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Albert Nobbs

Opinioni presenti: 10
Media Voto: Media Voto: 6.5 (6.5/10)

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INTENSO

(8/10) Voto 8di 10

intensa e strepitosa l'interpretazione della bravissima Glenn Close. la situazione femminile nella Dublino dell'800 è ben raccontata e rappresentata. un pò debole e già vista la giovane nelle mani del mascalzone di turno. da sottolineare l'interpretazione di Janet McTeer



giancarlo, 42 anni, verona (VR).




un melodramma...socialista

(8/10) Voto 8di 10

Questo film, un po’ melodramma un po’ piccolo quadro d’ambiente e di classe, mostra a una riflessione approfondita di avere molte interfacce che lo rendono, in realtà, un prodotto complesso. Proviamo perciò a vedere le altre facce della situazione, oltre a quella bianca e nera sintetizzabili con poco. Una donna nell’800 in Irlanda (tra vittorianesimo inglese e cattolicesimo irlandese) si traveste da uomo, camuffa la sua identità per trovare un lavoro che le consenta di avere una dignità sociale e sfuggire alla strada o alla miseria totale, sbocchi obbligati se mantenesse aspetto e veste femminili. Dunque una donna, il bianco, che si finge uomo, il nero. Già questo fatto si tirerebbe dietro varie questioni: la necessità di perfezionare la maschera in ogni modo per non venire scoperta, il vivere in perenne angoscia di esserlo, il negarsi ai piaceri della vita per un’esistenza di solo lavoro, il coltivare come unica passione quella di mettere soldi da parte per un avanzamento di status abbastanza improbabile. E il film racconterebbe tutto ciò. Ma non basta; veniamo perciò alle altre implicazioni. Cosa succede se qualcuno scopre, come avviene nel racconto, chi è davvero Albert Nobbs, l’inappuntabile maggiordomo, tanto più se a fare la scoperta è un’altra donna che ha scelto il suo stesso espediente fingendosi imbianchino? E cosa comporta che questa viva in una coppia matrimoniale ”normale” con una bella donnina in una bella casetta piccolo-borghese? Ecco che la finta, gelida calma di Albert comincia a sgretolarsi. Chi è davvero lei e a cosa aspira? Il film non fornisce a riguardo elementi certi e lo spettatore può fare perlomeno due ipotesi. A furia di portare la maschera maschile Albert è diventato davvero un quasi-uomo, cedendo gran parte del suo essere femminile al ruolo. E’ quindi pronto a innamorarsi di una giovane cameriera con cui comincia a immaginare di vivere, come la sua amica-amico imbianchino. L’altra ipotesi è che l’incontro con la coppia in realtà lesbica, liberi senza più controllo il versante donna di Albert, mettendolo in una situazione di scontro con le convenzioni e i valori religiosi del periodo. Non potendo vivere un rapporto libero che le consentisse di dichiarare a se stessa una latente omosessualità, Albert diventa due volte prigioniero. A quelli sociali si aggiungono problemi di autoaccettazione che portano a un esito drammatico (anche troppo nelle modalità) che mostra cosa davvero si agita sotto la strettoia del busto. Esso cela, copre, o modifica la propria sessualità e le proprie pulsioni profonde. Non sempre il film è all’altezza di tutto ciò, ma certo lo è la bravura di Glenn Close che, ispirandosi a Charlot e alla sua gestualità, dà vita a un irreprensibile, sensibilissimo maggiordomo. Del resto questa interpretazione l’attrice l’ha inseguita per quasi trenta anni. Per questa fedeltà inossidabile al suo desiderio (certamente femminile) penso che la ex-marchesa de Le Relazioni Pericolose un premio lo meriti davvero.



olga, 66 anni, perugia (pg).




NON CAPISCO PERCHE' NON MI E' PIACIUTO

(7/10) Voto 7di 10

Alla fine del film sono andato via con una sensazione strana e con una domanda che mi facevo:il film non è riuscito a coinvolgermi eppure il film è piaciuto molto a chi era con me a vederlo.Ed è una cosa che mi è capitata raramente. Indubbiamente l'interpretazione della Close è strepitosa ma forse proprio perchè non sono riuscito ad essere coinvolto dalla storia il film non mi ha procurato particolari emozioni, nè lacrime, nè sorrisi e mi è apparso troppo feddo, troppo meccanico, troppo rigido nel suo svolgimento e nell'interpretazione degli attori. Forse troppo complessa la storia? Sono curioso di leggere i comenti di altri per vedere se sono stato solo io forse a non capire il film. Ovviamente quindi il mio giudizio è conseguente.Dò un voto in più per l'interpretazione della Close



giorgio, 54 anni, udine (UD).




Una maschera tragica

(7/10) Voto 7di 10

Nonostante qualche lentezza di troppo e alcune cadute di ritmo, è un film godibile con una bella fotografia e interpreti tutti all'altezza. Glenn Close è molto brava nel dare volto e corpo a una miserevole quanto ingenua e commovente maschera tragica, costretta a rinnegare se stessa e il suo essere donna per sopravvivere dignitosamente ed evitare lo squallore della strada. La sua interpretazione è ottima, ben dosata e misurata ma per quanto riguarda l'Oscar, la Streep nel ruolo della Thatcher è inarrivabile.



Marilena, 32 anni, Ravenna (Ra).




Dal teatro alla brace

(3/10) Voto 3di 10

Tratto da una piece teatrale interpretata da Glenn Close, che ha voluto portarla al cinema diretta dal televisivo Rodrigo Garcia, la storia di Albert Nobbs, la donna che si finge uomo, approda sul grande schermo sotto l'omonimo titolo. Storia compassata e retta quasi esclusivamente sulle spalle di ottimi attori: la Close, in primis, sintetica e perfetta in un personaggio fatto di sguardi e compostezza, e altri eccellenti professionisti come il sempre notevole Brendan Gleeson. Vicenda che sboccia e collassa nell'Irlanda di fine ottocento con una ricostruzione storica minuziosa che dona al film una sua estetica da romanzo d'appendice. Eppure, formalismi e bravura degli attori a parte, la storia, come detto, collassa e ogni cosa in questo film è sbagliata: manca una profondità psicologica nei personaggi, mancano dialoghi che tengano sveglia l'attenzione, manca il coinvolgimento emotivo (in un'unica scena si forma una sorta di feeling coi personaggi: la corsa sulla spiaggia), manca la musica, manca un movente per un finale sbrigativo e incompiuto. L'operazione risulta rarefatta, piena di lacune e gelida. Gelida come la vita della protagonista: ma in questo caso non si tratta di una proiezione del mondo emotivo del personaggio che va ad innestarsi sulle scelte artistiche ed estetiche del film, quanto proprio una carenza di controllo della materia in fase di sceneggiatura e di regia. Alla fine, dunque, ci troviamo con uno scheletro della storia che poteva essere: ossatura intorno alla quale mancano anima e carne, idee e definizione. Inconcludente e posticcio: peccato perché il personaggio aveva una sua statura epica e la Close, senz'altro, ne risulta all'altezza.



Il Recensore, 28 anni, Firenze.





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