Colori. Digitalizzazioni feroci. Morphing estremi. Fotografia eccelsa (Ricardo Aronovich, pluripremiato direttore della fotografia) e montaggio sorprendente (Bernat Vilaplana). Ecco le cose che per prime emergono dalla visione di "Yo puta", il film della regista spagnola Luna. E' una pellicola che odora di settimanale di moda, che sa di vogue e cosmopolitan, che è fresca, veloce, accattivante, provocante e per alcuni versi innovativa. Ma che, come questi ultimi, riesce a trasmettere a volte solo vacuità abacinanti e leggiadria di spirito.
Il tema trattato è la prostituzione, sia maschile che femminile, sia privata che pubblica (la pornografia). La regista utilizza uno stile promiscuo, tra realtà e finzione, tra documentario e fiction, usando attori per le interviste con i "mestieranti"(forse) e pornostar vere/i. Affianca alle interviste con stile documentaristico, girate esacerbando gli aspetti di fiction collocando gli/le intervistati/e su uno sfondo posticcio e iridescente (tramonti, nuvole, bagni pubblici, macellerie, ospedali), a una storia girata in maniera "classica": Daryl Anna e Denise Richard che sono vicine di casa e la prima fa da cicerone nel mondo della prostituzione d'alto bordo alla seconda. Questo sembra proprio essere il punto nero del film: inutile, pieno di retorica (vorrebbe essere un modo per dire: "guardate, è così che succede") e recitato mediocremente, appesantisce lo stile veloce e colorato che è la vera perla della pellicola.
In più, linguaggio esplicito come da realtà, forse qualche "mestierante" autentico e quei due o tre spezzoni montati e girati da vero documentario contribuiscono alla creazione di un prodotto ben vendibile e appetibile alle bocche più eterogenee (vedi il provino con la futura pornostar che sta lì lì per concedersi ma che all'inizio nega di voler fare film hard, girato sovraesposto e con telecamera digitale a mano, intervistatore mai ripreso - non si può non vederci Godard).
Luna non si capisce se voglia denunciare o semplicemente illustrare, se voglia muovere a compassione o "demagogare", se voglia intrattenere o denunciare. A confondere è quel suo stile, ripeto, così pieno e "ggiovane", così ditalmente barocco ma assolutamente nuovo e piacevole che prende possesso dell'intera pellicola e la fa da padrone.
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