Con Apes Revolution siamo al secondo episodio di una trilogia di prequel all'originale Planet of the Apes del 1968, a sua volta padre di 4 sequel fra il 1970 e il 1973, più un remake di Tim Burton del 2001. Insomma, vado al cinema non troppo convinto, ma confortato da ottime recensioni e voti da primo della classe raccolti su altre piattaforme. Ebbene Apes Revolution è uno di quei film dove passati circa 15 minuti di proiezione hai la sensazione che, potendo premere il tasto pausa, saresti in grado di scriverti da solo il resto della trama e ci azzeccheresti pure: infatti tutto fila via liscio secondo aspettative, in un trionfo di ovvietà e clichè condito da interpreti e attori improbabili (il budget dedicato al cast devono esserselo speso tutto per Gary Oldman). Aggiungici pure la solita pretesa trita e ritrita di rifilarti la metafora sulla paura del diverso, la morale su quanto ci sia di buono e di malvagio in una fazione così come nell'altra, e il polpettone è servito. Si, perchè l'unica vera sorpresa di Apes Revolution è l'effetto soporifero, che ti coglie impreparato a più riprese facendoti cedere alla tentazione di sprofondare una volta per tutte nella poltroncina.