Questo film scorre come la vita ed è l'istinto di conservazione degli spettatori che non lascia filtrare quanto il regista ha da dire e dice magistralmente.Il protagonista non si è mai affrontato non ha mai incontrato se stesso, fa parte della sua natura. Sull'accaduto chiude le tende, oscura la stanza, stende il suo corpo nudo e appena purificato sotto una doccia e si addormenta con l'aiuto di due sonniferi. Nella sua esistenza, dopo il fatto vissuto a sei hanni, la depressione è stata definitivamente espulsa e con essa anche la parte più vera di sè, la stessa parte che avrebbe poi saputo comunicare col figlio e con la moglie. La vita della famiglia scorre sospesa...se ne accorge la madre del protagonista alla quale viene opposta la frase:" Io sto bene, Pierrot sta bene, ecc..". L'immagine finale che vede Pierrot fermarsi con un compagno di colore fuori dalla scuola annoda i tanti fili...il dubbio su chi veramente avesse girato le riprese delle videocassette...il male che non viene accettato viene inevitabilmente scaricato sul più debole...la riconciliazione razziale può avvenire solo a condizione che vi sia una Via Lenin cioè una divisione di classi insanabile al di là del colore della pelle. La vita è lì, visibile come lo è una ripresa riprodotta in un televisore, vivibile nella misura in cui ognuno permette a sè stesso di viverla. E se qualcuno ancora si rifugia nell'attesa del fato di cui le coincidenze ne dovrebbero dimostrare l'esistenza o nelle credenze quali (ad esempio nel film) la reincarnazione, a questi, il regista riserva una risata alla fine di una storiella inventata, raccontata ad una cena dove non sussistono scambi, nè condivisioni. Trovo ottimo il film nel suo complesso anche se, purtroppo, le recitazioni lasciano a desiderare, o in certi casi veramente improponibili come quella del figlio del suicida che segue il protagonista nel luogo di lavoro. Purtroppo, perchè, altrimenti, il film si sarebbe meritato il mio primo 10 e lode.
Personalmente, appena è finito mi sono quasi innervosita....pensando " e io c'ho speso pure i soldi del noleggio!!!!"...un film non film....con un finale non finale, con un colpevole non colpevole...
miii impressionante!!!
Mi sono cosi ritrovata a spulciare le altre opinioni su questo sito, e devo dire tutte molto interessanti!!
Pensavo di essere io quella tonta che alla fine si è chiesta :"Ma alla fine...chi è che mandava ste cassette?"
Uno spunto per riflettere, per confrontarsi con gli altri! Mi sono immaginata al bar con tutti gli altri utenti che hanno scrtitto una recensione su questo film, a dibattere, sulla trama e sul finale.
Non mi esprimo sul fatto che non c'era musica....nel lento susseguirsi delle scene...scene interminabili, a volte statiche che mi facevano cadere l'occhio sul display del dvd per vedere se il tutto si era piantato.
Una Binoche sempre molto brava.
non so se lo consiglierei...ma come dico sempre...è un film che è giusto che faccia parte della nostra cultura cinematografica.
Niente. Ecco il problema del film : si arriva alla fine e ci si aspetta quantomeno un colpo di scena, un qualcosa che lasci intuire il senso del film, un nesso tra i fatti accaduti...e invece appaiono improvvisamente i titoli di coda che lasciano l'amaro in bocca. Consigliato a chi ha problemi di insonnia.
Per fortuna che ogni tanto il cinema ci riserva ancora qualche pomeriggio di sincero interesse! Formidabile la struttura visiva e narrativa di questo film, nobilitazione di una parola, “thriller”, che spesso suona come inquietante campanello d’allarme per robaccia in agguato. Invece no, non ho mai sentito tante congetture dietro la mia testa, come oggi. Il pubblico era attentissimo, magari qualcuno dormiva pure, ma quelli che c’erano usano tutti, ma proprio tutti i neuroni del cervello. Il merito sta tutto nell’aver creato una fitta trama di non detto, dalle vesti spoglie, ma splendidamente contorte. Bellissimo il movimento lento della vicenda, la completa assenza di musica, folgorante sensazione di essere dentro alla storia. Non so quante altre volte avremo l’occasione di spulciare nelle librerie dei protagonisti, avendo tutto il tempo di leggerci i titoli dei volumi esposti, stupendo. Ti senti davvero ospite della scena, assisti partecipe, guardi negli angoli, tenti congetture, sei spettatore e voyeur. Il tuo occhio ha la stessa velocità di quello del regista, la stessa prospettiva di quello degli attori. Ti piace, perché ci sei dentro, ti sforzi come un pazzo, perché la verità vuoi scoprirla tu, suggerirla ad Auteil. E non sai mai se la scena che osservi è in tempo reale, o un nastro registrato, e quindi vivi ancora di più sulle spine, e contorci le tue meningi. E il corridoio che ci porta sinuoso e angosciante verso il numero 47, io l’ho già visto. E’ lo stesso incubo dell’Overlock di Shining, la stessa sequenza, perché il gioco sta tutto nel accendere luci e spegnerle, per farci stare in angoscia. Wow, il tocco magico che adoro in Haneke, è la violenza brutale che ti spara nel silenzio più pacato. Il sangue che zampilla a fiotti nella più anonima delle stanze in penombra, ha un’efficacia portentosa. Rimasi impressionato da Funny Games, sono ammirato da questa nuova pellicola, è sempre lo stesso, bellissimo marchingegno. Non so voi, ma io sono fermamente convinto che le mille tesi accusatorie che ci siamo preparati sono tutte trappole in cui volutamente ci ha infilato il regista. E non a caso, lui non svela niente. E’ tutto un teatrino, in cui lui ci ha burattinizzati, magari non c’è proprio niente da nascondere…è scritto lì, nel titolo…