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Opinioni presenti: 9
Media Voto: Media Voto: 8 (8/10)

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Un Altro Capolavoro di Kim ki duk

(10/10) Voto 10di 10

Kim ki duk è uno dei pochi registi di cui vedi film che ti rimangono impressi nella mente,che ti fanno riflettere,che devi riguardare per carpirne le molteplici metafore di cui sono intrise,è un regista artistico,appassionato d'arte e immette spesso diverse forme d'arte nei suoi film,è anche questo che lo rende unico,time è un' opera che parla di amore,che porta squilibrio,di follia,di estetica,di dove ci può far arrivare l'amore quando diventa un qualcosa che ci priva di noi stessi,della nostra identità pur di inseguirlo,di perseverarlo,di rinnovarlo nel tempo.da rivedere più volte. peccato che non ci sia un voto più alto del 10!



Vincenza, 24 anni, La città dei balocchi.




Ki-Duk resta un grande...

(8/10) Voto 8di 10

Inconsueto...Un film di Ki-Duk parlato,recitato(troppo), sull'amore,le sue maschere e trasformazioni,sull'estetica e l'illusoria felicità... Ammetto che questa volta,il regista coreano ha forse calcato troppo la mano sul bisogno-urgenza di essere amati,tralasciando la poesia e la delicatezza declinate in precedenti pellicole(Crocodile e Ferro III su tutte). Un'opera incompiuta,con squarci spettacolari (le statue sulla spiaggia), imperfetta,che imprime comunque una riflessione sul vuoto moderno e l'esigenza di apparire,privilegiata all'essere, monocorde,senza grandi sussulti. Ma la grandezza di un regista e delle sue idee non viene inficiata da un solo film... Ki-Duk può anche cominciare a scrivere commedie sexy, resta uno dei più grandi cineasti di tutti i tempi, l'unico che riesce ancore a deformare emozioni,immagini e magia su uno schermo... Il prossimo film,Breath(che usocirà nel 2008), si prospetta favoloso;riuscirà a sorprendermi... Come sempre...



Carlo, 20 anni, Potenza (PZ).




Incidente di percorso

(5/10) Voto 5di 10

Mi spiace davvero tanto dirlo, ma questa volta non ci siamo. Buco nell'acqua per questo straordinario regista che ci aveva abituati troppo bene e che, nel cercare un nuovo percorso nelle sue opere, inciampa in qualcosa di estremizzante, assurdo e a tratti ridicolo. Gli spunti pregievoli comunque non mancano, il suo sapiente tocco riaffiora di tanto in tanto, ma la tematica trattata non è certo nuova e il modo in cui lo fa è assai meno poetico del solito. Adoratori di 'Ferro 3' e 'Pimavera, estate...' attenti a ciò che vedrete. Peccato, peccato davvero.



Renzo, 31 anni, Correggio (RE).




Il bisturi come filtro d'amore

(9/10) Voto 9di 10

Il rapporto tra amanti, che parte come pura evocazione romantica, soffre la tara di lampanti ossessioni (routine, gelosia) e si propone come il fosco viaggio di due innamorati psicotici verso l’aperto impazzimento. Si racconta di gelosia, di sottomissione, di schiavitù, di sofferenza, insomma di tutte quelle belle cosine che hanno a che fare con il più grande dei misteri: l’amore. Credo che Time è anche un attacco non troppo velato nei confronti della chirurgia estetica,ill regista, a suo modo, ci fa comprendere come l'ormai abusato ricorso al bisturi abbia inevitabilmente modificato i rapporti interpersonali. Kim Ki-duk tiene alto il livello della tensione con occhio sempre sensibile, in bilico tra l’amore (reso eterno dal bisturi) e la follia, il cui labile confine si percepisce a stento, spesso nascosto dietro improbabili promesse e la consapevolezza che nulla è per sempre.



Flavio, 22 anni, Napoli.




Volti privi di identità, gente fuori della realtà: arriva dall’oriente il nuovo monito alla società dell’immagine.

(8/10) Voto 8di 10

Quattordicesimo film del pur giovane regista coreano Kim Ki-duk, Time affronta la variante postmoderna dell’eterna lotta contro il tempo. Il tempo infatti, compie il suo inesorabile destino e l’intensa passione che Ji-woo (Ha Jung-Woo) provava per See-hee (Sung Hyun-ah) si affievolisce. Lo sguardo di lui è attratto da altre donne, la gelosia di lei diventa ossessione, infine follia. Decide, all’insaputa di Ji-woo, di cambiar volto, di offrire un viso nuovo al proprio amato, stanco, secondo lei, di vedere e amare lo stesso corpo. La “metamorfosi” richiede sei mesi; il ragazzo, dopo il tentativo vano di rintracciarla, è travolto da una serie di misteriosi eventi che fanno sfumare anche l’ipotesi di una nuova relazione, finché un giorno l’incontro con la “nuova” See-hee mette fine ai suoi turbamenti. Tra i due è tornata la passione, ma il cuore dell’inconsapevole Ji-woo è ancorato all’immagine della sua “vecchia” ragazza. E così l’elemento che avrebbe dovuto rinvigorire il loro amore, diventa un ulteriore strappo. Lacerato è anche l’animo di See-hee, che sparisce ancora. A questo punto Ji-woo scopre la verità e decide anch’egli di ricorrere alla chirurgia plastica. In un destino che gioca a ripetere e rispecchiare le situazioni, è adesso la ragazza a cercare Ji-woo e a non riconoscerlo nella molteplicità dei volti. Il climax finale è tra i più densi e schiaccianti nel panorama filmico del regista coreano, l’happy-and è rimandato, la follia trova la sua logica conclusione. Kim Ki-duk sembra offrire così il suo monito ad una società, quella odierna, che sull’immagine ha costruito sé e i suoi miti: simulacri di non-senso, superfici prive di profondità. Per questo, il volto “nuovo” di See-hee, è nulla per Ji-woo, non ha senso, se non quello puramente superficiale-estetico. L’ossessione di apparire, l’ossessione di piacere annulla l’essere, di qui l’ossessiva quanto masochistica corsa alla dissoluzione di ogni cosa. Ciò che rimane è un’immagine priva di referente, una fotografia che non appartiene più a nessuno. Tutto questo Kim Ki-duk ce lo mostra con una successione di quadri che non sempre trovano l’esatta consequenzialità, sarà forse perché il film è stato girato in sole due settimane. In ogni caso, il regista coreano conferma la sua notevole maestria stilistica nel saper cogliere poeticità e bellezza ad ogni inquadratura. Il suo cinema “del silenzio” è qui intaccato da numerosi dialoghi che sfiorano il mélo, il che non nuoce tuttavia alla liricità delle immagini, perché il Cinema di Kim Ki-duk va guardato e non ascoltato.



Alessandro, 24 anni, Roma (RO).





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