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La classe - Entre les murs

Opinioni presenti: 11
Media Voto: Media Voto: 6.5 (6.5/10)

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Uno spaccato di vita francese

(10/10) Voto 10di 10

Aggiungo la mia valutazione sperando di alzare la media di questo film coraggioso che illustra la realtà di una classe di una scuola francese (non italiana!). Secondo me sono stati rappresentati in modo molto efficace quei meccanismi perversi che i giovani escogitano per mettere in difficoltà gli adulti; inoltre trovo commovente la tenacia di François, che cerca di imporre una qualche disciplina e di coinvolgere gli allievi, riuscendoci in rari momenti. Da notare che il professore manda dal preside un allievo che osa dargli del tu, quasi fosse la cosa più grave che un giovane possa fare, ma questo fa parte della mentalità francese. Insegno francese in una scuola superiore (guarda caso) e ho riconosciuto allievi e situazioni vissute. Lo trovo un film liberatorio, per niente noioso; da vedere pensando al paese dove si svolge l’azione e ai suoi problemi d’integrazione.



Lucia, 48 anni, Codroipo (UD).




Uno dei film più intensi e coinvolgenti dell'anno

(8/10) Voto 8di 10

"La classe - Entre les murs" è una sorta di semi-documentario, o ancora un film d'inchiesta drammatizzato che si occupa di una scuola francese, o per essere più precisi di una terza media costituita da 24 alunni di diverse nazionalità di una scuola periferica del 20° arrondissement di Parigi. Lo sguardo curioso della macchina da presa di Laurent Cantet, infatti, non uscirà mai dall'edificio scolastico, fatta eccezione solamente per il finale, dove però si arriverà massimo alla strada sulla quale si affaccia l'istituto. In questo modo, la classe di cui si interessa il regista diventa la protagonista assoluta della pellicola ed una sorta di microcosmo multietnico ricco di diversità di ogni sorta (nazionalità, cultura, pensiero, usi e costumi ecc.). Ci si immerge nelle differenti personalità dei ragazzi, in quello che pensano e da come si comportano, si riflette e si viene stimolati continuamente. Non c'è un momento di stacco o di allontanamento da questa classe se non per ascoltare le riunioni degli insegnanti (molto meno interessanti di quello che succede in classe), i colloqui del professor François con i genitori dei ragazzi e vedere che fine fa un alunno indisciplinato. La pellicola ha una durata di 128 minuti, ma nonostante la totale assenza di azione, di una storia o di fatti e alla sovrabbondanza di dialoghi (veramente intensi), giuro che non se ne sente nemmeno uno: questo grazie ad una sceneggiatura di ferro, ad una regia sapiente che fa uso di uno stile pseudodocumentaristico ed asciutto, e alla grande umanità e sensibilità di cui il film è intriso. Uno dei film più coinvolgenti ed intensi dell'anno.



Elisa, 22 anni, Foligno (PG).




Molto buono

(8/10) Voto 8di 10

Buonissimo film dal taglio pressochè documentaristico. Giovani protagonisti bravissimi che fanno sfigurare un po' gli attori adulti. Non è un film con un verò e proprio inizio e fine. Vuole essere uno spaccato, e anche se non vuole esserlo, lo è. Coinvolgente anche se non al cento percento perchè pur avendo quello che ho chiamato "taglio documentaristico" risultà un po' patinato nella perfezione dell'immagine. Come diceva il professor Bisoni:" si vabbè Ken Loach per esempio non è che può farmi un film sulla periferia irlandese con l'immagine perfetta che riflette un budget di decine di milioni di sterline. Godard invece..." Godard a noi ormai ci fa delle gran palle ma la lezione che se ne trae dai sui film è proprio quella che Cantet in questo caso ha ignorato. Consigliato a chi vuole vedere una versione realistica, edulcorata, giovanile e non stupida dell' "ora della violenza".



Curamedievale, 28 anni, Jersey City (estero).




bocciato

(4/10) Voto 4di 10

La storia è spiazzante: un professore assolutamente incapace di coinvolgere i suoi allievi, che non riesce ad esercitare alcun controllo su di loro, salvo correre dal preside non appena ha un problema e pentirsene un attimo dopo, e che, ignorando le loro origini multietniche e il diverso contesto culturale, dà loro da leggere il diario di Anna Frank, con evidenti effetti disastrosi. Per fortuna che i ragazzi riescono ad imparare qualcosa da soli, perchè con una scuola così non hanno molte speranze!



Benedetta, 40 anni, Pasian di prato (UD).




c'è ancora speranza?

(7/10) Voto 7di 10

Quanto una scuola pubblica, aperta e multietnica, sia importante per una democrazia che voglia essere tale: questo mi sembra il messaggio del film. Non ci sono vincitori né vinti: sia dalla parte dei professori che da quella degli allievi il discorso rimane aperto e con le proprie contraddizioni. Spesso Francois, il docente di lettere, fulcro del film, risulta ambiguo o impotente, a volte nella sua disponibilità generosa si apre lo spazio per lo scatto, la sfida, la frustrazione; i ragazzi della terza classe media di questa periferia parigina non sono del tutto positivi: esagerano, a volte sono superficialissimi, spesso petulanti ribelli e provocatori. Nel complesso si ha però l’impressione di un quadro vero per l’aspetto quasi documentario del racconto e per come con la macchina da presa Cantet sa cogliere naturalisticamente tutte le interazioni tra il prof e gli allievi e tra gli allievi stessiIn quest’ultima opera, vincitrice quest’anno della palma d’Oro a Cannes, Cantet si è spinto oltre: non ha usato attori, ha creato in una scuola vera una specie di atelier laboratorio a cui hanno partecipato 50 allievi liberi di improvvisare, tra i quali ha scelto i 24 della classe, ha chiamato come coautore protagonista un insegnante-scrittore, a cui si deve un bel libro sull’argomento. Il professor Francois Begaudeau crede nel dialogo e cerca di farne una costante del suo insegnamento di lingua francese, discute su tutto e chiama alla lezione attiva la classe con un occhio particolare alle possibilità anche più segrete della lingua, parlata e non, data la varia composizione del gruppo. Egli cerca di risvegliare con ogni mezzo l’interesse di ragazzi spesso in difficoltà, o perché originari di altre culture o perché diffidenti verso chi vuole insegnare anche delle regole che sentono come una coercizione. Il prof è infatti convinto, a mio parere giustamente, che il sapersi comportare adeguatamente nei vari contesti in cui la vita ti pone, fa parte dell’educazione e non è un fattore meramente formale. Purché non si esageri. Perché qualche volta la tentazione di riprendersi l’autorità di cui la categoria è stata espropriata dal mutare dei tempi è forte e il nostro Francois perde le staffe e va all’attacco nei confronti dei suoi allievi, mostrandosi meno attento ad esercitare autorevolezza di quanto lui stesso vorrebbe. Del resto anche il contorno dei colleghi, spesso su posizioni variegate se non reazionarie, i rituali burocratici ineludibili, la presenza di un capo d’istituto buon uomo ma non particolarmente ferrato e capace, sono altrettanti ostacoli sulla via della crescita e della necessità reale di incidere su tessuti di vita sfilacciati e diversificati di cui spesso l’insegnante ignora, se non tutto, molto. Comunque quella che il film mostra con estrema verità e senza giudicare è la quotidiana fatica del trasmettere sapere in una società che non sa più bene a cosa serva, dati i colori incerti dei nostri valori e i tanti dubbi sui contenuti.



Olga, 62 anni, Perugia (PG).





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