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I cavalieri che fecero l'impresa

Opinioni presenti: 52
Media Voto: Media Voto: 6 (6/10)

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Insignificante

(4/10) Voto 4di 10

Questo film è il trionfo della banalità, sotto tutti i punti di vista: dai dialoghi, all'espressività degli attori a tutto il resto, una noia assoluta. Noto dai commenti pervenuti che molti di coloro che hanno visto il film hanno anche letto il libro; Io non l'ho letto e mi limito a giudicare il film. Per non parlare del titolo poi, pensavo fosse una traduzione sgangherata dall'inglese invece è proprio così, terribile!!! Da Pupi Avati mi aspettavo sinceramente qualcosa di più.



Luca, 23 anni, Venezia (VE).




Niente di eccezionale.

(5/10) Voto 5di 10

Devo ammettere di aver fatto molta fatica a seguire questo film, non tanto per la storia che tutto sommato non racconta nulla di complicato ed impegnativo, ma quanto per il ritmo lento con cui viene raccontata, un ritmo che non ti fa mai entrare nel pieno dell'azione, a tal punto dal rendere ogni sigola scena, statica ed insignificante. voto 5



Sascha, 17 anni, Como (CO).




bello

(8/10) Voto 8di 10

a me è piaciuto. Effettivamente la storia è un po lenta, ma si riscatta completamente nel bellissimo finale. E poi l'abbazia dove sta il monaco cieco è la mia. come dice il libro: abbazia di Santa Maria in Castagnola nella Marca Anconetana.



Feffo, 19 anni, Chiaravalle (AN).




un film che parla del desiderio dell'uomo

(10/10) Voto 10di 10

E' inutile che la gente si scandalizzi, è un film italiano, un film "povero" paragonato ai film americani; ma proprio per questo traspare, come in nessun altro film sul medioevo abbia mai visto, la mentalità medievale. L'amicizia fra i cavalieri è umana e autentica, chiunque vorrebbe vivere al livello a cui hanno imparato a vivere i protagonisti lungo la loro inchiesta. Proprio la loro ricerca, cambiando forma essa stessa alla stessa maniera in cui maturava la loro reciproca affezione, li cambia, facendoli diventare più autenticamente umani, più autenticamente se stessi. Non è una mirabolante avventura da cinema hollywoodiano, non ha niente di eclatante, sovrumano; i protagonisti sono se stessi, la loro umanità con tutti i loro limiti che mettono in gioco, ma questo è l'unico vero eroismo, l'unica vera avventura, è la vita. E' questo che ne fa un film, se non bellissimo, se non perfetto, sicuramente autentico: la differenza che c'è tra l'eccelsa epica cinematografica americana, spesso non storica, quasi sempre roboante, e questo film è che i film rientranti nella prima categoria (non voglio generalizzare i film americani, non tutti sono così, fo per intendermi sullo stile) lasciano lo spettatore fuori, per quanto possano essere entusiamanti e coinvolgenti (anzi più sono entusiasmanti e coinvolgenti, è questo il dramma) non lasciano speranza di cambiamento nella realtà, lo spettatore può al massimo sognare, estraniarsi dalla realtà, ma non potrà vivere quelle cose nel suo quotidiano.In questo film i protagonisti per la loro autentica umanità si possono sentire vicini, affini, corrispondenti: si desidera poter essere amici in quella maniera lì, vivere la realtà con quella attenzione alle cose, con quell'amore al reale.



Margherita, 19 anni, Prato (PO).




Un buon affresco sottovalutato

(9/10) Voto 9di 10

Il film si presta a diversi livelli di lettura e la storia mantiene una sua unità malgrado l'apparente frammentazione cinematografica. Qualche chiarimento si trova nel libro omonimo che non è altro che una vera e propria sceneggiatura. Senza il filo conduttore storico della tesi che sostiene la vicenda il tutto può apparire come un polpettone abbastanza incomprensible e sembra che il regista si diverta ad assecondare una certa leggerezza con trovate come quella del cagnolino lanciato per aria o invezioni letterali alla "Giacomo di AltoGiovanni". In realtà in questa cerca, che potrebbe rappresentare per il mondo latino-cristiano quello che l'epopea del Graal rappresenta per il mondo anglosassone, due presupposti sono chiari e allo stesso tempo problematici per molti. Anzitutto se è vera l'ipotesi del trafugamento del sacro lino dopo il sacco di Costantinopoli del 1204 vuol dire evidentemente che esso era presente lì (come attesterebbero alcuni documenti) il che sottintende la non attendibilità della famosa datazione del 1988 che pone come limite inferiore il 1260. Secondo, l'autore del furto è un templare, il borgognone Othon de la Roche, duca di Atene e Tebe e le accuse di eresia ai templari -almeno ad un gruppo di essi- sono per Avati reali. Questi i punti principali, poi la caratterizzazione dei personaggi con un eroismo non cercato e la scoperta del valore di combattenti da parte di gente che passa dalle piccole scorribande di paese all'impresa leggendaria. Sullo sfondo un Medioevo certo violento ma abbastanza realistico e privo di retorica, una visione meno hollywodiana che scontenterà i più, un pane cotto "alla maniera dei bracconieri" che ben descrive lo spirito di un'epoca. "Andiamo e portiamo a casa la vittoria".



Goffredo di Montmirail, 36 anni, Roma.





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