Sole a catinelle

"La stoffa dei sogni"

Intervista al regista.


di Rosanna Donato29 Novembre 2016



Abbiamo avuto il piacere di intervistare Gianfranco Cabiddu, regista de "La stoffa dei sogni" che vede come interpreti principali Sergio Rubini, Ennio Fantastichini, Renato Carpentieri e Teresa Saponangelo tra i tanti. Durante l'incontro il regista ci ha raccontato di aver avuto la fortuna di lavorare con Eduardo De Filippo per molti anni e di aver registrato insieme a lui l'opera di Shakespeare "La tempesta" in napoletano 'antico'.
"Dopo aver visto l'isola dell'Asinara, - ha detto Cabiddu -, che da carcere di massima sicurezza è diventato parco nazionale, mi è sembrato di sbarcare sull'isola di Prospero e da lì ho iniziato a lavorare su questi testi per riprendere l'inizio etico che Eduardo usava nella sua arte della commedia. Una volta avuto il copione, ho cercato gli attori che mi sembravano più adatti, senza farmi il problema della fama. Tutti gli attori hanno deciso di prendere parte al progetto sulla base di una fiducia in me e, soprattutto, nel testo, contraddicendo il fatto che i film italiani non incassino e che gli attori coinvolti siano tutti uguali. Credo che ciò fondamentalmente si basi sulla scrittura: voglio fare un omaggio a Luca De Filippo che ci ha lasciati poco tempo fa e considerava il lavoro dell'attore come un mestiere. Ho riscoperto questa gioia di recitare nella finzione, in una parte che riprende Shakespeare o Eduardo, perché l'attore è paradossalmente più libero di quando deve fare se stesso, deve fare il suo personaggio. Si cerca meno di inventare e più di fare qualcosa che funzioni, anche agli occhi della produzione. Qui gli attori hanno avuto un'enorme libertà e, infatti, ognuno di loro ha portato un pezzo della sua esperienza".
Il film è stato girato in Sardegna, che è anche la terra di origine del regista, quindi c'è sembrato naturale chiedergli quale fosse il suo rapporto con l'isola. "Sull'isola c'è uno scenario fantastico per il cinema. La Sardegna ha degli scorci di paradiso magnifici, anche se è un'isola durissima per certi versi. Ha regalato molto al film perché non essendoci alberghi, ristoranti, abbiamo vissuto in un clima di comunità, anche se un po' abbandonati fuori dal mondo per mesi: i cinghiali girano liberi. Una cosa che stressava molto Rubini era che i telefoni prendevano solo in un promontorio e la sera al tramonto si vedevano tutti andare lì per telefonare ed erano sempre circondati dai cinghiali. Sull'isola si sente un tempo diverso e ciò è diventato una battuta del film, quando viene detto che "Il tempo in un'isola si dilata, cambia completamente". Insomma, la percezione del tempo è diversa da vivere. Ho un rapporto travagliato con la Sardegna. Le mie storie, quelle in cui sono coinvolto anche per la parte progettuale, le ambiento tutte in Sardegna. Questo perché per me l'ambiente circostante, il paesaggio, è un personaggio. Nella mia visione influisce nelle storie e nel carattere dei personaggi: li modificano, amplificano, o li cambiano in qualche modo. L'attore che fa il pastore Antioco il pastore parla in saldo stretto. Lui capisce la sua condizione vedendosi specchiato nel teatro. Quindi è proprio apprendendo e, di conseguenza, imparando la cultura che ci si rende conto della propria situazione. In questo modo ci sono le premesse per sentirsi liberi e lui capisce guardando lo spettacolo teatrale quale sia la sua reale condizione".
È proprio questa figura emblematica che colpisce lo spettatore, perché è "come se volesse condividere con noi la bellezza. Quando lui fischia e fa quei rumori della natura, c'è proprio la sensazione che la natura in qualche modo ti stia chiamando e che la bellezza sia qualcosa che può essere sentita anche dalle persone più semplici. Possiamo dire che è un messaggio di speranza. Avevo voglia di poesia: c'è un dolore in questa sua difficoltà di comunicare e quando capisce gli strumenti del teatro è come se volesse inserirsi".
Attualmente il regista sta lavorando al montaggio di un film tratto da "Il flauto magico" con l'Orchestra di Piazza Vittorio (un film musicale girato interamente a Roma e co-diretto da Mario Tronco, che in precedenza aveva già portato il progetto a teatro). Si tratta di una favola musicale dedicata a Mozart. Al momento sappiamo che Fabrizio Bentivoglio vestirà i panni del Re.



