Zabriskie point
tra le saline di zabriskie point, dove le polveri del deserto paiono avere eterizzato la vita, nel reame in cui la morte ha posto il suo dominio immortale, si levano inni all'amore.
il genio di antonioni sottolinea con maestrìa l'antico nesso tra le forze di eros e quelle di thanatos: il cittadino dismette la propria divisa di militante tra le file degli uomini e, posto di fronte al mistero della morte, si fa milite d'amore, mettendo radici a terra, e tornando, da uomo-macchina integrato nell'ordine alienante della civiltà dei consumi, un uomo-dio, integrato nell'armonia della natura, i cui orologi ancestrali non ticchettano i ritmi nervosi delle lancette manageriali, ma segnano un'oscillazione lenta come i processi erosivi, alla cui solenne cadenza si cullano i nuovi cercatori della beata coscienza primitiva e sentimentale.
questo il sogno della generazione "dei fiori" che viene magistralmente immortalato in sequenze dalla bellezza mesmerizzante, direi onirica (all'oggettività quasi cronachistica delle riprese iniziali si sostituisce, gradatamente, la trasfigurazione dei dati oggettivi in un'aura simbolica, vapore di sogno), in cui l'amore tra un uomo e una donna si fa amore tra tutti gli uomini e tutte le donne, in un lepore di gioco e sensualità diafani come il sale cristallizzato che sigilla il bacio (salato poiché denso, sapido di coscienza, recuperata consapevolezza) dei due protagonisti.
il momento sessuale è presentato quale atto consapevole di espansione panica nell'elemento primordiale, materia insufflata di vita, la sabbia (i corpi acquisiscono una tinta mimetica, nel corso dei frenetici corteggiamenti). il tentativo è quello del recupero di una dimensione di uomo olistica e adamitica, laddove il trionfo del sistema capitalistico ha ridotto l'uomo, creatura a sangue caldo palpitante l'alito immortale degli dèi, a umanoide, inorganico automa deprivato di soffio vitale (i benpensanti borghesi ingrassati come animali da cortile che la telecamera inquadra ricordano certi volti plasmati dalla mano di duane hanson), cellula inerte d'un tessuto malato: la massa.
il viaggio iniziatico di mark, che profetizzava nelle sue prime battute la propria sorte sacrificale, lo condurrà ad immolarsi per la causa d'amore, le cui delizie gli sono state schiuse nell'edenica death valley: un cimitero naturale divenuto eldorado. c'è più vita nel deserto della morte, pare suggerire antonioni, che non nel turbinio delle metropoli popolate da morti-viventi.
al potere salvifico dei risvegliati abbattere ora, con gesto rituale (tale l'occhiata profetica rivolta allo spettatore dalla giovane daria poco prima del suo rientro), la sgraziata costruzione artificiale (emblema dell'impero dei consumi) che, come un bubbone sul corpo della dèa, infierisce la sua putrescenza all'organismo maestoso della natura antica.
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