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Ancora auguri per la tua morte

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Francesco Lomuscio22 febbraio 2019Voto: 6.0
 

  • Foto dal film Ancora auguri per la tua morte
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Stavolta di cosa si tratta, di un sogno in un altro sogno? Ricordate la studentessa Tree che, interpretata da Jessica Rothe, veniva eliminata nel giorno del suo compleanno da un misterioso individuo mascherato, per poi svegliarsi nel letto di un ragazzo con cui aveva probabilmente diviso l’avventura di una notte e finire nuovamente trucidata dall’omicida, rivivendo quotidianamente la stessa situazione?

Accadde nel 2017 in “Auguri per la tua morte”, diretto dal Christopher Landon che, autore dei non disprezzabili “Il segnato” e “Manuale scout per l’apocalisse zombie”, si propose in qualità di rivisitazione in chiave horror del classico della commedia a stelle e strisce “Ricomincio da capo” di Harold Ramis, un po’ come già fecero, in precedenza, i meno conosciuti “Gruesome” di Jeff e Josh Crook e “Wake up and die” di Miguel Urruita, rispettivamente datati 2006 e 2011.
Nel caso del suo film, però, il discorso fu leggermente diverso, in quanto era un evidente retrogusto da teen movie scolastico a stelle e strisce a caratterizzarlo; man mano che, con l’ignoto serial killer dal volto celato dietro una maschera da Babyface perennemente in agguato, si rivelava una intelligente e originale rivisitazione degli stilemi del filone slasher, costituito da pellicole in cui si susseguono fantasiosi delitti ai danni di un gruppo di persone all’interno di uno spazio più o meno chiuso.

Perché, ricorrendo, appunto, allo stratagemma del loop temporale, non solo si arrivava a fornire una morale relativa alla necessità di cambiamento, ma, pur essendo la vittima quasi sempre la stessa (del resto, oltre a Tree avevamo qualche altro cadavere occasionale), grazie al continuo cambiamento del modus operandi dell’uccisione – tra fuoco, pistole e coltelli – e dell’ambiente in cui essa veniva consumata si garantiva quell’immediato e liberatorio effetto catartico che, tutt’altro che legato alla sadica sofferenza da torture porn, accompagnò soprattutto i massacri su celluloide post-“Venerdì 13” risalenti agli anni Ottanta.
Fino alla scoperta dell’identità e all’eliminazione dell’assassino, che non sembra essere stata, però, sufficiente, a giudicare dal fatto che, sempre sotto la regia di Landon e con il Jason Blum cui dobbiamo i franchise “Paranormal activity” e “Insidious” alla produzione, l’incubo ricomincia in questo sequel, coinvolgendo non solo la protagonista, ma anche il suo fidanzato Carter alias Israel Broussard e Ryan, ovvero Phi Vu, compagno di stanza di lui.
E, mentre lo script cerca la propria nuova diversificazione da quello del primo capitolo nel tirare in ballo loop temporali paralleli e nello stravolgere i momenti del capostipite qui riproposti, è chiaramente il secondo “Ritorno al futuro” a tornare alla memoria, tanto da essere omaggiato in più di un’occasione, citato perfino verbalmente.

Non a caso, l’ulteriore introduzione di un diabolico marchingegno non può fare a meno di conferire un pizzico di inedito sapore fantascientifico alla circa ora e quaranta di visione, rendendo ancor più ingarbugliata la struttura narrativa di un’operazione che appare quasi in qualità di rivisitazione dell’orrore dei cult giovanili sfornati dal compianto John Hughes. Ma, finendo per occultare quasi del tutto il lato relativo alla violenza e alla tensione, l’eccessiva accentuazione dei toni da commedia arriva a penalizzare un insieme sì guardabile, ma che non manca di rivelarsi decisamente inferiore rispetto al simpatico tassello che l’ha preceduto... con un’ultima sequenza posta durante lo scorrimento dei titoli di coda.


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