Se il cinema è divertimento, questo film è cinema. Se il cinema è emozioni, questo film è cinema. Se il cinema è arte, questo film è cinema. Oltre due ore volate via in un attimo, si rimane rapiti dalla storia tragica ma a volte anche comica e colorita di questa famigliola un pò disastrata, formata da una madre quarantenne vedova (tacchettata e coi jeans attillati che a volte, per look e irruenza, ricorda molto la nostra Loredana Bertè) e suo figlio adolescente, un ragazzo problematico, iperattivo, a volte violento ma che spesso mostra una sensibilità e dolcezza inaspettate. Al duetto si unisce una vicina di casa, anche lei ha subito un trauma negli anni passati, balbetta un pò, è un'insegnante, diventa amica di famiglia e si prende cura del ragazzo. All'inizio del film mi sono chiesto se l'impianto di proiezione fosse difettato, perchè l'immagine è praticamente di proporzioni 1:1. Poi mi sono reso conto che è una scelta voluta del regista, forse per evidenziare uno sguardo più intimo che si fissa su ogni personaggio oppure per rappresentare la claustrofobica condizione di tensione che avvolge i personaggi. La seconda ipotesi per me è la più veritiera, perchè nei momenti (rari) in cui i personaggi sono felici e spensierati, lo schermo si allarga (emozionantissima la scena in cui il ragazzo gioioso "apre" lo schermo con le sue braccia...) e da aria alle immagini e alle emozioni rilassando anche lo spettatore. Ambientata in un Canada di finzione, in cui vige una controversa legge che agevola l'internazione di persone disturbate mentalmente, la storia volge verso un finale un pò inaspettato. Ma non voglio anticipare più nulla, andatelo a vedere, non ve ne pentirete...