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Titolo film:    Mi piace lavorare - Mobbing
Opinioni presenti:    30
Media Voto:    7 - Media Voto: 7


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Il parere di Psicodecomposta, 99 anni, roma (RM)
Mobbing- l'esasperazione nel reale
Voto 7 di 10 Voto 7di 10
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La Comencini sviluppa il suo film-documentario a partire dagli spunti, dalle immagini, dalle sonorità mutuate da un nuovo vocabolo entrato con prepotente inevitabilità nel nostro dizionario: mobbing, dall'inglese To Mob,assalire.Lo fa attraverso una storia che stupisce per la sua evidenza, la vicenda fortemente personalizzata eppure diffusa, visibile, di una donna sola, con una bambina decenne, che subisce gradualmente, al lavoro, un processo di discriminazione e reclusione. Un'azienda privata, una come tante, nè peggiore, nè migliore. Anna, che vive nelle fattezze sommesse e stralunate di Nicoletta Braschi, forse l'unica attrice professionista del film, svolge un incarico aderente alle sue competenze: passa ore ed ore alla sua scrivania, ad archiviare pratiche, ad occuparsi di vendite nell'ufficio disordinato. Stremata, torna ogni giorno a casa da sua figlia, una bambina precocemente responsabilizzata, aggraziata nei modi ma dotata di uno spirito di osservazione profondo e quasi crudele. Morgana si accorge presto, forse anche prima di sua madre stessa, che qualcosa sta cambiando. La regista ci accompagna attraverso le passeggiate nei corridoi monocromo, enormi, oppure obliqui, schiaccianti indizi di una sorta di thrilling in ambiente professionale. I volti dei colleghi, scuriti, sorridenti, sfocati verso il fondo straniscono Anna, che invece è una macchia biancastra e fluttuante, persa nei suoi fogli, nella sua serietà incurante delle allusioni delle colleghe fintamente ingenue. Anna, da un giorno all'altro, viene convocata dal suo dirigente per l'assegnazione di compiti insensati, mai svolti prima. L'uomo ha un aspetto deformato dalla frontalità delle inquadrature, dagli occhi inizialmente stupiti della dipendente, dall'accento violentemente burocratico delle sue parole. Una pratica importante è stata sottratta alla lavoratrice, e, come il "capo" dice, non è stato un caso. Anna verrà spostata alla ricerca in archivio, privata dell'ufficio caotico e già poco luminoso, privata dello strumento necessario al suo lavoro, il computer. Nelle panoramiche parziali l'ambiente aziendale è esplorato sotto una luce straniante, i colleghi sembrano ostacoli accerchianti, bocche e sguardi dissociati che emettono parole neganti, a doppio fondo. La recitazione di coprotagonisti e comparse, oltre che della stessa Braschi, esprime perfettamente il reale documentato: l'assenza generalizzata di patetismi, di incrinature nel pensiero, di partecipazione dominano il clima dell'edificio, che appare ancora più inabissato e serrato nella propria piccolezza...(continua)

Questa opinione è stata scritta da:
Psicodecomposta
99 anni
roma (RM).
(4 Aprile 2004)






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