Ho sempre amato i film di Pupi Avati, ma quest'ultimo mi ha proprio delusa.
Ammetto di aver provato emozioni realistiche, vista la visione poetica di un storia di malattia così drammatica.
Sono stati molto importanti e, soprattutto, funzionali i continui flashback, perché con essi si potevano vedere meglio i continui cambiamenti del personaggio di Lino, interpretato ottimamente da Fabrizio Bentivoglio da adulto.
Il morbo di Alzheimer non è il solo tema del film, anche la storia d'amore ha una sua parte molto importante e affascinante; Chicca ama il suo Lino con tutta se stessa, ricambiata in egual misura, anche se poi più che marito accanto a sè avrà un figlio e dovrà accudirlo come un bambino.
Straordinaria Francesca Neri, oltre che bellissima e molto sensuale.
Peccato che il regista, per il mio modesto parere, ha trattato i personaggi con poca delicatezza, quasi non avendo rispetto per loro.
Due anime disperate per motivi diversi mandati quasi allo sbaraglio, banalizzando il dolore con un finale poetico fuori luogo.
Peccato che una storia di tale importanza non ha avuto un'impostazione ben precisa: si passava dall'horror, alla favola, dal romantico al drammatico.
Mi sento del tutto d'accordo con il commento di Giulia, e confermo che questo è uno dei film peggiori che io abbia visto (faccio osservare che sono una che sceglie i film sulla base dei giudizi di critica, di amici qualificati e di rubriche specializzate, dal momento che non riesco spesso ad andare al cinema).
Motivazioni: sicuramente tutti i difetti elencati in altre due recensioni qui riportate, come la lentezza, la debolezza della trama, le situazioni inverosimili, mal congegnate e mal recitate (alle penose scene da telenovela della riunione di famiglia e dell'ospedale aggiungo quella della cena di saluto del protagonista in cui le reazioni dei presenti alle prime imbarazzanti parole del suo discorso sono assurdamente esaperate e direi anche fuori dalla realtà), la superficialità estrema nel trattare la malattia, l'inesistenza di dialoghi significativi.
A tutti questi difetti aggiungo il fatto che i personaggi risultano quasi totalmente inespressivi, ci sono elementi inutili (come la serata fallita della protagonista alla conferenza con il collega, episodio appena accennato e che si capisce poco) e ci sono pochissimi momenti nel film che comunicano emozioni e sentimenti, il tutto resta al di fuori dello spettatore e genera solo noia, una sconfinata noia.
Se non fosse per i due protagonisti che fanno del loro meglio, il rest del cast è a dir poco imbarazzante, in particolare le scene di riunione familiare e quella all'ospedale sono a livello di una fiction italiana di terza categoria.. La trama lascia non pochi punti interrogativi, come il lasciare il malato a casa solo nonostante la gravità manifesta della malattia, se succedesse nella realtà si parlerebbe subito di abbandono di incapace.. commento: inverosimile.
Credetemi, non riesco a ricordare un film più brutto di questo negli ultimi cinque anni. Uso la parola "brutto" perchè riassume pienamente i gravissimi difetti del film...mi riferisco alla lentezza, al fatto che non succede assolutamente nulla durante tutto il film, al fatto che la trama è pressochè inesistente, al fatto che Francesca Neri è una velina trassata da 60enne con le labbra a canotto e i capelli tinti di grigio, al fatto che il tema della malattia viene trattato con una superficialità imbarazzante, al fatto che non c'è un dialogo - e dico uno - degno di nota.....questo è un filmetto noioso.
Non sprecate i vostri soldi e il vostro tempo.
Affrontare in un film il tema dell'Alzhaimer è una scelta coraggiosa e non comune. Pupi Avati lo fa calando l'argomento in una storia d'amore, e lo fa con sobrietà e delicatezza. Non capisco le accuse di scivolamenti sentimentali. La storia si dipana con equilibrio e credibilità, interessanti il contrasto tra il livello alto borghese della famiglia di lei e l'umiltà delle origini di lui. Straordinario il rapporto tra la modernità della vita attuale e l'autenticità di un'infanzia non facile, infanzia che ritorna con nostalgia irresistibile nella fase di peggiorameto della malattia. In questo contrasto si inserisce il tratto poetico del film. Ottimi gli interpreti, superlativo come al solito Bentivogli, brava la Neri e Cavina. Sorprendente Serena Grandi che ritrova nella maturità un'autenticità da tempo smarrita che ce la restituisce come attrice spendibile per ruoli meno banali.