Un pianeta non meglio identificato popolato da similumani verdognoli, con quelli che sembrano lombrichi ben allevati al posto dei capelli. Un bonario giovanotto, Lem, che in cuor suo spera vivamente di essere ricambiato dalla graziosa vicina di casa, marcata stretta da un presessantotino schitarrante che per capelli più che dei lombrichi sembra avere dei pitoni reduci da un pranzo luculliano. La vita di Lem, e dell'intera comunità, sarà sconvolta dalla grossolana invasione di Chuck Baker, un laccato, tronfio e statuario astronauta.
Il tema dell'invasione aliena visto da una prospettiva rovesciata: quella degli invasi. Siamo noi, per una volta, gli alieni visti come obliqui, sinistri e perfino mortiferi per via di un sentire comune che come di prammatica non può non legittimare la paura del diverso. Ci somigliano più di quanto noi stessi immaginiamo, questi gamberoni verdastri. E non solo perché dipingono l'altro appestandolo di negatività: i loro anni '50 sono spaventosamente simili alla coeva epoca (americana): ragazzini avvinghiati a quella che oggi é (solo) cultura nerd, fumetti, alieni e di b-movies proiettati nei proverbiali cinema art-déco. Il trend vigente é quello dei furori edwoodiani, d'altronde perfino i militari sanno che "gli zombie" non sentono dolore e un bambino arriva a tacciare la madre di essere un morto vivente. Ha dunque il gusto del calco, "umanoide" e storiografico, "Planet 51", produzione embrionalmente riconducibile alla Dreamworks ma artigianalmente concretizzatasi nelle new factories d'animazione di matrice iberica, il cui humour appena appena sofisticato e più densamente "europeo" é a più riprese tangibile. Della Dreamworks il film, scritto dall'autore di Shrek Joe Stillman, ha invece il peculiare e insistito gusto citazionista: evidente il product placement spielberghiano (il fotogramma lunare di E.T, ma non solo), così come la strizzatina d'occhio alla Pixar nel riproporre a breve distanza temporale un robottino vagabondo, che però rispetto a Wall-E manca di compenetrazione patetica e degli splendidi, immensi occhioni. Allora, perché spiaccicarlo sullo schermo? Puro plaisir? Forse, e nel trionfo dell'ammiccamento più o meno funzionale confluiscono anche Solaris, Apollo 13, Star Wars, Marilyn Monroe etc. Basti guardare la prima scena, già da antologia citazionista: lo schieramento in attesa che si apra la porta d'ingresso dell'astronave é un gustosissimo incrocio tra Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo e il burtoniano Mars Attacks! (che viene rievocato anche altrove nel film: vi ricordano niente degli abitanti di altre galassie insofferenti alla musica? Qui la canzone incriminata é addirittura la stracultiana Macarena dei Los del Rio, un evergreen!). Al di là del patchwork compiaciente (e compiaciuto) "Planet 51" ha il merito, limpido e in sé lodevole, di proporci la consueta e mai indigesta favoletta riconcialitrice tra poli opposti. Tutt'altro che inavvicinabili. Il diverso dopotutto é soltanto "ignoto". Bello,no?
Su questo film ho letto molte cose positive(recensioni che sembrava parlassero di chissà quale capolavoro)ma la verità è tutt'altra.E' monotono,( quindi consiglio di nn vederlo)vuoto(privo di emozioni e divertimento)ecc...