Ang Lee con leggerezza ed arguzia sorridente rievoca il mitico immenso raduno rock.
L' apparente superficialità dello sguardo si risolve in un intelligente approccio realistico.
Perchè in questo caso la verità è più vicina alla superficie di quanto non si pensi.
C' è davvero più realtà che mito in questo film ben fatto e coinvolgente.
Scelta da condividere in un mondo che purtroppo perde sempre più il gusto di fare i conti con la realtà.
Film da vedere.
Mi aspettavo di venire travolto dall'atmosfera del più grande concerto della storia, ma sotto questo aspetto il film mi ha deluso. Non che manchino le sequenze di folla più o meno colorata e 'sballata', ma il film pare quasi concentrarsi più sulle vicende personali di Elliot e genitori e del loro fatiscente motel El Monaco. La storia finisce col non essere né carne né pesce, peccato.
Motel woodstock
di ang lee
usa 2009
a 40 anni dal suo svolgimento nelle campagne americane, ang lee porta sugli schermi i retroscena del più celebre concerto-raduno hippie della storia, passato grossolanamente alle cronache con il nome di woodstock.
al regista interessa ricostruire gli antefatti, i preparativi più che l’evento in sé, e lo fa attraverso le vicende narrate nel romanzo autobiografico “taking woodstock” di elliott tiber, giovane dall’età imprecisata, figlio dei proprietari del tranquillo albergo “el monaco”. elliott è presidente della camera di commercio della sua cittadina nella contea di sullivan e convince gli organizzatori del raduno rock, in disperata ricerca di spazi, a ospitarlo dalle parti della sua cittadina, attirandosi così l’odio della maggior parte dei compaesani, terrorizzati dall’imminente invasione di capelloni drogati fino alle orecchie. ma gli accordi vengono siglati ufficialmente e l’hotel viene prenotato per tutto il periodo della manifestazione.
l’aspetto più interessante dell’opera di lee sta nel non aver proposto il prevedibile e banale elenco di celebrities dell’epoca, o ricorstruzioni più o meno fedeli di quanto avvenne musicalmente (per quello abbiamo a disposizione diversi documentari e una gran quantità di dischi), bensì l’attenzione è rivolta in primo luogo all’impegnativo allestimento di un colossale “show”, riguardo al quale un tecnico commenta: “quando salirà hendrix non ci sarà più un uccellino in tutta la contea!”, riferendosi alla potenza degli amplificatori.
nella seconda parte invece sono il mondo e la filosofia del “make love, not war” a imperare, e tra un trip da lsd e un tuffo nel fango, è qui che riscontro qualche ricorso a facili stereotipi (il poliziotto cattivo convertito in tre secondi all’”hippismo”, le suore peace & love, l’ormai immancabile sequenza homosex). oltre a questo il film pecca in qualche poco approfondita scelta di sceneggiatura, due figure interessanti ma poco approfondite. mi riferisco all’amico di elliott reduce dal vietnam e totalmente svalvolato (emile hirsh), e a vilma (liev schreiber), simpatico transessuale in epoca prepre marrazzo, ex marine che spunta dal nulla e si offre di proteggere la famiglia del protagonista dalla rabbia, in realtà mai concretizzata in azione, dei retrogradi vicini.
insomma, “motel woodstock” non è un film perfetto, ma questo non gli impedisce di essere, per trama, ritmo frizzante e regia coinvolgente, un prodotto altamente godibile, sia per chi all’epoca c’era che per le generazioni post 1970. una citazione particolare la meritano i genitori di elliott (una grandiosa imelda staunton e henry goodman),i personaggi più riusciti e simpatici, per i quali non si può non provare un gran bene!
celebrare woodstock senza far vedere il concerto è un’idea intelligente (kubrick e tarantino insegnano con “rapina a mano armata” e “le iene”) e pertanto non resta che caricare la macchina del tempo all'anno 1969 e pace,mondo. sì,ce n'è bisogno!