Premetto di non aver letto nessun'opera di Bukowsky, quindi il mio giudizio riguarda solo il film. Io non l'ho trovato così lento e noioso anche perché di certo non ci si poteva certo aspettare azione come in un 007 o Mission Impossible. Matt Dillon, con barba incolta e questo fascino tra il rude e il trasandato, dona sicuramente molta forza espressiva al suo personaggio. Troppa forse, nel senso che si perde il vero significato della storia: la sofferenza e l'apatia legata ad un'esistenza insipida e l'uso di alcool per crearsi un mondo proprio come alternativa alla grigia e opprimente realtà. Sarebbe stato più interessante approfondire l'insoddisfazione e l'aggressività del protagonista, il suo lato irrazionale e allucinato, i comportamenti e le emozioni scaturite dallo stato di ubriachezza, l'influenza che questo poteva avere sulla professione di scrittore, la ricerca delle donne come semplice valvola di sfogo oppure bisogno di amore e comprensione. Matt, pur essendo molto bravo, sembra più che altro un galeotto svogliato, appena uscito da Prison Break, o un play-boy appassionato di night club. Non emerge il lato visionario e "maledetto" di un artista scontento, la disperazione per la ricerca costante di qualcosa che non riesce a trovare e che lo porta ad annullarsi. Anche gli incontri e i dialoghi con le donne sono troppo sobri e convenzionali, senza eccessivo erotismo da un lato e senza neanche il torpore e l'alterazione dei sensi portata dall'abuso di alcool. Buoni gli spunti ma si poteva fare molto di più.