Il film “Nativity”, nelle sale cinematografiche da dicembre scorso, presenta la figura di san Giuseppe come uno dei protagonisti, anzi è forse il personaggio che maggiormente risalta in questa pellicola. Interpretato in modo credibile dall’attore americano Oscar Isaac, il film è condotto dalla regia di Catherine Hardwicke, regista attenta al mondo adolescenziale. Di due adolescenti e della loro straordinaria avventura racconta pure Nativity: la giovanissima Maria e il giovane Giuseppe. Bisogna dare atto che il film è decisamente fedele al racconto del vangelo di Matteo e Luca, accurato nel riprodurre il contesto storico-geografico, umanissimo nel ripercorrere la storia e i sentimenti di Maria e Giuseppe. Una storia risaputa e raccontata milioni di volte, ma non poche volte dando eccessivo spazio al miracolismo degli apocrifi, all’enfasi della spettacolarizzazione, alla superficialità scontata o ad una riduzione a fatto puramente umano che esclude l’intervento divino. Qui invece la regia è delicata (si nota la mano femminile), rispettosa del dato evangelico, da un lato asciutta e scarna, dall’altro poetica e suggestiva, accompagnata da una bella fotografia e da una musica dolce.
Senza cedere alla retorica dei kolossal, il film segue l’evolversi del rapporto tra Giuseppe e Maria, fino alla natività e alla fuga in Egitto, con le scene che si susseguono, i discorsi essenziali, i gesti e gli sguardi che esprimono più delle parole. Il viaggio da Nazaret a Betlemme, con l’immancabile asinello, è rappresentato realisticamente nella sua durezza, il lungo cammino con le brevi soste per riposare e mangiare... Come è attento Giuseppe ad alleviare il più possibile ogni cosa alla sposa debole e incinta. Come gli è vicina ed affettuosa Maria che in un momento di spossatezza gli lenisce le ferite ai piedi e si rivolge al bimbo dentro di sé: “figlio mio, avrai un uomo dal cuore buono e giusto che ti crescerà, un uomo disposto a donare se stesso più di qualsiasi altro al mondo”!… Finalmente arrivano a Betlemme. L’affanno per la ricerca senza frutto di un alloggio è compensato dall’avvenimento centrale di tutta la storia: in una grotta, ricovero di pecore e animali, nasce Gesù, il Salvatore del mondo. E’ proprio Giuseppe, pieno di gioia, a riceverlo, ad innalzarlo al cielo, a prenderlo tra le braccia e a porgerlo alla madre. Non è rappresentato come capita altrove, magari distratto o affaccendato a cercare la legna o a portare la lanterna. Semplice la scena dei pastori che avvisati dall’angelo si avvicinano e ricevono il dono del Cielo che è anche per loro. Simpatici i Magi che, partiti da lontano e scrutando le stelle, portano i loro regali e riconoscono il regalo più grande nel Messia, “il più grande dei re nato dal più umile degli uomini, Dio che si è fatto carne”. Maria si rivolge a Giuseppe, attestandogli la grandezza del suo compito: “Dio mi ha dato la forza che avevo pregato di avere… me l’ha data il Signore e me l’hai data tu”!
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