De gustibus non est disputandum... per cui non voglio offendere quelli a cui il film è piaciuto, però..... A prescindere dal fatto che di riletture di Pirandello ne sono state fatte ben di migliori, il film è pieno di interventi assurdi, inutili e fini a se stessi:
1) la tematica gay (ancora????) in questo film non c'entra nulla: l'intervento dell'amante arrabbiato che arriva in casa facendo finta di accettare l'invito per poi infuriarsi è irreale e grottesco! Battute tipo "non ce la faccio ad essere etero figuriamoci gay" sono penose.
2) "L'antro" delle trans dove c'è platinette in versione uomo/megera è una buffonata;
3) Il Gori che sa fare solo Drusilla Foer con battute tipo "non capisco perchè mi hanno picchiata, vabbè che il leopardo non va più di moda" può riservarsele per il programma della Dandini, ma nell'economia del film il travestito picchiato non c'entra assolutamente nulla, oltre ad essere quanto meno improbabile come travestito.... E nella versione "orafo" è ancora più improbabile: continua a recitare come se fosse ancora travestito...
4) I fantasmi che giocano a figurine..... beh questa si commenta da sola...
5) Ancora di mezzo un pasticcere??????? Ma Ozpetek sa che esistono anche altre professioni?
6) basta con la Buy !!!!!! Non se ne può più !!!!!
Mi fermo qui, ma il film è davvero una brutta accozzaglia di episodi mal riusciti, lontano anni luce da altri lavori del regista, che sembra davvero strizzare l'occhio solo a un certo tipo di pubblico per garantirsi l'incasso assicurato, tra cui il mio biglietto che come uno stupido sono corso a pagare.... Ferzan... al prossimo film mi sa che in molti ci penseranno meglio....
Opera veramente piacevole. Forse un pò carente la sceneggiatura, ma il film ti regala due ore di pura atmosfera. Se avete amato gli altri film di Ozpetek(anche se qui non siamo ai livelli di Cuore Sacro o La finestra di Fronte) amerete anche questo.
Mi aspettavo davvero qualcosa di diverso.. Sono sorpreso.. L'ha girato davvero il Ferzan di Cuore Sacro e Mine Vaganti? Manca tutto di lui.. Il secondo profondissimo flop dopo "Il giorno perfetto"... Mi dispiace dire che "non ho parole"..
Qualcuno, mimando il penultimo titolo del regista turco, ha parlato di “anime vaganti”e proprio di questo si tratta, perché i fantasmi che prima atterriscono il buon Pietro e poi ne diventano in qualche modo la atipica famiglia (non solo allargata ma addirittura impalpabile) sono spiriti inquieti. Essi ricercano, come nella tradizione lettararia e cinematografica, una loro serenità per abitare definitivamente l’oltretomba. Ma i nostri sono anche personaggi in cerca d’autore nel quale rispecchiarsi per esistere. Da questo punto di vista Pietro, il protagonista assoluto che compare in quasi tutte le scene, è l’ideale. Venuto dal Sud a Roma, egli è un giovane puro, sensibile e un tantino troppo ingenuo. Coscienziosissimo nel suo lavoro notturno di confezionatore di cornetti, aspira in realtà a fare l’attore ed è disposto a recitare anche in uno spot, pur di iniziare a coltivare il suo sogno. Dunque un aspirante al teatro incontra come “magnifica presenza” in casa sua, un appartamento vecchiotto di Monteverde, una ex-compagnia di teatranti anni ’30, fantasmi che si muovono con sofisticata gestualità, modulando la voce, riempiendo i vuoti materiali e affettivi che caratterizzano la vita del loro ospite. Nella prima parte del film, ovviamente, la situazione richiama l’opera di De Filippo e il genere ghost story all’ americana, nella seconda le citazioni (Eva contro Eva, The others, Pirandello, Fellini, Tarantino, Gomorra) si sprecano anche se il regista le introduce discretamente, non in modo ingombrante, come è tipico dell’artificiosa naturalezza di Ozpetek. Alla fine, pacificati perché si svela l’enigma della loro scomparsa dalle scene, dopo una simbolica passeggiata in autobus nella Roma di oggi, paghi di aver anche saggiato un pezzetto di futuro, i fantasmi si ritireranno per sempre nel loro oblio. Pietro a questo punto, maturato anche lui, è pronto per una vita “normale”, qualunque sia la sua scelta sessuale e la sua fortuna-sfortuna di aspirante attore. Nel film i temi del regista turco, che io amo perché mi sembra quasi di conoscerlo e perché ha un back-ground affettivo ed emotivo che in parte condivido, ci sono tutti: la solitudine, l’amicizia come balsamo per superarla, la condivisione col gruppo, l’amore per le cose e i luoghi, le sfumature gialle e i fatti storici di un passato recente, l’attenzione e il ricordo della patria d’origine, ecc. ecc. In più quest’opera ha una sua fascinosa particolarità: saranno i toni sommessi, sarà lo sguardo da bimbo stupito di Elio Germano, sarà il lieve incedere dei fantasmi in quella terra di mezzo che non possono abbandonare, sarà la delicatezza umanissima come quella sull’autobus nella Roma notturna. In sintesi, alla fine, non si sa come e perché, esci dalla sala con la sensazione di aver visto un’opera bella come la persona che te l’ha presentata.
Amo le opere di Ferzan, sono colte, delicate, originali, mai scontate.
Questo è uno dei suoi film più belli.
La recitazione, la sceneggiatura, la fotografia : tutto perfetto.
Il passato resta legato in eterno se non risolto così da poterlo lasciar andare.
Così tra un gesto di pìetas (il trans che contraccambierà la gentilezza) ed un verso di Nazim Hikmet (mai mancante nei fil di Opzetek) assistiamo anche alla maturazione ed evoluzione interiore del protagonista (un incredibile ELIO GERMANO) che risolvendo il problema dei suoi ospiti risolve, in parte, anche i suoi problemi interiori. Cum Laude