Con questo titoletto sintetizzo la mia opinione. L'ho visto al Festival di Torino nel 2001 e mi ha lasciato abbastanza freddo. Che noia, il realismo. Kiarostami ci ha già tediato abbastanza coi suoi ultimi film, la sua "purezza dello sguardo", i suoi movimenti di camera appena accennati. Certo il tema e i contenuti sono coraggiosi, ma è lo stile che veramente non serba sorprese. Sarà anche la rinascita del cinema iraniano. Ma è anche meno di quello che uno può aspettarsi ultimamente da uno come Kiarostami. Uff!
Il viaggio di un uomo,nella miseria ,nel regresso,nella malattia.Il viaggio di un uomo,attraverso musiche e danze,bambini che giocano,sorridono,paiono distesi e molto euforici.Il viaggio di Abbas Kiarostami,tra lunghi silenzi,riprese in digitale,di colori ,di cieli,nel buiore della notte,senza alcuna luce artificiale.E il suo sguardo diventa il protagonista,le immagini si raccontano da se,mentre il pubblico (ovviamente elitario)incassa il colpo dell'opera flmica:i malati di povertà,e molti di AIDS,gigionano tra le baracche dell'Uganda,mentre il borghese si dispiace,(e si commuove)della m***a che ha creato.E si provoca con il bello del vivere.L'autore ,il suo sguardo distaccato ,ci regala uno sguarcio di cielo.Attorno,la tempesta.
Africa lontana. Macchina fotografica che riprende nessuno sulla macchina nella macchina da presa. Bambini che stanno negli angoli. Vanghe che suonano, bambini che si curano,il buio che conta il rumore normale. Buio che continua, risparmio che non consegnamo a noi, immagini che dobbiamo cercare le trappole, i topi che si sposano per amore.Le palme che salutano, adozione umana. Sogni che sorridono, occhi che non dormono nella notte. Bello.