Ho visto questo film dopo le ripetute pressioni di stampa e recensioni aspettandomi un capolavoro ed essendo napoletano speravo in qualche piccolo sprazzo di simpatica comicità ma ho visto solo un film lento, delicato senza dubbio ma lento ed irreale in quanto la Napoli del periodo in cui è ambientato il film non era per niente cosi. Le donne di allora non erano cosi i giovani non erano cosi figli dei fiori, forse a Milano o a Roma ma a Napoli sicuramente no. A volte credo che i critici e le persone focalizzino un bersaglio e bene e nel male fanno si che bei film vengano stroncati a cavolate pazzesche diventino cult.
Tornando al film vedetelo ma non aspettatevi niente di che.
e pensare che questo film e' stato finanaziato dallo stato e' quindi con i ns soldi,vorrei proprio sapere quanto ci e' costato...tanti attori sprecati e come recitano male. molte volte non si capiva neanche quello che dicevano...incredibile.si salva solo il bambino, attore sconosciuto
Sono uscito dal cinema soddisfatto e sorpreso perchè il film si è rivelato sorprendentemente bello. Un film delizioso, adatto al pubblico che preferisce film italiani che raccontano di persone vere, con le loro vite "normali" fatte di grandi sogni infranti o di piccoli sogni realizzati, di grandi amori che nascono o che finiscono, di vite che scorrono facilmente o faticosamente. E la storia di Peppino, bambino di 9 anni sbeffeggiato e preso in giro dai suoi compagni di scuola, diventa il pretesto per raccontare tutto questo. Il risultato è un film ben costruito, che fa ridere e riflettere, e ci trasporta indietro in una Italia dei primi anni 70 abilmente ricostruita grazie anche ad una bella fotografia e ad una piacevole colonna sonora. In conclusione è un film che merita di essere visto e consigliato agli amici, perchè è davvero una piccolo gioiello di delicatezza e sensibilità.
Cotroneo pone al centro del racconto una famiglia un po’ stramba e variegata, nel senso che ognuno a suo modo percorre un cammino di formazione, a cominciare dal bambino con i cui occhi, azzurri e un po’ tristi, sono guardati fatti e personaggi. Questi ultimi sono una piccola folla, ma nessuno scade nella macchietta, perciò si può dire che al nucleo familiare già numeroso, si affiancano persone che aggiungono elementi di autenticità al quadro principale. E poi c’è il tocco surreale: un Superman tutto napoletano. Si tratta di un cugino maggiore del piccolo protagonista, convinto di essere il super-eroe, attento perciò a evitare la kryptonite, che lui pensa nascosta nelle borse: nonostante i suoi poteri sovrumani, morirà sotto un tram. Ci penserà Peppino, il ricciuto cuginetto, con i suoi nove anni alla ricerca della comprensione del mondo, a resuscitarlo con l’immaginazione. Così il personaggio frutto della fantasia da fumetto finisce con l’incarnare la saggezza, che aiuterà il ragazzino a crescere e a inserirsi nella realtà. Questo diventa chiarissimo nell’ultima scena dove il simbolico volo dei due si conclude con un dialogo dalla morale poetica e un po’ ruffiana: decidi tu cosa vuoi esser nella vita, la normalità non è necessariamente un bene, nessuno può importi un suo modello di esistenza. Nel frattempo Peppino, che porta con sofferenza gli occhiali, ha difficoltà a relazionarsi con i coetanei, attraversa silenzioso e vigile la crisi matrimoniale dei suoi e la depressione della madre. Si trova perciò a condividere le esperienze tra figli dei fiori, trasgressione e femminismo di due giovani zii cui è affidato. Famiglia “sgarrupata” alla napoletana maniera o soltanto vita scomposta e ricomposta tra realtà di una Napoli in fermento sotterraneo anni 70 e surrealtà che serve al ragazzo per uscire dall’infanzia? Un po’ entrambe le cose e anche di più (vedi crisi della madre tra tradizione e nuove aspirazioni), ma senza rinunciare a cogliere, con ironia e simpatia, senza eccessi nostalgici, cosa si muove dietro o prima del sociale nei singoli individui. Ci scorrono perciò sotto gli occhi contraddizioni, meschinerie, slanci, divertimento e tanti abiti orrendamente kitsch con colori che fanno a pugni ma rivendicano anch’essi la loro libertà di esistere. Le invenzioni piccole ma efficaci, la capacità di centrare con una sola battuta un conflitto tra generazioni, la colonna sonora giocata con leggerezza tra Dalidà, Peppino di Capri e David Bowie, la fotografia di Bigazzi convincente come sempre, rendono gradevolissimo il risultato. Manca forse all’esordiente Cotroneo una maggiore fluidità e il coraggio di qualche taglio qua e là… Stiamo a vedere, attendendo nel frattempo l’annunciato Faust in odore di capolavoro.