Nonostante qualche lentezza di troppo e alcune cadute di ritmo, è un film godibile con una bella fotografia e interpreti tutti all'altezza.
Glenn Close è molto brava nel dare volto e corpo a una miserevole quanto ingenua e commovente maschera tragica, costretta a rinnegare se stessa e il suo essere donna per sopravvivere dignitosamente ed evitare lo squallore della strada.
La sua interpretazione è ottima, ben dosata e misurata ma per quanto riguarda l'Oscar, la Streep nel ruolo della Thatcher è inarrivabile.
Anche per me, strana sensazione. La Close è indubbiamente bravissima... in realtà sono bravissimi tutti. Il problema? Quando gli attori sono bravi e il film delude, il colpevole è il maggiordomo: il regista non è chiaramente all'altezza del genio paterno.
Avevo vissuto un'esperienza simile (ma molto più devastante) con "La solitudine dei numeri primi" di Costanzo: attori bravissimi, film sul quale - schifata - mi sono addormentata, unico caso nella mia vita.
Qui non ci si addormenta, si apprezzano gli attori, si apprezza la scenografia. Ma qualcosa non va. Intanto, sarebbe stato profondamente più intelligente accattivare il pubblico in un altro modo e non fargli sapere da subito cosa si nasconde sotto il faccino del timido Albert, forse addiritura non facendo sapere che la protagonista era la Close. E anche Ubert è chiaramente donna, lo si intuisce da subito. Poca suspence, quindi... Peccato: è come un buon dolce cotto male... Vale comunque la pena.
Non mi ha coinvolta e non mi ha convinta.
In alcuni punti l'ho trovato proprio noioso, bravi gli attori, la Close sopra tutti, ma questo film non è riuscito ad emozionarmi.
E dire che i presupposti c'erano tutti...
A parer mio, un film non riuscito.
Tratto da una piece teatrale interpretata da Glenn Close, che ha voluto portarla al cinema diretta dal televisivo Rodrigo Garcia, la storia di Albert Nobbs, la donna che si finge uomo, approda sul grande schermo sotto l'omonimo titolo. Storia compassata e retta quasi esclusivamente sulle spalle di ottimi attori: la Close, in primis, sintetica e perfetta in un personaggio fatto di sguardi e compostezza, e altri eccellenti professionisti come il sempre notevole Brendan Gleeson. Vicenda che sboccia e collassa nell'Irlanda di fine ottocento con una ricostruzione storica minuziosa che dona al film una sua estetica da romanzo d'appendice. Eppure, formalismi e bravura degli attori a parte, la storia, come detto, collassa e ogni cosa in questo film è sbagliata: manca una profondità psicologica nei personaggi, mancano dialoghi che tengano sveglia l'attenzione, manca il coinvolgimento emotivo (in un'unica scena si forma una sorta di feeling coi personaggi: la corsa sulla spiaggia), manca la musica, manca un movente per un finale sbrigativo e incompiuto.
L'operazione risulta rarefatta, piena di lacune e gelida. Gelida come la vita della protagonista: ma in questo caso non si tratta di una proiezione del mondo emotivo del personaggio che va ad innestarsi sulle scelte artistiche ed estetiche del film, quanto proprio una carenza di controllo della materia in fase di sceneggiatura e di regia. Alla fine, dunque, ci troviamo con uno scheletro della storia che poteva essere: ossatura intorno alla quale mancano anima e carne, idee e definizione.
Inconcludente e posticcio: peccato perché il personaggio aveva una sua statura epica e la Close, senz'altro, ne risulta all'altezza.