Il film a mio parere vuol essere una fotografia dell’adolescenza attuale, così come la vive una quindicenne che, in occasione di un tema in classe, racconta se stessa e la sua famiglia. Il compito assegnatole dal suo professore di liceo si intitola “Genitori e figli: istruzioni per l’uso”. In realtà esso serve anche a lui per capire meglio il figlio con cui ha litigato la sera prima, perché il giovane, belloccio e tatuato a dovere, vuole partecipare alla selezione per il Grande Fratello. Le tematiche familiari, indagate ogni giorno sui giornali, tv, cinema, letteratura da scrittori, sociologi e psicologi, restano pur sempre un difficile banco di prova per genitori, il più delle volte smarriti. A complicare le cose, una società ultramediatica e tecnologica, uno sviluppo precocissimo dei proprio cuccioli, la crescente difficoltà di comunicazione con figli che perseguono (se le perseguono!) aspirazioni lontane anni-luce da quelle dei propri vecchi. Certo la questione non è nuova, nasce col genere umano, si modifica culturalmente nel tempo e nello spazio, ma poi, in generale, e anche il regista lo sostiene, il gruppo familiare si ricompone, nonostante i molti delitti, figurati e non, che si compiono al suo interno. E così il bossolo-famiglia è l’unico rifugio alla fatica di crescere. Spesso sono i nonni, diventati di nuovo interlocutori privilegiati, quelli più attenti alle nuove generazioni. Veronesi è comunque uno che sa scrivere sceneggiature garbate, improntate a un tipo di comicità alla Monicelli, e quindi anche la sua ultima impresa si segue con piacere. In essa l’autore sguscia abilmente tra amarezza e risate, svelenendo il clima e i contrasti. Senza pedanteria e con umano affetto segue tutti i personaggi, ma è specialmente vicino ai confusi e incasinati coetanei. Infatti nel film questi ultimi risultano più veri e simpatici; meno convincenti i figli, sfocati e non indagati a fondo. Comunque di loro si capisce che assorbono male certe contraddizioni nostre e della società (vedi il razzismo del fratellino della liceale) e che capiscono poco certi comportamenti dei genitori, per i quali tifa il regista. In quanto alla struttura del racconto, si parla di due coppie di adulti con figli, ma c’è un evidente squilibrio tra lo spazio dato all’una e all’altra. La cosa non ha giovato all’economia e alla riuscita dell’opera, perché i primi due protagonisti (Michele Placido e Margherita Buy), efficacissimi nelle sequenze iniziali, si rivedono pochissimo nel resto dell’azione. La coppia Orlando – Littizzetto, pure simpaticamente nevrotica, eccede nella coloritura dei personaggi: lui è il classico debole frustrato, lei un’insoddisfatta sempre sull’orlo di una crisi di nervi. Salvo alcuni episodi discutibili e poco significativi (quello dell’orca, quello del cinese sverginatore), complesso il ritmo alterna sapientemente la commozione e i toni da commedia.
Le situazioni che prende in esame il film sono realistiche e drammatiche;tipico della commedia all'italiana è presentarle in maniera umoristica,lasciando spazio alla riflessione.Mi è sembrato un film divertente,ben fatto,con una superlativa recitazione di Orlando (bravi comunque tutti).
sono d'accordo con il giudizio espresso da Marcello. Il film non fa ridere, non commuove, non coinvolge. E' la rappresentazione della peggiore realtà familiare fatta di litigate, insulti, tradimenti ecc.. Ma per fortuna la realtà può essere anche migliore e comunque può essere osservata in modo meno banale.
Delizioso e realistico piccolo film sulle famiglie che si sfasciano.
Frase del film: Un figlio diventa adulto quando conosce il segreto di uno dei genitori.