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La prima notte di quiete

Opinioni presenti: 2
Media Voto: Media Voto: 7 (7/10)

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Mi asettavo di più...

(6/10) Voto 6di 10

Finalmente ho rivisto “La prima notte di quiete” di Valerio Zurlini che avevo visto molti anni fa in bianco e nero. Sinceramente non mi è parso un film memorabile come lo è per molti. Intendiamoci gli attori sono bravissimi, la fotografia splendida (una Rimini invernale livida e spettrale in cui non mancano mai o la nebbia o la pioggia a catinelle)… ma il senso del film mi sfugge. Tutti questi uomini che vivono senza un senso, una motivazione, un ideale, che si trascinano da un letto a un tavolo verde a un’auto sportiva (solo il Preside, sarà un reazionario becero, ma ha in mente un progetto di vita e di scuola), proprio in un momento storico (i primi anni Settanta) in cui era molto sentita la partecipazione, davvero mi lasciano perplessi. E poi questa scuola irreale e per niente credibile, (in qualunque scuola, comunque gestita, un supplente temporaneo come Daniele dopo il secondo colloquio col Preside -se non dopo il primo- sarebbe stato licenziato a pedate nel sedere, sacrosante se posso permettermi). Non parliamo del ruolo riduttivo delle donne, sempre pronte senza fiatare ad obbedire, a sottomettersi al piacere del maschio, a farsi pagare. Del film, dicevo, salvo la fotografia, gli interpreti, tutti da Alain Delon a Giancarlo Giannini da Adalberto Maria Merli a Renato Salvatori, alla giovanissima Sonia Petrova che non credo di aver più rivisto sullo schermo (ed è un peccato, perché era davvero brava…) e soprattutto i due “minori” Salvo Randone nel ruolo del Preside e una splendida, incredibile Alida Valli nel ruolo della mamma della protagonista. Questa attrice che per tutta la vita ha mostrato sullo schermo una classe notevole (anche quando doveva interpretare personaggi squallidi come nel “Caso Paradine” di Hitchcock) qui si trasforma in una popolana sguaiata e volgare che, come dice uno dei personaggi, “si è venduta a tutti i ragazzi di Rimini per un pacchetto di sigarette”. Sta sullo schermo per non più di due minuti, ma sono due minuti di grandissimo cinema. Anche il finale non mi ha convinto. L’abulico che finalmente decide di prendere in mano la sua vita e va a sbattere (sia in senso reale sia metaforico) non contro le persone come temeva, ma contro il destino lo abbiamo visto un po’ troppe volte al cinema (il primo esempio che mi viene in mente è “Il sorpasso” di Dino Risi). Il mio consiglio: è un film da vedere, ma senza aspettarsi chissà cosa. Visto che si parla di scuola, do anche un voto: Sufficiente.



gattosilvano, 66 anni, Cormano (MI).




Riscoprire Zurlini

(8/10) Voto 8di 10

Uno dei più indovinati affreschi della provincia italiana agli albori della contestazione, del 68; ma non solo. Non è un film con intenzioni sociali e non è nemmeno un film sentimentale. E' un film sulla ricerca dell'assoluto. Sul rifiuto della quotidianità fatta di compromessi, routine e ipocrisia. Il protagonista è un professore precario di lettere senz'altra speranza che quella di trovare una valida ragione di vita.Forse la trova nella relazione con una studentessa: detto così, fa ridere: sembra un filmetto per sporcaccioni.E' invece uno dei film più strazianti che mi sia stato dato di vedere. Il protagonista è una figura dolente alla perenne ricerca di un senso da dare alla sua vita. Sembra trovarlo appunto in questa relazione, ma muore in un incidente. Muore per un atto di responsabilità, quello di preoccuparsi per un'amante che non ama più. La sua morte dimostra la tragedia dell'uomo alla ricerca delle ragioni dell'esistenza. Non è la cultura, a quanto pare; non è l'amore, sempre imperfetto e insoddisfacente, e non sembra esserlo Dio. Il protagonista si dice ateo, ma, stranamente, conosce alla perfezione le Scritture e ne cita a memoria i versi. C'è una frase, tratta dal Vangelo di Luca, che viene ripetuta due volte nel film e che, a parer mio, rappresenta una chiave interpretativa:"Perchè cercate tra i morti Colui che è vivo?". Già, perchè il protagonista cerca tra i morti (la cultura, l'amore materiale, gli amici, i giochi) il senso della vita? La risposta sta nella sua morte: un estremo atto di rimorso può essere il riscatto di una vita apparentemente "buttata via".In uomini come Dominici, il protagonista, la ricerca del senso della vita è un atto disperato, perchè continuamente insoddisfatto della precarietà del vivere. Nulla lo soddisfa perchè tutto nella vita è precario, insoddisfacente e la ricerca di Dio l'ha deluso, perchè Dio le risposte le da, ma solo a chi sa cercarlo. Ed egli lo cerca sempre nei posti sbagliati, pretendendo l'assoluto là dove non c'è. Alla fine, l'assoluto lo trova nel significato della sua morte: un atto d'amore puro e cristallino. La risposta la cercava e l'ha trovata. Zurlini ci manca terribilmente. Abbiamo bisogno di "contes moraux", di voglia d'assoluto, di amori eterni, di un connubio definitivo tra terra e cielo, tra fango e perle, tra precarietà e stabilità alla ricerca del Vero. Dobbiamo riscoprire Zurlini. Assolutamente.



Frank, 60 anni, Mantova (MN).





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