Mi potrei dilungare anch'io nel commentare questo 'film' ma in maniera totalmente contrapposta alle due precedenti opinioni. Un'ora e 1/4 di pellicola molto stiracchiata, film privo di dialoghi, l'unico è quando i due provano la loro scenetta di una recita che non si vedrà mai. Scene di una trentina di secondi senza senso scollegate tra loro.
Totalmente privo di emozione e sarebbe bastato poco a darne. Sono anche magnanimo nel voto. Consiglio x chi volesse vederlo, agli insonni. Mi fermo qua ma ne potrei scrivere ancora.
Film dalle buone potenzialità che a mio parere risente di interpretazioni non del tutto soddisfacenti e alquanto 'piatte'. Insomma, con grandi attori il risultato sarebbe stato ben diverso (e forse anche la regia non è stata sempre all'altezza). Ho appena visto anche l'ultimo film dei Dardenne e devo dire che se la tematica di questo film può richiamare il lavoro dei registi belgi (una vicenda molto concreta con lo sfondo di un disagio sociale, più urbana nel caso dei Dardenne, nella un po' triste e rude Normandia in questo), il risultato non ne è all'altezza. Voto 7-.
Come è bella e severa la Normandia, coi suoi grigi, l’ardesia dei tetti, i megaliti sacri, i paesini che hanno i colori dei gabbiani: qualcuno la dice triste, secondo me è vera. E l’ho ritrovata in questo film che ha un po’ delle sue caratteristiche, con personaggi scabri, sulle prime respingenti, ma che a poco a poco, con il tempo che ci vuole per il costruirsi e l’affiorare di sentimenti semplici e profondi, ci riconcilia, senza patetismi, con gli spiragli di sole della vita quotidiana. La regista, alla sua opera prima, ha poi una grazia particolare. Qualcuno ha fatto il nome dei fratelli Dardenne ed io concordo, poiché l’autrice tende a valorizzare tutti i linguaggi del corpo e soprattutto quelli meno appariscenti: piccoli trasalimenti, una contrazione delle pieghe del viso, uno sguardo che muta rapidamente di significato e intensità, la curvatura delle spalle mentre la protagonista pedala sulla bicicletta. Altro elemento da sottolineare mi sembrano i tempi giusti dell’evolvere della situazione. In estrema sintesi, si tratta di un incontro amoroso che non nasce come tale, anzi sembra impossibile da realizzare, visti gli inizi. Invece, a sorpresa, lentamente si distende la tensione dei volti e dei comportamenti, le azioni si aprono al sorriso, alla carezza che è quasi uno sfiorarsi, alla sessualità che si srotola incerta e approda a una sua elementare densità. Il contesto è quello di un paesino di pescatori, affacciato sul mare, dove la grana dei personaggi minori esalta quella dei due comprimari: lei bella e spigolosa, con gli occhi verdi e profondi, lui tarchiato ed essenziale nelle parole e nei gesti, burbero ma affidabile e ostinato. Senza Tony (Grégory Gadebois), Angéle (Clotilde Hesme), che ha vissuto la prigione, la separazione dal figlio, il buttarsi via ad ogni livello, si perderebbe completamente, ma non lo capisce subito. E’ chiusa, contratta, inaridita, vuole animalescamente la sua creatura che pure non conosce e fa di tutto per sposare Tony, perché così il bambino potrebbe esserle riaffidato. Poi, attraverso piccoli momenti condivisi che s’infittiscono, incrociando la vita con quella di altri personaggi, i due si conoscono fino ad amarsi, con un lieto fine che è una delle cose migliori del film, risultato notevole perché proprio lì si annidava maggiormente l’insidia della banalizzazione. Per essere l’opera di un’esordiente, veramente una sorpresa, dopo diluvi di dialoghi insignificanti e storie rompicapo che poco hanno di umano. Del resto il cinema francese è specialista in questo genere di opere, che spesso arrivano da noi anche grazie a una distribuzione intelligente.