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Nashville

Opinioni presenti: 5
Media Voto: Media Voto: 8 (8/10)

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qualcosa di vero

(10/10) Voto 10di 10

e' un fil che ho amato da ragazzo per l'intimità dei caratteri, per la sincerità delle immagini e l'asperità non mistificata della vita. Per anni poi ho cantato I'm easy e mi sono immedesimato nell'unico personaggio che andasse oltre per semplicità e rispecchiasse la decadenza di un mondo che stava già finendo. Grazie Robert, è sempre un piacere rivedere le tue opere..



Stefano, 52 anni, Verona (VR).




"It Don't Worry Me"

(10/10) Voto 10di 10

Sono troppi i temi che si potrebbero affrontare parlando di "Nashville", e lo spazio è troppo poco, quindi mi sembra inutile proporre un mero elenco di tematiche, che nessuno, leggendo così, velocemente, potrebbe mai comprendere. Per questa ragione, mi limito ad analizzare una sola scena dell'opera "Nashville": la scena finale. Come possiamo non rimanere profondamente colpiti da quella capacità che ha Altman di cogliere ogni singolo aspetto della realtà, nei suoi minimi particolari, e nonostante la turpitudine in essa contenuta riuscire a cogliervi la poeticità, e mettercela lì, sullo schermo, davanti agli occhi? Come potremmo non rimanere colpiti dalla profonda commozione con la quale il regista inquadra le facce di donne, bambini e famiglie americane, tutte accorse lì, a Nashville, per assistere ad un evento che è ormai radicato nella loro identità nazionale? Come non rimanere affascinati da quella fotografia un po' sporca, adatta più a una fatto di cronaca che a un film, ma che è perfettamente mirata a rappresentare in maniera più veritiera, ma allo stesso tempo poetica, possibile quella che è la Realtà? Come fa a non colpirci quella telecamera in continuo movimento, quelle inquadrature senza un vero e proprio centro dell'obiettivo, che altro non fanno se non allargare la visuale dello spettatore, fino a fargli abbracciare in maniera più completa la Realtà, la Quotidianità rappresentata? E' questo, forse, il più grande merito di Altman... e cioè la più perfetta fusione tra realtà e poeticità, o meglio la perfetta capacità di cogliere, come ho già detto, anche nelle situazioni più turpi e sgradevoli del quotidiano, un senso poetico, e di tradurre quel senso in pellicola.



Paola, 18 anni, Potenza (PZ).




morto di noia

(1/10) Voto 1di 10

Noiosissimo!come ogni venerdì all'università la nostra prof. ci sottopone per delle interminabili ore a lunghi e noiosissimi film che hanno fatto "la storia del cinema"...questo li ha battuti tutti...quasi 3 ore di canzoni country e nulla più...non ha alcun senso,personaggi inesistenti,un intrecciarsi di vicende senza logica...assurdo.



Matteo, 21 anni, Varese.




Una nuova frontiera del racconto cinematografico

(9/10) Voto 9di 10

Mi sorprende come ci si ricordi sempre meno di Nashville, mentre siano così sopravvalutati certi film che invece meriterebbero delle sane critiche. Definirli addiruttura capolavori è ridicolo più che esagerato. Così il termine stesso capolavoro assume un significato insensato e logoro, mentre solo attribuendolo a film come Nashville può avere la sua legittimità. L'opera di Altman è il brillante risultato di un insieme di storie parallele del tutto diverse, che, nonostante l'assenza di un intreccio narrativo regolare, riescono ad accordarsi significativamente tra di loro e a trasmettere un audace contenuto. Nashville, mediante un racconto solo formalmente frazionato ma essenzialmente compatto ed omogeneo, conferisce al cinema una nuova struttura, dimostrandone, nello stesso tempo, le potenzialità espressive.



Mariano, 26 anni, Villa di briano (CE).




SPECCHIO AMERICANO ANNI 70

(10/10) Voto 10di 10

Tra i i tanti meriti che ha “Nashville”,uno dei più importanti è quello di essere stato forse il primo film che mette in scena una “Babele” (cosi’ come è stata definita da molti) di personaggi.Robert Altman è maestro quindi nello gestire una quantità considerevole di attori (che raggiunsero in questo caso livelli di recitazione decisamente ottimi).Quindi all’ epoca fu un film quasi sperimentele,che ha fatto storia,ed in seguito imitato da molti (l’ ultimo è stato il bravo Paul Thomas Anderson).La caoticità del film,che è lo specchio della caoticità di quelli che furono gli Stati Uniti negli anni ‘ 70 ,viene mostrata già a partire dagli splendidi titoli di testa,durante i quali vengono presentati gli attori a ritmo frenetico delle varie canzoni che il film presenta.La musica appunto come riflesso dal quale si intravedono pregi e (soprattutto) difetti degli americani.E se apparentemente lo spirito made in USA all’ epoca ci sembra cosi’ denso e ricco delle più svariate sfumature,è da notare come in realtà l’ accumulo di (falsa) massa porta al vuoto.Altman sembra chiedersi (e comunicarci):e i veri valori che posto occupano in questa società che va avanti “a base di falsi sorrisi”?Una pellicola politica dunque.Una politica inesistente,che semmai c’ è statà,è praticamente scomparsa.Le vite dei personaggi (24!) si intrecciano fra di loro.Tutto si intreccia con tutto…traccie della rivoluzione sessuale,la violenza,il fanatismo,la politica,la musica,la corruzione,le ambizioni…E questi elementi tanto “alti”,senza vere e precise identità,non portano da nessuna parte.Ironico sempre al punto giusto,e con un montaggio da far invidia alle più recenti tecnologie,l’ affresco di Altman è uno di quei film sempreverdi:perché anche tra 50 anni rimarrà il simbolo di un epoca…un epoca della quale oggi conserviamo solo i lati marci.Il film dura 160 ‘ minuti,ma avrebbe potuto benissimo avere una durata più ampia (il materiale complessivo realizzato ammontava alle 70 ore!).Memorabile la scena che mostra Keith Carradine cantare “I’ m easy”,e quattro diverse donne pensare di essere ognuna la destinataria di ciò che stanno ascoltando.Carta vincente,anche in questo caso, è l’ improvvisazione (che è ben visibile,a cominciare dalle canzoni scritte direttamente da alcuni degli attori).Non sembra (e non è) una super ­ produzione,ma rimane il più bell’ esempio di un cinema di descrizione (realista,perciò allarmante e sempre attuale).La società statunitense “era” (ed “è”) anche la nostra.Dobbiamo sentirci parte di “Nashville”.Siamo tutti protagonisti.Tra noi continueranno a nascere e a scomparire (con grande velocità) miti ed idoli.E continueremo in coro ad intonare “It don’ t worry me”…perché in fondo nessuno mai “se la prende”.Ma che c’ importa…NASHVILLE = USA 70 ‘



Diego, 18 anni, Napoli.





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