Noioso, irritante, insulso. Avati non poteva puntare più basso proprio partendo dall'insignificante protagonista e da vicende " di vita da bar " inutili, inutili, e ancora inutili, considerando che Taddeo si muove nella piattissima sceneggiatura come un incrocio tra un fantasma (per gli altri protagonisti) e un robot ( è meccanico qualsiasi suo gesto, che sembra davvero forzato in tutto il film). Tedioso e stantio in ogni sfumatura (forse il risvolto appena più interessante è lo scherzo di San Remo).Mah...
A me questo film è piaciuto. Certo non è un capolavoro, neppure assimilabile ad altre pellicole di Pupi Avati, come 'La rivincita di Natale', 'L'arcano incantatore' e mille altre, però l'ho trovato fresco, ben interpretato, piacevole e, a tratti, intenso. Concordo sulla mancata caratterizzazione di alcuni personaggi, rimasti poco approfonditi e su alcune carenze della sceneggiatura, però nel complesso non mi è dispiaciuto. Una sorta di 'Amarcord' bolognese, il ricordo dei bei tempi andati, di un pezzo di storia personale che Avati, con maestria e delicatezza, ha ben rappresentato; una dichiarazione d'amore alla propria giovinezza e a chi l'ha costellata, coi propri errori, le proprie debolezze e piccole perfidie.
Non capisco questo "tepore" nel giudicare il film di Pupi Avati...per me è sempre grande, lui e (finalmente) tutti gli attori italiani. E' una garanzia, ma certo non dovete aspettarvi "americanate". Delicato e cinico nello stesso tempo, ma comunque gradevolissimo! Grandi Neri Marcorè, Diego Abatantuono e Luigi Lo Cascio!! Alzo la media con un voto in più!
Sinceramente a me il film non è piaciuto proprio per niente. premettendo che è il terzo film che vedo di pupi avati (dopo regalo di natale e la rivincita di natale, che al contrario mi sono molto piaciuti)e che quindi non posso giudicare il regista in base ad altre opere, ho trovato il film abbastanza fiacco e poco ispirato. sarà anche il suo racconto nostalgico della sua gioventù, ma nn mi ha procurato particolari emozioni e, nel caso della storia del nonno barbiere, l'ho trovato anzi di pessimo gusto. non so cosa avesse voluto suscitare raccontando quella vicenda, se pena, tristezza, gioia o chissà cos'altro, io l'ho trovata grottesca e molto antipatica.
in sintesi, come mio giudizio personale, uno dei film più brutti che abbia mai visto.
Lo sguardo compiaciuto e nostalgico del regista è onnipresente nel film: è la rappresentazione auto celebrativa di un’epoca passata, di una gioventù sfuggita e irraggiungibile se non nel ricordo personale, è un moto egoistico e poco condivisibile col pubblico, sembrerebbe un monologo, un viaggio solitario nei propri ricordi di ragazzo . Qualcuno più semplicemente direbbe che il regista e sceneggiatore “se la canta, se la suona e se la balla” tutto nel suo baretto sotto casa ( “Il Bar Margherita “è l’elemento centrale e autobiografico insieme allo spirito maschilista che vi governava negli anni ’50 nient’affatto diverso da quello di un qualsiasi bar di periferia odierno); in effetti c’è poco altro da aggiungere ad un detto così popolare e altrettanto veritiero. Bisognerà rivedere il concetto di cinema come linguaggio universale, come interpretazione sublimata della realtà senza limiti spazio-temporali, opera pubblica , opera d’arte, mediazione? Cosa diventa il cinema quando si taglia un abito su misura per se stesso? Un vestito per un'unica cerimonia, per un'unica occasione, quella che celebra l'individualismo di chi lo confeziona.