Plasmato su un genere non particolarmente frequentato dai film d'animazione,cioè l'horror,questo prodotto sicuramente ambizioso e originale ci diverte moltissimo, lacerato come è da momenti di tenerezza e nostalgia ma costantemente pervaso da scene d'azione mai banali e rutilanti (come,purtroppo,abbiamo appurato in altre pellicole cartoon,dove le forzature degli effetti speciali predispongono ormai solamente ad annoiati sbadigli). Certamente l'intento dei produttori Disney non può più essere ingenuamente scisso dalla ricerca del profitto, ma Monster House funziona, a dispetto dell'inconfondibile marchio blockbuster.
Partenza incerta, credevo di iniziare ad abituarmi all'animazione della Pixar, ma ecco l'ennesiama rivoluzione, la soluzione grafica Motion capture stravolge nuovamente il mondo dei film di animazione e rimette tutto in discussione. Esito? Spettacolare. Ormai non si riesce più a distinguere il cartone animato dalla pellicola con umani in carne ed ossa. La predizione di Roger Rabbit si sta avverando!
La resa gestuale e mimica degli attori di voce e pixel è disarmante e totalmente verisimile.
Per quanto riguarda la trama, non ci si può certo sciogliersi in profusioni di elogi, è un intreccio già scritto migliaia di volte, con un taccheggio di idee che ormai non entusiasmano più nessuno.
Se il rotocalco è logoro, dobbiamo puntualizzare, però, che mutuano abilmente le intenzioni: impeccabili l'immersione del punto di vista del regista nel mondo della fanciullezza (quella pubertà tanto declamata e sottolineata nel film che possiamo collocare tra i 9 e i 12 anni), la resa delle loro paure, le loro ossessioni, le loro abitudini, i loro passatempi (che troppo spesso gli adulti interpretano come deviazioni), il loro enorme bisogno di fiducia ed adeguata importanza!
Genitori assenti e menefreghisti, dolci e amorevoli solo a parole(quelli di DJ) o, peggio ancora, famiglie costruite sulla menzogna, nuclei familiari senza nessun senso dell'unità familiare (quella di Timballo) adolescenti sadici e privi di scrupoli nell'attuazione quotidiana di piccole e perpetrate violenze psicologiche (vedi babysitter e compagno), questi sono i veri bersagli della critica di G.Kenan, i veri "cattivi", ancora più temibili in quanto investiti di una parossistica normalità, ossia perché indossano maschere da "buoni".
Assolto con formula piena è invece il Sig.Nuttercracker, un mostro per necessità, ma assolutamente innocuo dietro l'apparenza rude e dispotica, finisce per rivelarsi l'unica reale vittima del sistema.
Non lo trovo affatto inadatto ai bambini, benché abbiamo la certezza che nessuno di loro potrà coglierne i significati allegorici: e forse è meglio così, perché quella è la sola ed unica componente orrorifica del film.
Per la perizia grafica, la caratterizzazione dei personaggi, il tutto sommato buon ritmo (rallentamenti troppo azzardati nell'ultima mezz'ora) e la freschezza della vicenda (ha un non so che di Burtoniano nel rivelare i mostri come non-mostri e viceversa) possiamo promuovere questo primo lungometraggio di Kenan con sufficienza piena; non oso arrivare a 7 dal momento che è assente una recitazione ed una fotografia, componenti fondamentali a mio avviso nella concezione di film. Ad ogni modo, molto gradevole ed immediato...