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E ora dove andiamo?

Opinioni presenti: 3
Media Voto: Media Voto: 9.5 (9.5/10)

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Sorpresa graditissima

(10/10) Voto 10di 10

AMORE Questo film racchiude tutti i significati di questa parola, nella semplicità viene descritto il mondo dei conflitti religiosi che credo abbiano fatto il maggior numero di vittime in tutta la storia dell'umanità.Geniale il modo come questo tema così delicato viene affrontato in un film drammatico che magicamente diventa commedia e musical,stupenda l'apertura con la danza verso il cimitero. Brava, bravissima la regista e attrice Labaki,bellissime le musiche e ben diretti gli attori non professionisti.Per questo e per l'immenso valore sociale di questo film metto questa stella in più. *



Luigi, 60 anni, Campobasso.




Inno al buon senso

(10/10) Voto 10di 10

Qualche giorno fa ho visto il film la donna che canta ove le divergenze religiose tra cristiani e musulmani ebrei ed ortodossi hanno solo creato orrore lo stesso che vediamo e sentiamo tutti i giorni dai media,che quasi ci sfiorano in quanto avvolti nella nostra cultura occidentale laica atea cattolicissima che sia,oggi vedo questo altro capolavoro che seppur in maniera piu apparentemente scanzonata fa rifletter molto come sia giunto il momento di far qualcosa di concreto per crearci un guanto contro gli scontri religiosi di ogni genere che provocano solo odio e violenza.guardate questo film.spettacolo.



massimo, 50 anni, imperia (IM).




Sembra una commedia ma è un dramma

(8/10) Voto 8di 10

Un corteo di donne, chi velata chi senza velo, con un rosario in mano insieme alle foto dei loro congiunti, avanza in processione verso un cimitero, mentre lentamente quel camminare diventa una vera e propria danza. Arrivate alle tombe, il gruppo si divide: da una parte le cristiane, dall’altra le musulmane. Nella sequenza finale invece la metafora conclusiva: si può anche rinunciare alla propria fede per superare i conflitti nati dall’intolleranza religiosa, ma è facile poi costruire una nuova identità? Inizio e fine del film mi sono sembrati efficaci nel riportare ad una sua fondamentale serietà quello che l’autrice ha preferito narrare con grazia, leggerezza e inventiva. Credo l’abbia fatto per due motivi. Il primo è la sua vocazione all’ironia, che può anche mutarsi in dramma, ma rispunta a risollevare gli animi provati (la cosiddetta forza delle donne). Il secondo sta nel fatto che la Labaki vive in Libano e là, a chi opera nel campo creativo, conviene nascondere “sotto un gioco apparente” le idee rischiose. Certo è che dopo Caramel, opera prima, la regista alza un po’ il tiro e mette al centro della seconda creazione l’ “intelligenza pacifista” come unico modo di vivere la propria esistenza senza pregiudizi. Posizione questa, a suo parere, appannaggio specifico delle donne. Oggi però, ed è un po’ il limite del film, tale idea risulta ingenua e datata, in un mondo in cui non sempre, ahimé, esse sono portatrici di pace. Comunque il risultato della Labaki è trascinante per l’immediatezza della recitazione, la bontà della musica di Khaled Mouzanar (suo marito) e il desiderio che tutti avremmo di credere nell’utopia. Innegabile quindi la maestria con cui l’autrice crea e fa muovere con una serie di trovate il suo gruppo misto di cristiane e musulmane, frutto di collaborazione tra attrici non professioniste e la stessa Labaki nel ruolo anche di protagonista. Sono mogli, figlie, vedove che hanno perso i loro cari nella guerra infinita del Libano, pronta a scoppiare e a ripresentasi alla prima scintilla di odio religioso. E’ proprio questo che in un paesino rurale, dove la storia è ambientata, l’elemento femminile cerca di evitare, ora al ritmo della commedia, ora con scene da music-hall, ora immergendosi nel dramma. Convinte del loro ruolo escogitano di tutto per allontanare i rispettivi uomini a vario titolo dalla divisione e dalla violenza. Come nella Lisistrata antica, inventano forme nuove di lotta alle armi e al desiderio di usarle. Pronte alla canzonatura e alla commozione, simulano anche uno scambio di religione. Quando sembra che tutto vada verso l’epilogo tragico, si ricorre anche alle improbabili ballerine dell’Est e al festino a base di droga per distrarre gli uomini dalla voglia di scontro. Il film, realizzato con il cuore, dove il professionismo, che pure c’è, gioca un ruolo secondario, ci lascia per qualche ora negli occhi il sorriso, la speranza e la bellezza della Labaki, alla quale non si può non augurare molta fortuna.



olga, 66 anni, perugia (pg).





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