E' opinione comune che questo film rappresenti l'apice della carriera del compianto Manfredi, e ciò fa forse torto ad altre memorabili interpretazioni del Nino nazionale, ma il successo e l'inossidabile fama di questa pellicola sono comunque più che meritati. La parabola dell'emigrante italiano, tema caro come lo fu ad Alberto Sordi, ma più autenticamente popolare. Qui il protagonista si sente (ed è) diverso, troppo diverso dai tristi compatrioti, la bucolica ignoranza dei suoi compagni d'avventura non gli appartiene, come non gli apparteneva nell'ingrata patria; imbianchini, lavapiatti e pollaioli non fanno per lui, molto meglio un'avvenente insegnante greca sfuggita ai Colonnelli; ma ad eguale distanza si trova da quella Svizzera troppo perfetta per uno che non sa sbucciare un arancia senza toccarla con le mani, e che gli dà il benservito per una innaffiatina ureica ai cespugli municipali. Memorabile la scena finale, quando sbuca a piedi dal tunnel ferroviario: l'ultimo viaggio?
Commedia dolce-amara e qui secondo me esce il miglior Nino Manfredi di sempre con il suo stile dolce,disincantato, triste e allo stesso tempo tragicomico.E' la storia di un emigrato in Svizzera che passa tra mille lavori precari per poi finire in un pollaio con dei pazzoidi ad anelare la vita degli svizzeri tutti belli alti biondi e leggiadri...Alla fine vuole ritornare in Italia ma all'ultimo momento scende dal treno...La scena più bella quando si ritrova in un bar spacciandosi per uno svizzero (si era perfino tinto i capelli di biondo) a vedere Svizzera-Italia di calcio, alla fine non resiste più e urla la sua gioia alla vittoria degli azzurri scatenando una rissa. Grande Nino ma anche un plauso alla regia di Franco Brusati. Voto 10