È interessante il parallelismo tra la storia dei personaggi de La stoffa dei sogni e quella de La tempesta. Ad esempio il fatto che il boss abbia veramente un figlio di nome Ferdinando e che sia scomparso.
Gianfranco Cabiddu: Sì, questo è un espediente, una sorta di teatro nel teatro: la vita scorre e assomiglia al testo che tu stai citando. Per esempio la ragazzina portata in quel logo dal direttore del carcere è come fosse la figlia di Prospero ne "La tempesta", che reclusa sull'isola si innamora del figlio del Re di Napoli (in questo caso il figlio del boss camorrista). Quella ragazza trova il coraggio di rompere questa prigione, quasi dorata, dove in realtà è sola su quest'isola di uomini. Nel film c'è anche un cameo di Luca De Filippo: la versione audio in cui Eduardo registrava tutte le voci è stata curata dopo la sua morte dal figlio Luca. Dopo l'abbiamo realizzato con il nastro registrato utilizzando le marionette dei Colla. Luca è stato veramente molto affettuoso nei confronti del progetto, fino ad accettare di fare un cameo che inizia e chiude il film. Lui infatti è il capitano della nave e questa è l'ultima sua apparizione in video. Non sono attori di grido che cercano la fama, ma sono interpreti che svolgono il mestiere dell'attore. Luca era proprio così, si è abbandonato al mestiere dell'attore, ha accettato di portare avanti il lavoro di suo padre e suo nonno. Idealmente la pellicola è dedicata a lui, ma è anche un omaggio a Eduardo e ciò si capisce anche dalla canzone inserita per i titoli di coda: è proprio quest'ultimo a cantarla.

Abbiamo notato una contrapposizione tra i linguaggio colto e curato utilizzato da Sergio Rubini ed Ennio Fantastichini e quello più volgare usato dai camorristi.
Gianfranco Cabiddu: In questo c'è la grande intuizione di Eduardo. Praticamente la sua traduzione in napoletano de "La Tempesta" ha segnato una cosa importante. Shakespeare e lui sono due capocomici che devono raggiungere il pubblico. Nelle loro opere, anche le più complesse, c'è sempre il senso dello spettacolo, c'è la ricerca di una costante comunicazione con il pubblico. Per cui nella lingua di De Filippo Shakespeare diventa qualcosa da poter recitare, qualcosa che ha in sé una lingua popolare. La vita si mischia alla finzione e viceversa la finzione rende più chiare delle cose della propria esistenza: il teatro in qualche modo svela e rivela.

Per quanto riguarda il personaggio di Rubini, è come se lui interpretasse lo stesso Eduardo De Filippo quando adatta in napoletano la storia de "La tempesta".
Gianfranco Cabiddu: Io sono molto soddisfatto del lavoro di Rubini perché si è preso un rischio enorme. Lui, un attore, è riuscito a citare lontanamente Eduardo De Filippo, ma perché lui l'aveva vissuto quando era ancora un ragazzino. Spesso, anche in carcere, mettono in scena le commedie di Eduardo in quanto è qualcosa di immediato, un po' come Shakespeare. Insomma, alla fine anche il film è nato da una situazione come quella del carcere. Sono spesso Shakespeare ed Eduardo ad essere ripresi nel teatro, forse per la loro attenzione al pubblico, alla sofferenza, al lato umano delle cose. Sergio è stato bravissimo perché poteva rischiare di scimmiottare De Filippo. Ha recitato entrando dentro e fuori dalla scena. Doveva recitare per il direttore del carcere facendo finta che non ci fossero i camorristi, doveva recitare per il pubblico e allo stesso tempo fare il capocomico. Entrava e usciva da tanti ruoli. Qui torniamo al concetto che per molti gli attori sono sempre gli stessi e che in realtà le commedie italiane ripropongono una formula che funziona, dove l'interprete è quasi costretto a rifare se stesso. Ciò è dovuto al fatto che non ci sia più quel lavoro di scrittura a monte che li rende personaggi da interpretare. Se bisogna andare a vedere Rubini che fa se stesso tanto vale evitare, mentre se si va a vedere un attore interpretato da Rubini che, tra l'altro, realizza anche una parte scritta, allora diventa più interessante.

Parlaci del titolo "La stoffa dei sogni".
Gianfranco Cabiddu: Il titolo è proprio una citazione del testo di Shakespeare, quando dice che "Siamo fatti della stessa stoffa dei sogni". Con la stessa frase, che riprende lo spettacolo presente ne "La tempesta" con gli elfi, si conclude il film. E' uno spettacolo fatto per i due innamorati. C'è sempre questo teatro nel teatro in Shakespeare. Nel film ci sono anche citazioni al testo di "Sogno di una notte di mezza estate", come la parte in cui si fa il casting per affidare i ruoli ai personaggi coinvolti (c'è un teatrante che vorrebbe farli tutti)". E' un testo che funziona perché la gente si diverte anche.

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