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Come tu mi vuoi

Opinioni presenti: 65
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Piacevolmente leggero

(6/10) Voto 6di 10

Simpatico, leggero anche se la storia sembra di averla già vista dieci volte. Un'ora e mezza da buttare senza annoiarsi.



Marco, 27 anni, roma (RM).




mi è piaciuto moltissimo!

(10/10) Voto 10di 10

Premetto che non amo il cinema italiano per quella sorta di agrodolce che inquina la spensieratezza della commedia in quanto tale (lo "perdono" solo a Verdone :-) ).Ho visto "come tu mi vuoi" tanto per guardare qualcosa e devo dire che mi è piaciuto moltissimo. Trovo che il regista sia stato bravo a condurre questa storia con mano sicura. Sarebbe stato facile indulgere su alcuni passaggi lasciando la storia d'amore (il grande amore, quello vero, che anche i bambini, se non stiamo attenti (!) sapranno che non esiste anzitempo) quasi al margine, fino ad arrivare al finale in scivolata, invece i due protagonisti lo sono stati dall'inizio alla fine. Bravissimi Capotondi e Vaporidis, a recitare anche con gli occhi; bravissima l'amica bionda Sara, che purtroppo non conosco, mi ha fatto molto ridere. Quindi un bel 10 ! OLE' !



sabrina, 45 anni, rimini (RN).




pes-si-mo

(1/10) Voto 1di 10

amorfo, insignificante, insipido, abusato, comune, brutto, impersonale, insulso, irrilevante, irrisorio, mediocre, modesto, ovvio, pedestre, piatto, povero, prosaico, scialbo, scontato, squallido, superficiale, trascurabile, anonimo, usuale, normale, di poco conto, piccolo, convenzionale, dozzinale, grossolano, ordinario, prevedibile, semplicistico, trito, triviale.



Alberto, 23 anni, Milano.




Stupenda Capotondi

(8/10) Voto 8di 10

Film che scivola via sotto chi occhi dello spettatore , l'evoluzione da ranocchia a principessa che si ritorce contro il suo aguzzino e' sfizioso , film non molto pretenzioso che fa scivolare un pomeriggio spensierato senza tante pretese , vaporidis bravo come sempre, capotondi meravigliosa interpretazione,



Fabry, 42 anni, Roma (RM).




Giada non vuole la giostrina – di matilde perriera

(8/10) Voto 8di 10

Giada non vuole la giostrina – di matilde perriera giada ferretti, studentessa universitaria intelligente ma “schifata da tutti come se avesse la lebbra”; si dedica all'apprendimento delle scienze della comunicazione a roma, esiste solo per le sue teorie sui media. brufoli, coda di cavallo, occhiali grandi e spessi, abbigliamento dimesso: l’archetipo della secchiona trasandata, contraria a ogni aprioristica forma di mercificazione della “gioventù bruciata” incapace di “chiedersi cosa hai dentro”. riccardo croce, studente svogliato, “abituato a stare sulla giostrina”, in conflitto con il padre deluso dai fallimenti accademici del figlio e deciso a tagliargli i fondi. netto contrasto tra la “sostanza” di lei, “homo sapiens”, impiegata part-time in una trattoria per mantenersi agli studi, e “l’apparenza” di lui, “homo ridens”, spregiudicato “succhiasoldi” che raggiunge il “venti” a stento. le strade dei due si intrecciano quando riccardo, per tacitare il genitore e garantirsi la vacanza a ibiza, chiede a giada di impartirgli lezioni private. le ore passate sui libri li avvicinano. giada si innamora di riccardo e, per conquistarlo, si affida allo stilista john richmond, mettendo in moto uno dei temi centrali della trama in cui l’abbigliamento si trasfigura in protagonista implicito. le “nuove abitudini vestimentarie” (marcella sardo, moda – identità e comunicazione) la trasformano in teenegers alla moda, cigno dalle ali bianche librate nell’aria. la metamorfosi fisica, però, non le basta per coinvolgere il suo “lui”, anche riccardo deve mettere in discussione i propri valori e maturare una fresca filosofia di vita. profonda la morale: la “nuova” giada, al di là dei successi, deve recuperare il suo io più profondo ed essere amata per quella che è realmente, mentre il “nuovo” riccardo, abbandonata, “grazie a lei”, la condotta dissipata, si accorge di amare la cristiana “di prima”, quella che c’è all’interno. volfango de biasi, insomma, ha dato vita a un film di notevole spessore socio-antropologico perchè fa risalire in superficie l’identico patrimonio cromosomico degli adolescenti del xxi secolo, coinvolge il pubblico di giovanissimi e aiuta gli storici a disegnare la nuova italia in cui, purtroppo, “non si comunica più con la parola ma con l’immagine”. il tempo della storia, certo, non può coincidere con il tempo del discorso; impossibile, in 107 minuti, elaborare modelli propositivi in un’età in cui “la comunicazione sociale funziona a piramide e al vertice siede chi non fa nulla”. basilare il messaggio che il regista, pur con le macroscopiche ellissi e l’esteriore entertainment, trasmette; la progressione in climax di emozioni che lo esplicitano, infatti, se, da un lato sottolinea la demistificante etica che antepone l’apparire all’essere “in un mondo abbastanza crudele, anche peggio di come appare nella pellicola” (de biasi), dall’altro, vuole risalire la china, riallacciare i rapporti umani e far risplendere la luce che alberga in ogni animo.



Matilde Perriera, 57 anni, Caltanissetta (CL).





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