Non aprite quella porta 2: Limited edition 3 blu-ray

Non aprite quella porta 2: Limited edition 3 blu-ray

L’altra faccia… di pelle!


di Francesco Lomuscio07 gennaio 201915:26



Diffusa la splendida edizione mediabook costituita da tre blu-ray (uno dei quali 4K Ultra HD) di “Non aprite quella porta”, capolavoro del cinema horror messo in piedi nel 1974 da Tobe Hooper ispirandosi a Ed Gein, necrofilo e profanatore di tombe realmente esistito, Koch Media rincara la dose arricchendo ulteriormente la propria gustosa collana Midnight Classics con “Non aprite quella porta 2”, firmato dodici anni più tardi dal compianto cineasta texano.
Anche in questo caso ci troviamo dinanzi a una limited edition mediabook da collezione contenente tre dischi in alta definizione (nessuno dei quali, però, in formato 4K Ultra HD) e un booklet con approfondimenti relativi alla lavorazione del film e al percorso che portò l’autore di “Poltergeist – Demoniache presenze” alla corte della Cannon Group dei produttori e distributori israeliani Menahem Golan e Yoram Globus, per i quali aveva già curato i fantascientifici “Space vampires” e “Invaders”.

Disco 1
Un sequel proposto nel primo dei tre blu-ray con titoli di testa alternativi, dieci minuti di scene eliminate, ventitré di intervista al regista e commento audio di quest’ultimo insieme a David Gregory – al quale si deve il documentario “Texas chainsaw massacre: The shocking truth” presente nel precedente cofanetto – nella sezione extra.
Un sequel che, anziché riciclare banalmente l’idea di base del capostipite, caratterizzata dal gruppo di giovani da trucidare e che aveva finito nel frattempo per influenzare l’esplosione del filone slasher, aperto dai successi di “Halloween – La notte delle streghe” di John Carpenter e “Venerdì 13” di Sean S. Cunningham e caratterizzato da pellicole costruite su fantasiosi omicidi ai danni di persone in uno spazio più o meno chiuso, prese intelligentemente tutt’altra strada.
Infatti, se, senza mostrare troppo, il primo shockante capitolo fu figlio degli anni Settanta e degli orrori della guerra del Vietnam, questo secondo lascia tranquillamente emergere l’intenzione di allacciarsi a tutte le tendenze del più spensierato e cinematograficamente mirato al facile intrattenimento decennio successivo.
Non a caso, se prima le vittime avevano quasi l’aspetto di hippy, qui si comincia con una memorabile aggressione automobilistica ai danni di due yuppy forniti di telefono sulla quattro ruote e il cui momento dell’uccisione, dall’altra parte della cornetta, viene ascoltato e registrato da una deejay dalle fattezze di Caroline Williams.


Disco 2
E non parliamo del fatto che, mentre Dennis Hopper fa la sua entrata in scena nei panni di un ranger che ha un vecchio conto in sospeso con la famiglia di cannibali di cui fa parte il Chop-Top incarnato da un semi-esordiente Bill Moseley (proprio lui, l’Otis de “La casa dei 1000 corpi” e “La casa del diavolo”), stavolta la macchina da presa si concentra maggiormente sulla figura dell’imponente ritardato Leatherface (in Italia Faccia di pelle o Faccia di cuoio), complice la serialità anni Ottanta che ha provveduto a trasformare in autentiche icone del genere boogeyman del calibro di Michael Myers e Jason Voorhees.
Un Leatherface sotto la cui maschera in pelle umana si nasconde ora Bill Johnson e che, come di consueto armato di motosega che non manca stavolta neppure di assumere i connotati di simbolo fallico, non appare più abbigliato da macellaio, bensì con giacca e cravatta.
Aspetto sicuramente mirato a contribuire alla inedita e inaspettata dose di humour grottesco dovuta, probabilmente, al fatto che l’ironia aveva cominciato già da qualche anno a stemperare il tenore spaventoso della Settima arte di paura, tra affermazione del loquace Freddy Krueger della saga “Nightmare” e titoli di cui citiamo soltanto “Il ritorno dei morti viventi” di Dan O’Bannon.
Perché, a differenza del lungometraggio predecessore, questo seguito – che vanta in sceneggiatura il nome di L.M. Kit Carson, già collaboratore di Wim Wenders per “Paris, Texas” – abbraccia in maniera evidente il pensiero dell’estetizzazione tipica dell’epoca reaganiana portando tutto all’eccesso, a cominciare dal povero tizio crudamente massacrato con martello e al quale viene poi asportato il volto.
Una estetizzazione cui contribuisce non poco la splendida fotografia trasudante dominanti ocra, seppia e marroni autunnali e che porta la firma di Richard Kooris, supervisore del master originale del film proposto nel secondo disco e che, differente dall’altro solo in fatto di calibrazione dei colori, è corredato come esso da commento audio di Hooper e Gregory, ma con quarantatré minuti di dietro le quinte del 1986 posti a contenuto speciale.

Disco 3
Estetizzazione accentuata anche dagli ottimi effetti speciali di trucco realizzati dall’infallibile Tom Savini e dal lodevolissimo lavoro svolto sulle scenografie, comprendenti il vecchio forte in cui è ora rifugiata la sadica combriccola capitanata da un Drayton Sawyer alias Jim Siedow che, facendo della carne umana un vero e proprio business, suggerisce inevitabilmente una critica hooperiana nei confronti di quello che fu il periodo d'oro del capitalismo.
Forte che, se consideriamo anche il nonno-mummia che perse il lavoro al mattatoio in seguito all'introduzione delle macchine, non può fare a meno di testimoniare il modo in cui gli assassini in questione rappresentino una vecchia America finita all’ombra dello sfrenato progresso tecnologico e alla quale, di conseguenza, non rimane che cibarsi di quella nuova per sopravvivere.
Come più o meno lasciato intuire anche in successivi episodi, rifacimenti e prequel appartenenti all’epopea della sega elettrica, della quale il numero due gode oltretutto, in questo caso, di un terzo blu-ray interamente dedicato a materiale extra; a cominciare dal documentario “ It runs in the family”, diviso nelle sei parti “Il cast dei personaggi”, “L’arte del caos”, “Carne di prima scelta”, “La sceneggiatura”, “Requiem per un sequel” e “Il padre della motosega”.
Cinque gallerie fotografiche, ventitré minuti di escursione sui set originali attuata dalla trasmissione “Horrors hallowed grounds” e quaranta sulla creazione degli effetti speciali in compagnia di John Vulich, Bart Mixon, Gabe Bartalos e Gino Crognale fanno il resto... insieme a interviste al montatore Alain Jakubowicz, a Bob Elmore, controfigura di Leatherface, e a Chris Douridas e Barry Kinyon, ovvero i due yuppy di cui sopra.

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