Pontormo - olga di comite
non era facile affrontare tale personaggio in un film. ci ha provato il regista giovanni fago con l'opera uscita in questi giorni. il periodo preso a soggetto è quello degli anni della tarda maturità, quando jacopo carucci, su commissione del duca cosimo dei medici, è impegnato negli affreschi del coro di san lorenzo, che non porterà a termine. il suo giudizio universale, concluso dal bronzino, amico ed allievo, verrà distrutto nel 1738 su ordine dell'ultimo esponente dei medici. a film finito, si può dire che delle cose importanti c'è tutto: la visione a volte allucinata del pontormo, l'esasperante lentezza nel lavoro, la concezione religiosa combattuta tra ortodossia ed echi savonaroliani, il tratto ispido e solitario del personaggio, il culto per la libertà dell'artista. eppure l'opera, così ambiziosa e minuziosa negli ingredienti, risulta scarsamente emozionante, intrinsecamente ripetitiva, così come poco espressiva appare l'interpretazione di joe mantegna. la narrazione poi è lenta e monotona: primi piani alternati, dialoghi arruffati e incolori, luoghi rinascimentali poco valorizzati, ricostruzione d'epoca attenta ma troppo povera. la musica di pino donaggio infine, con toni pseudosacri di maniera, risulta invadente.
in sintesi la storia racconta l'elaborazione difficile dell'opera tarda del maestro e mette in risalto l'episodio di una fanciulla (galatea ranzi) accusata come strega dall'inquisizione e difesa dalla testimonianza del pontormo, sia per essere in pace con la propria coscienza, sia perché se ne è invaghito in silenzio. qua e là qualche scena di genere sulla vita del tempo, alcune pennellate sulla situazione storica per spiegare l'opportunismo di sempre della politica, con un occhio al peso crescente dell'inquisizione. rimangono comunque impresso il colorismo ricercato e personalissimo del pittore, percorso da colori acidi, esplosivi, quasi tattili, le sue composizioni in equilibri difficili e strani, il naturalismo che in alcune opere denuncia la forte tensione interiore dell'uomo e le sue angosciose domande. queste ultime, per la problematicità, a volte ambigua, verso ciò che l'ha preceduto e per i dubbi sui tempi che cambiano, sono molto simili alle nostre.
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