Dopo la delusione di 'To Rome With Love' il grande regista newyorkese ritorna in gran forma con una pellicola memorabile dai toni amari e schizofrenici.
Blue Jasmine è la storia della bellissima e affascinante Jasmine (interpretata dall'immensa Cate Blachett degnamente baciata dall'oscar) che dopo aver tragicamente perso il marito (il brillante Alec Baldwin) e il suo immenso patrimonio economico, si ritrova ridotta sul lastrico a chiedere aiuto alla sorellastra Ginger (Sally Hawkins), donna umile e meno brillante appartenente alla classe medio-bassa di San Francisco.
Il film è in pieno stile alleniano, ricco di quell'umorismo sottile e tagliente capace di far sorridere anche nelle situazioni più tragiche. È un umorismo intelligente e sapientemente inserito in una storia che di positivo e allegro ha ben poco. Dall'altro lato si pone il dramma, la tragica fine di una vita agiata e vissuta a pieno dalla quale è difficile (in questo caso quasi impossibile) riprendersi. Jasmine cerca di farlo, si arma di buona “volontà” e decide di voltare pagina ma il suo attaccamento a quel determinato stile di vita le impedisce di raggiungere i suoi “scopi”. È pomposa e viziata, testarda e inetta, non sa cosa sia la vita né ha la benché minima idea di cosa significhi lavorare. Per quanto si sforzi di cambiare si ritrova sempre al punto di partenza senza riuscire a dimenticare il passato e ad accettare la sua nuova vita. Non si tratta di potere ma di volere. A Jasmine manca la costanza e il rispetto per se stessa, non arriva mai al miglioramento in quanto non è quello a cui realmente aspira. Il rifiuto nei confronti della vita la porta ad estraniarsi ancora di più con il mondo fino a spezzare ogni legame con ciò che la circonda. Non vi è traccia di miglioramento nel suo essere, quello che fa le impedisce di riappacificarsi con se stessa. Il suo dramma, forse, è dato proprio dal fatto di non potere né riuscire a rassegnarsi alle proprie colpe (l'aver denunciato il marito e le dirette conseguenze) che l'hanno indirettamente condotta a quella condizione e il finale del film, perfettamente giostrato dal regista, è uno dei più crudi e amari che abbia mai visto in una commedia drammatica.
Woody Allen ritrova l'ispirazione e la porta alle stelle. Il film riesce nel suo intento e risulta più efficace di quanto ci si aspettava. Oltre all'interpretazione della Blanchett, quello che salta maggiormente all'occhio è soprattutto la messa in scena dei personaggi e la sapienza con la quale il regista porta avanti la storia, i toni amari e gli aspetti più intimi. Allen non salva nessuno ma, al contrario, decide di farli affondare nel pieno delle loro insoddisfazioni e insicurezze abbandonandoli soli con i loro peccati.
I film di W.A.hanno sempre il loro marchio, il loro stile, qui ad es., con una facilità invidiabile alla gran parte dei registi in giro per il mondo, gestisce flashback e presente con una classe e una resa perfetta,e racconta una storia di morale e di attualità. E' un film tragico dove una splendida Jasmine(la B. strepitosa e bellissima)vive il suo percorso morale. Un film che parla dei nostri tempi dominati da avvoltoi della finanza senza scrupoli, di gente che non vuol vedere,di vittime e di gesti morali appunto, fatti per caso e nati per altri scopi, molto più bassi. Allen descrive poi benissimo l'incontro fra una ex-ricca e il mondo di coloro che si arrabattano per stare a galla e lo fa perfettamente. Niente noia, niente commedie facili, solo ottimo cinema con grandi interpreti.
E' ormai da tanti anni che Allen ha cambiato radicalmente il suo modo di fare cinema. Io personalmente lo preferivo prima, molto più ironico e pungente, ora più "regista" e narratore. Fenomenale la Blanchett, ma a me sono piaciuti tutti i personaggi, specie il ragazzo di Ginger.