Il secondo film di Malick. Il suo secondo capolavoro, a cui seguirà vent'anni dopo l'immenso "La sottile linea rossa". Come le altre pellicole del regista, anche "I giorni del cielo" ad una prima visione potrebbe lasciare attoniti, si direbbe inappagati. La storia finisce, il protagonista muore ma la vita continua. Non c'è una morale da poter ricavare, in primo luogo perché non si possono individuare personaggi buoni contrapposti a personaggi cattivi. C'è la figura femminile,contemplativa e riflessiva, che segue quella maschile, attiva ma anche fragile. Su tutto la tragedia che incombe: vissuta non con sofferenza, ma con distacco. Ed è questo distacco una delle caratteristiche più poetiche e inconfondibili del cinema di Malick: naturalista, apatico ma contemporaneamente fortemente emotivo, forse panteistico. Ad inglobare tutto, una natura meravigliosa e partecipativa, osservata sia dalle grandi distanze sia nel dettaglio. Musica malinconica di Morricone e fotografia pittorica di quel grandissimo talento (ora purtroppo scomparso) di Nestor Almendros. Un film magnifico, consigliabile da vedere (e rivedere) a chiunque ami il cinema.