che il personaggio era ispirato proprio a lei e rifiutò con la motivazione che "Bill Holden non riuscirebbe mai lasciarmi: dopo una notte con me non riuscirebbe ad alzarsi dal letto neanche per andare in piscina". In origine il film doveva essere una vera e propria commedia, e solo in seguito prese la struttura da dramma gotico nel quale l'ironia è presente senza che i personaggi ne siano consapevoli.

Tra gli aneddoti rivelatori, appassionerà certamente i cinephile la confessione che l'idea originale de L'appartamento nacque da una sequenza di Breve Incontro di Lean, mentre di Prima Pagina veniamo a scoprire che lo diresse senza grande entusiasmo, per liberarsi dall'incubo di dedicare il novanta per cento del proprio tempo alla produzione e solo il dieci per cento alla regia.

Il legame inscindibile con l'industria convinse Wilder a tagliare sequenze rifiutate dal pubblico delle proiezioni d'assaggio (il finale della Fiamma del peccato con l'esecuzione di Fred MacMurray nella camera a gas, l'inizio di Viale del tramonto con il cadavere di William Holden riconoscibile alla morgue da un bigliettino sul piede), e il rispetto assoluto del prodotto che realizzava di volta in volta lo porta a raccontare alla Chandler: "Non ho mai avuto una relazione con una delle mie attrici. Non perché non sarei stato capace di tradire mia moglie, ma perché non avrei mai potuto tradire il mio film".

La biografa rimane interdetta, e il regista continua, in un crescendo divertito: "Credo che mia moglie non mi avrebbe mai perdonato una scappatella, tranne che con Marilyn. In quel caso avrebbe fatto trapelare l'accaduto in modo di acquisire una dimensione mitica: l'uomo che è andato a letto con Marilyn ha sposato me".

Tuttavia, uno dei pregi del libro è il modo in cui il tono beffardo si alterna a una concezione dell'esistenza segnata dall'amara consapevolezza di non ottenere mai quello che si è sempre sognato, e di riscoprire la propria dignità nel saper resistere alle sconfitte della vita. Quando la Chandler chiede cosa vorrebbe leggere sulla propria tomba, Wilder risponde "qui riposa uno scrittore", e quando vuol sapere come definirebbe se stesso sente dire: "Un domatore che è riuscito a durare senza farsi mangiare dai leoni" ."


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TINTOBRASS

Reg.: 25 Giu 2002
Messaggi: 5081
Da: Roma (RM)
Inviato: 27-08-2003 19:54  
Mi auguro che il libro esca anche da noi, in tal caso non vedo l'ora! Billy Wilder è stato un vero rivoluzionario: ci ha insegnato a ridere di tutto, a sdrammatizzare persino la morte.
Fra i suoi film non comici, "Viale del tramonto" a parte (che resta, a mio avviso, il punto più alto mai raggiunto dall'arte cinematografica), non smetterò mai di amare "Giorni perduti", "La fiamma del peccato", "Testimone d'accusa". Grande, zio Billy!
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