Mi sembra impossibile che questo film sia stato diretto da Mario Monicelli, quello de "La grande guerra". Ho faticato ad arrivare alla fine e ho provato una grande delusione.
Il film “Le rose del deserto” mi è piaciuto al 50%. Mi hanno infastidito il tono surreale e grottesco (ma a volte sembrava avanspettacolo, o una scenetta di un varietà televisivo), mentre mi aspettavo un film storico; i luoghi comuni sugli italiani, sui tedeschi, sugli arabi... ma mi hanno entusiasmato alcune scene (in quella del matrimonio per procura ho pianto...), le interpretazioni davvero mitiche di Michele Placido e Alessandro Haber, la fotografia, il finale secco, asciutto, non retorico. Mi ha ricordato un film di epoca fascista, ma che per me, come scrissi anni fa, non ha niente di fascista: Giarabub.
Anche questa volta non mi trovo molto d’accordo con la recensione ufficiale di Andrea D’Addio, di solito invece abbastanza convincente.
Monicelli ha il tocco di un grande regista che ha firmato molti dei film più belli del genere della commedia all’italiana.
Cosa connotava quel genere? Intanto la storia nella quale molti o pochi si potevano identificare. Poi l’ironia nell’analizzare vizi e virtù.
La storia è il nucleo del film. Siamo in Africa nel corso di una guerra coloniale che per il potere fascista doveva essere una guerra “lampo”, ma che non faceva i conti con la realtà. E proprio la realtà ad essere evidenziata in modo esemplare da Monicelli. Forse anche per la scarsezza dei mezzi per fare il film, emerge chiaramente la inadeguatezza dei mezzi per fare una guerra lampo di “conquista” e non sentita, la scarsa preparazione degli uomini, la quasi patologica tendenza a scappare, anche usurpando le bandiere della croce rossa.
L’ironia con la quale i personaggi sono visti è qualche volta bonaria, come il maggiore medico, innamorato di una moglie alla quale scriveva tante, troppe lettere che lei non meritava e di cui se ne vergognava con i commilitoni, al punto di fingere di scrivere sempre rapporti ma qualche volta
cattiva come nel caso, del generale italiano trattato alla stregua di un macchietta.
Sempre però la ironia di Monicelli è casereccia e curiosa nello scavare nelle identità regionali o nei caratteri etnici.
Attraversano la storia con leggerezza personaggi come il bravissimo Michele Placido, nei panni di un frate missionario, che manifesta la sua bontà risolvendo situazioni di corpo, di cuore e di anima ma dimostrando anche doti di abile risolutore di situazioni drammatiche come nella ricerca della croce, o nella esilarante e commovente scena del matrimonio post-mortem, o sul camion delle confessioni. Messa bene in “chiaro” anche la diversità di approccio con cui tedeschi ed italiani affrontarono la guerra, con gli episodi delle spie e del campo minato.
In generale la commedia all’italiana ed anche questo film evidenziano un’altra peculiarità degli italiani che può piacere o non piacere, l’ arte di arrangiarsi in ogni circostanza.
I personaggi possono essere sconfitti della vita o prevedibili vincitori, ma in entrambi i casi essi cercano di sfangarla: i primi come i soldati, scappando con i segni della croce rossa, i secondi come il generale, cercando di ottenere vantaggi per se anche per il dopo guerra.
Forse per questa amara conclusione l’autore ci lascia quasi senza speranza di come siamo veramente fatti noi italiani?
Cosa ci si può aspettare da un maestro ultra novantenne, capace tuttavia di farci ancora commuovere?
Resto incredulo a leggere le opinioni negative sul film. Eppure al di là di 90 anni e passa del regista, mi è sembrato un film di un entusiasta esordiente, fresco, pungente, di grande fattura e di grande presa. Questo vale anche per gli interpreti.
ma niente di piu'. Un film scontato, con i soliti personaggi italiani buoni e co**ioni, i tedeschi come sturmtruppen. Non aggiunge niente alla storia del regista e neppure degli attori e degli sceneggiatori.
Trailer italiano (it) per Adesso vinco io - Marcello Lippi (2024), un film di Simone Herbert Paragnani, Paolo Geremei con Marcello Lippi, Gianluigi Buffon, Alessandro Del Piero.